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Padre Vito Michele Di Netta

Il venerabile Vito Michele nacque a Vallata, in provincia di Avellino, il 26 Febbraio 1787. Fu battezzato, sempre a Vallata, lo stesso giorno.
A 17 anni, entrò nel seminario di S.Angelo dei Lombardi (AV). Nel 1805 entrò come novizio nel convento dei redentoristi di S.Angelo a Cupolo (BN). L’anno successivo emise i voti. Per la soppressione del convento di S. Angelo a Cupolo per ordine di Napoleone I, fu poi trasferito nella Casa della Consolazione di Deliceto (FG), il convento dove visse S. Gerardo Maiella prima di andare a Materdomini. Nel convento di Deliceto, Vito Michele fu, tra l’altro, maestro dei novizi. Nel 1811, egli fu ordinato sacerdote. Successivamente, fu mandato nelle Calabrie, dove si diede ad una instancabile opera di evangelizzazione, tant’è vero che venne chiamato “l’apostolo delle Calabrie”.
Nel 1822, padre Vito Michele divenne il rettore del convento redentorista di Tropea. La sua opera di evangelizzazione durò quasi fino alla morte, che avvenne il 3 dicembre 1849 a Tropea.
Nel 1935, padre Vito Michele da Vallata fu dichiarato venerabile.

P. VITO MICHELE DI NETTA PORTATORE DELLA PAROLA DI DIO NEI PAESI DELLA PIANA DI GIOIA NELLA PRIMA METÀ DELL’800

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di Rocco Liberti

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Chi oggi nel territorio della Piana si avventurasse a chiedere notizie del Servo di Dio Padre Vito Michele Di Netta (Vallata, Avellino 1787- Tropea 1849), verrebbe sicuramente accolto con un’alzata di spalle a voler significare di non saperne proprio nulla. Eppure, ancora nel corso della seconda metà dell’Ottocento il ricordo di un tal personaggio si stagliava vivido ed ogni padre predicatore della sua congregazione, quella del S. Redentore o dei Liguorini, che dal pergamo di chiese piccole e grandi concionava nelle solenni occasioni, quali la predicazione delle S. Missioni o gli svariati tridui che si susseguivano di tempo in tempo, aveva agio di osservare come la di lui fama corresse di bocca in bocca. Varie si avvertono, infatti, le testimonianze in proposito offerte a favore per il suo processo di canonizzazione. Così, tra l’altro, si è espresso quale teste per il processo apostolico tropeano del 1913-19 il rev. D. Gaetano Jannelli di a. 54: «Personalmente non ho conosciuto il Ven. Servo di Dio Vito Michele di Netta, sacerdote professo della Congregazione del S.mo Redentore. Egli era già morto quando io nacqui. Però in Parghelia, in Tropea, in Oppido, in S. Cristina, in Varapodio, in Trisilico, in Francavilla Angitola, in Drapia ed in tanti altri paesi, dove sono andato a predicare, ho inteso parlare del Venerabile come di un Santo, da persone di ogni ceto, ecclesiastici, borghesi e popolani. […] A Terranova Sappominulio del Servo di Dio me ne parlava con venerazione il maestro di musica Pigneri, tuttora vivente ed altri di cui non ricordo i nomi». Così pure il teste r. p. Vito de Ruvo di a. 41 della stessa congregazione per il coevo processo apostolico nocerino: «Ho letto ed ho inteso parlare del Venerabile in Tropea, Oppido e Terranova di Calabria»1 . In verità, soprattutto tra 1838 e 1844, il padre Di Netta è stato presente ed attivo nel territorio oppidese, dove lo richiamava particolarmente l’amicizia e la grande stima della famiglia Grillo, ceppo nobile, di forti sentimenti cattolici e dal cui seno erano uscite varie personalità, come quel mons. Giuseppe Maria2 , che all’epoca ricopriva l’incarico di vicario del vescovo. Tanti gli esponenti del casato che hanno inteso testimoniare a pro dell’affermazione della santità. Il cav. Francesco Saverio Grillo, che ha scritto varie cose sul suo paese e che all’epoca andava per i 62 anni, teste per il processo ordinario tropeano del 1896-97, si è limitato a dichiarare che aveva avuto come ospite il padre liguorino, cui si era confessato e che il di lui nome era conosciuto dappertutto. Non così Maria Aurora, figlia di Giovan Battista, che di anni ne aveva 60, la quale non solo ha tenuto a riferire che il proprio genitore nutriva per il Di Netta «profonda venerazione», ma anche che la sorella Marcellina, che si era anche lei confessata spesso con quegli, ne parlava come di un santo. La stessa, in occasione del processo apostolico tropeano del 1913-19, ormai in età di 85 anni, è stata alquanto più loquace. Riguardando la nuova testimonianza alcuni particolari piuttosto interessanti, stimo utile riproporla per intero: «La prima volta lo conobbi quando veniva da Ciorani dov’era Maestro dei Novizi verso il 1838 e 1839. Egli favorì in casa nostra assieme al Giudice D. Francesco Barone di Tropea ed a mio fratello Domenico e ad altri e cercò di papà, il quale era a letto. Non appena mio padre seppe ch’era venuto il Ven. Servo di Dio, molto bene da lui conosciuto, si alzò in fretta e corse dov’era Padre Di Netta. Il quale al vederlo disse: Oh! Quanto desideravo vedere D. Giovanni Battista. E si abbracciarono. Papà disse al Venerabile: Andiamo nella Cappella (del palazzo) perché devo dirvi una parola. Io era ragazza e spinta dalla curiosità li seguii e li vidi entrambi inginocchiati ai piedi dell’altare. Alzatisi, Padre Di Netta battendo leggermente sulla spalla a papà, gli disse: D. Giovanni Battista, tu hai la Madonna della Grazia, e che ti manca? Per l’intelligenza, sull’altare vi è un quadro antico rappresentante la Madonna della Grazia. Ricordo pure quando egli venne il 5 dicembre 1843, per un caso di Missione con altri cinque Padri cioè, Tortora, Scrugli, Bellucci, Cosentino e Basile. Ricordo pure ch’egli fece il discorso di apertura della Missione, e mi rimasero impresse le parole ch’egli disse, cioè: Io avevo detto al vostro Vescovo che non sarei più venuto qui per la santa Missione se non quando si fosse terminata la Cattedrale nuova, perché la Chiesa Cattedrale antica, dove si predicò la prima missione era troppo angusta per contenere la popolazione. Il vostro Vescovo mi rispose: - Verrete quando sarà compita la nuova Cattedrale ed ivi predicherete. Ora io ho sofferto malattia, pericoli per mare e per terra, e non sono morto, perché doveva avverarsi quanto disse il vostro Santo Vescovo. A quel tempo io era giovinetta. Mamma e le mie sorelle maggiori si confessavano dal Padre Di Netta»3 . Altre testimonianze per i vari processi sono state offerte soprattutto da cittadini di Santa Cristina d’Aspromonte, ma tali dicono poco, in quanto si limitano alla conoscenza avuta del personaggio in occasione di predicazione di missioni e sulla di lui notorietà. Ne riferisco in particolare una soltanto, che le può riassumere tutte. Così affermava nel merito l’avv. Francesco Brancatisano di a. 52 per il primo processo tropeano: «intesi nominare nella mia famiglia, e da tutto il paese, perché era un padre Santo». Sulla stessa linea la Signora Antonia Longo Mazzapica Cordopatri. Quanto non è possibile ricavare dai processi sul padre Di Netta, che a Tropea ha trascorso ben 37 anni della sua vita e in reiterate occasioni quale rettore del convento, l’otteniamo da una prima pubblicazione allestita dal postulatore del processo di canonizzazione, p. Antonio Di Coste, anche lui un liguorino. L’opera, che reca titolo di Posizioni e Articoli per i processi ordinari su la fama di santità, delle virtù e dei miracoli del Servo di Dio P. Vito Michele Di Netta sacerdote professo della Congregazione del SS.mo Redentore (Stabilimento Tip. Battistino Vescovile, Angri 1896), è alquanto ricca di prove che l’autore ha richiesto andando in giro per le varie predicazioni. Ce n’è per tutti i gusti, dall’estasi notata in Santa Cristina dal sac. D. Francesco Spadari e in Molochio dal sac. D. Bruno Caruso alla trasformazione del volto durante un rito osservata a Sinopoli da mons. Mangeruva, dall’impegno espresso per la ricostruzione delle chiese terremotate in Radicena, Sinopoli ed altri centri alla esternazione di eventi ancora da verificarsi a Oppido, Radicena e Sinopoli alla guarigione di persone malate anche dopo ch’era spirato a Tropea in quel 1849 come a Santa Cristina ed a Scroforio. Naturalmente, tra coloro che hanno conosciuto di persona il sant’uomo e ne hanno apprezzato le virtù, non sono mancati atti di un qualche fanatismo, come ad Oppido, dove d. Giuseppe Ioculano «In casa si teneva custodita una sedia, perché vi si era seduto il Servo di Dio», che non voleva fosse toccata da alcuno, in quanto «su di essa si è seduto un santo» ed a Terranova Sappominulio, dove «fu conservato un bastone di cui erasi là servito il Servo di Dio. Veniva portato in giro alle donne sofferenti nel parto, e tosto era scongiurato ogni pericolo». Il P. Di Netta risulta ancora presente a motivo di predica di missioni anche in altri paesi della Piana, come a Sitizano, Scido, Tresilico, Pedavoli e Paracorìo. Dopo quella prima pubblicazione il Di Coste ne ha approntato altra più corposa nel 1914 e l’ha dedicata al Superiore Generale e Rettore Maggiore della Congregazione, p. Patrizio Murray, che a quanto pare ne l’aveva invitato a farlo. È essa L’Apostolo delle Calabrie Ven. P. Vito Michele Di Netta Redentorista (Scuola Tipografica Pontificia pei figli dei carcerati fondata da Bartolo Longo, Valle di Pompei 1914. Intanto nel 1913 era stata disposta la seconda ricognizione della salma del padre defunto. La prima era stata eseguita ad un anno e mezzo di distanza dalla morte. Nonostante il grande impegno espresso non si è arrivati alla canonizzazione del Di Netta, ma nel 1935 papa Pio XI è venuto a dichiararne l’eroicità delle virtù. Non so se altri lo hanno fatto in successione, ma nel 1986 mi si è offerta l’opportunità di rinverdire il ricordo del santo redentorista sulla rivista “Calabria Letteraria” (nn. 1-2-3, pp.43-46). Hanno fornito tema (Il Venerabile P. Vito Michele Di Netta nei suoi rapporti con la Diocesi di Oppido) e documentazioni alcune lettere inedite che il padre aveva inviato tra 1824 e 1833 ad Oppido proprio ad esponenti di quella famiglia Grillo, che gli era stata così legata e devota. Altre lettere spedite agli stessi fino al 1843 si ritrovano nell’opera del Di Coste.

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Vedi:

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https://www.lalbadellapiana.it/files/2010_liberti_igpvl578.pdf

Madonna della Sanità - Luzzi
 

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