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Santa Teodora di Rossano
Romano: Cerca de Rossano, en Calabria, santa Teodora, abadesa, discípula de san Nilo el Joven, maestra en la vida monástica. 980.
Nació en Rossano, Calabria, Italia. Abadesa basiliana, discípula de san Nilo de Rossano, maestra de vida monástica. Murió llena de méritos en Rossano.
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Publicadas por Cecill Torres
Santa Teodora di Rossano
che fu badessa e martire.
La donna fu in vita discepola di San Nilo.
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Il 28 novembre si festeggia Santa Teodora di Rossano, in provincia di Cosenza, che fu badessa e martire. La donna fu in vita discepola di San Nilo e da lui acclamata nelle situazioni difficili – ad esempio quando fu necessario trarre in salvo la madre e la sorella di Santo Stefano – è un esempio di vita monastica per tutti. Teodora nasce intorno al 910 da Eusebio e Rosalia, una coppia di sposi non così agiata ma che comunque non fa mancare nulla alla piccina che cresce felice, manifestando da subito nel suo tenore di vita il pieno rispetto del significato del suo nome che deriva dal greco e vuol dire ‘colma di divini doni’. Sin da subito capì che la sua vita sarebbe stata consacrata a Dio: infatti trascorreva le sue giornate dedicandosi ad opere di pietà e al divino servizio finché non ebbe l’opportunità di realizzare il suo più grande desiderio, ossia consacrarsi completamente al Signore. Per questo motivo, decise di conservare la sua verginità, abbandonò gli abiti mondani ed entrò nell’ordine monastico di San Basilio Magno. Teodora era una fanciulla molto bella ma non si faceva vanto del suo aspetto perchè nel suo cuore aveva deciso di regalare questa sua bellezza al suo sposo divino. Così a quindici anni decise di entrare sotto la guida di San Nilo il Giovane nel monastero di Santo Opoli dove le fanciulle si dedicavano alla vista monastica fatta di orazioni e preghiere.
In quegli anni si distinse così tanto per la sua devozione che divenne, in via del tutto naturale, una guida spirituale per le altre fanciulle che aiutava nella pratica della vita spirituale, divenendo per loro un esempio di vita monastica. Qualche anno dopo, San Nilo volle premiarla per tanto impegno: dopo aver terminato la costruzione dell’oratorio di Sant’Anastasia, realizzato grazie al contributo economico di un devoto di nome Eusebio, San Nilo ne affidò la guida proprio a Teodora che radunò in quella struttura tutte le giovani che desideravano consacrarsi a Dio e le monache sue compagne del monastero di Santo Opoli. Teodora restò lì, in quel monastero, per tutta la vita. Si occupò di essere una guida carismatica per tutte le ragazze di Rossano e dei paesi limitrofi e per avvicinarsi ancora di più a Dio mortificò le sue carni terrene con digiuni periodici e supplizi con il cilicio. Il 28 Novembre del 980 Teodorà passò a miglior vita: aveva secondo la tradizione 70 anni. Sul luogo della sua sepoltura ci sono ad oggi ancora dubbi: secondo alcuni sarebbe stata seppellita nella cattedrale di Rossano ma secondo le testimonianza scritte di due uomini del tempo, Eugenio e Beltrano, il corpo della badessa fu sepolto direttamente nel monastero di Sant’Anastasia dove erano custodite le spoglie delle donne beate.
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Parrocchia San Giovanni Crisostomo - Bari
SANTA TEODORA DI ROSSANO badessa, discepola di san Nilo il Giovane e maestra di vita monastica
28 novembre
Ricostruire le notizie sulla vita e sull’opera di Theodora non è cosa facile. Le poche informazioni, dirette e di prima mano, le possiamo ricavare da una fonte letteraria importantissima, la biografia o “Bìos”di San Nilo, scritta, tra il 1035 e il 1045 nella Badia di Grottaferrata, da San Bartolomeo, che conobbe nella sua prima permanenza a Rossano a Nostra.
Theodora nasce intorno alla fine del secolo IX (poco più di uno o due decenni prima del 910, anno di nascita di Nilo), “da nobili e onesti ma non troppo agiati genitori Eusebio e Rosalia”,a Rossano, dove trascorre tutta la sua vita, fino al “28 novembre 980”, anno della sua morte. Sappiamo che, inizialmente, è, in qualità di monaca, consigliera e guida materna di Nilo, infatti, il “Bìos” ci informa che: ella “amava il santo Padre Nilo, sin da quand’era giovanetto, quasi un proprio figliuolo”.Ma, quando Nilo si fa monaco e acquista fama di saggezza e santità, accetta, con umiltà, di diventare discepola del suo discepolo. Una doppia novità, rivoluzionaria per quei tempi di omofobia o di diffidenza verso le donne, segnatamente da parte del Monachesimo, che nelle donne vedeva gli strumenti del maligno e alle donne vietava persino l’ingresso nei Monasteri. Nilo e Theodora anticipano, per scelta di vita e comunanza di fede vissuta, di circa due secoli, i due Santi umbri,Francesco e Chiara.
Il “Bìos” ci informa di uno scambio di “lettere” tra Nilo e Theodora su una questione umana rilevante. Nel 945 circa, un umile e povero contadino, il ventenne Stefano, anch’egli rossanese, perso il padre, decide di monacarsi e di seguire Nilo, lascia, perciò, il suo lavoro, ma lascia anche la mamma e la sorella senza sostentamento e protezione. Nilo, che allora si trova nella zona ascetica del Mercurione conduce un’ascesi solitaria, anacoretica ed eremitica, nella grotta di S. Michele, è restio ad accogliere la richiesta, che avrebbe potuto creare proseliti e distoglierlo dal suo rapporto diretto e personale con l’Assoluto (altri infatti verranno dopo: Giorgioe Bartolomeo di Rossano, Proclo di Bisignano ecc.), ma, “non riuscendo a farlo recedere dal suo proposito” lo accoglie come suo discepolo e, nello stesso tempo, “crede giusto di prendersi sollecitudine” della mamma e della sorella di Stefano. Perciò, mosso dalla carità e dalla misericordia, Nilo indirizza alcune “sue lettere”, le più antiche di cui ci dà notizia il “Bìos”, ma a noi non pervenute, alla “Madre Theodora”, allora Badessa Superiora del Monastero montano dell’Arenario, detto anche di Sant’Opoli, con le quali le fa richiesta di accogliere e ospitare le due familiari di Stefano, bisognose di un ricovero e di aiuto spirituale e materiale. La richiesta di affidamento della mamma e della sorella di Stefano viene favorevolmente accolta da Theodora, che dà loro ospitalità nel Monastero da lei diretto, uno dei numerosi Monasteri della famosa Montagna Santa (àghionòros) di Rossano; e lì le due donne, che ricevono spesso le visite di Stefano “nel tempo delle mietiture”, vivono alcuni anni serenamente e “in pace” fino alla conclusione della loro esistenza terrena.I passi del “Bìos” ci fanno intendere, abbastanza chiaramente, che Nilo è il fondatore di quel Monastero, che si trovava sulla montagna di Rossano e aveva due reparti, uno per monaci e l’altro per monache. Quest’ultimo egli affida a Theodora, che ne è la Badessa o Superiora. Detto Monastero era ubicato al “Varco del Rinacchio” o nella contrada di “Ceradonna” (termine che unisce due parole: la prima greca “kùria” e la seconda “domina”, aventi lo stesso significato di “la Signora”, ossia Theodora) oppure nella zona della “Vadda era Patissa” (ossia “la Valle della Badessa”,Theodora).
Alcuni anni dopo, intorno al 970, Nilo, convince Theodora e le sue monache ad abbandonare il Monastero per due buoni motivi: perché esso è in montagna, lontano dal consorzio umano, dove il clima per alcuni mesi all’anno è particolarmente rigido e l’ambiente è difficile, e soprattutto perché è esposto alle frequenti devastanti incursioni dei Saraceni islamici (che lo saccheggeranno e lo distruggeranno). Nilo le fa trasferire a Rossano, nella Grecìa, nel quartiere più antico della città, precisamente nel Monastero femminile e annesso Oratorio di S. Maria Anastasìa.
I due immobili furono “edificati a sue spese”, intorno alla metà del X secolo, da“Eufràsioo Euprassio, creato dai Basileis di BisanzioGiudice d’Italia e di Calabria”, che allora “dimorava a Bisanzio”. L’Oratorio (che probabilmente ingloba una precedente costruzione ed era utilizzato dai monaci delle sottostanti Laure per la loro ascesi comunitaria) e il Monastero sono destinati a “un Ascetario di sacre vergini” e affidati alla “direzione di un monaco di nome Antonio”.Questi, però, in pochi anni, riduce l’Oratorio e il Monastero in “precarie e disastrose condizioni per l’incuria di lui”. Prossimo alla morte, “si rivolge” a Nilo, “lo costituisce procuratore di tutti i suoi beni” e lo incarica di risanare e riqualificare quegli immobili. E Nilo, poco dopo il terremoto che si abbatte sulla città (970), lascia il suo Monastero di S. Adriano (nell’attuale S. Demetrio Corone) e fa ritorno nella sua città natale per rifondare e “ricostituire” sia l’Oratorio e sia l’attiguo Monastero; entrambi li “intitola” a S. Maria Anastasìa, li destina a “tutte le vergini disperse”, della città e del territorio, e alle vedove di Rossano nonché alle monache del Monastero dell’Arenario, trasferitesi nella città, e li affida alla direzione di “una Superiora”, la sua allieva la Badessa Teodora, che in quel Monastero trascorre il resto della sua vita e dove viene “seppellita” .
Passa altro tempo “da Bisanzio giunge a Rossano, con grande fasto e ostentazione, Eufràsio(o Euprassio), il Giudice imperiale d’Italia e di Calabria”, accolto trionfalmente da tutte le autorità politiche e religiose della città e del dominio bizantino. Ma, “dopo tre anni muore e il suo corpo fu deposto nel Monastero delle vergini di S. Anastasìa”, dove viene sepolto.
Ignoriamo, a causa di inesistenza di fonti narrative e documentarie, qual è la vicenda storica dei due manufatti bizantini. Verosimilmente, all’indomani della latinizzazione della Chiesa e della Diocesi di Rossano (1459-1462), l’antico Oratorio di S. Anastasìa cambia il suo nome in San Marco, viene ingrandito con un corpo di fabbrica aggiunto e diventa una Chiesa aperta al pubblico fino ad anni recenti; invece, il Monastero di S. Anastasìa viene privatizzato e trasformato in una civile abitazione, ora di proprietà Nola.
Bartolomeo, il biografo di Nilo, con poche ma efficaci pennellate, ci lascia un profilo forte di Theodora, “tale di nome e di fatto” (il termine greco significa infatti “dono di Dio” o “colma di doti divine”), “una vergine molto veneranda”, “vegliarda santa e molto prudente e saggia”, una donna forte che fa una scelta di fede radicale e anticonformista di “un genere di vita ascetico assai rigido”. Ella si caratterizza come testimonianza di religiosità autorevole e credibile, tanto da fare scrivere a Bartolomeo: “non so se Rossano ne abbia generata un’altra simile a lei”.