Questo sito è stato realizzato da Papaianni Angelo. Lo scopo del sito è quello di far conoscere la Madonna della Sanità o della Cava di Luzzi
Sant'Angelo d'Acri
Luca Antonio Falcone nacque ad Acri (Cosenza) il 19 ottobre 1669 da Francesco Falcone, contadino, e da Diana Errico, fornaia. Fu battezzato il giorno successivo nella chiesa di San Nicola di Belvedere dal parroco Bernardino La Gaccia.
Della sua fanciullezza, plasmata positivamente dalla devozione della madre per la Vergine Addolorata e per San Francesco d’Assisi, non conosciamo quasi nulla.
Il 24 giugno 1764, quando non aveva ancora compiuto i cinque anni, nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Padia, ricevette il sacramento della Confermazione. Apprese a leggere e scrivere da un vicino di casa, che aveva aperto una scuola di grammatica. I primi elementi della dottrina cristiana li imparò frequentando la parrocchia di San Nicola e la chiesa conventuale dei frati cappuccini di Santa Maria degli Angeli. Successivamente uno zio sacerdote, don Domenico Errico, fratello della madre, lo avviò allo studio delle umane lettere, nella speranza di poter fare di lui una persona colta e istruita, capace di essere d’aiuto alla madre, rimasta prematuramente vedova.
Luca Antonio sentì però la chiamata alla vita consacrata, sentimento contrastato dalla famiglia, soprattutto dallo zio sacerdote, andando così incontro a prove e tentennamenti. A suscitare tale vocazione fu determinante l’incontro con padre Antonio da Olivadi, un frate cappuccino allora famoso e apprezzato in tutto il meridione d’Italia per la sua santità. Non ascoltando le implorazioni della madre e le minacce dello zio, Luca Antonio decise di diventare cappuccino.
A diciannove anni entrò nel noviziato dei frati cappuccini a Dipignano. Trascorsi però solo alcuni giorni, deluso per non aver trovato quella povertà che si aspettava, se ne allontanò per rientrare in famiglia. Ritornato alla vita del secolo, si accorse, ancora una volta, che non era fatta per lui. Con umiltà e coraggio si ripresentò ai frati cappuccini del convento di Acri e chiese di essere riammesso alla vita religiosa. Ottenuta la necessaria autorizzazione dal Ministro provinciale, padre Francesco Caracciolo da Scalea, l’8 novembre 1689 rientrò nel convento di Belvedere. Ancora una volta, oppresso dalle incertezze non riuscì a resistere abbandonando per la seconda volta il noviziato.
Ben presto però comprese di avere sbagliato e trepidante si ripresentò per la terza volta ai frati cappuccini. Inaspettatamente la risposta fu positiva e con l’aiuto di padre Francesco d’Acri, guardiano del convento di Montalto, e di padre Antonio d’Acri, al tempo Ministro provinciale, ottenne dal Ministro generale dell’Ordine, padre Carlo Maria da Macerata, il Nulla osta per poter rivestire l’abito cappuccino. Era il 12 novembre 1690 quando, nel convento di Belvedere, Luca Antonio iniziava per la terza volta il noviziato.
Le giornate furono scandite dalla continua preghiera, dalla contemplazione della Passione di Cristo e dalle attività domestiche per l’utilità della fraternità. La tentazione di lasciare il noviziato non lo aveva completamente abbandonato e di tanto in tanto riaffiorava. Un giorno, colpito in refettorio dalla lettura di alcuni brani della biografia del cappuccino Bernardo da Corleone (1605-1667), di cui era in corso la Causa di beatificazione (sarà beatificato il 29 aprile 1768 e canonizzato il 10 giugno 2001), elevò una forte supplica al Signore per essere aiutato nella sua lotta. Si racconta che fu rincuorato dal Signore che gli indicava di comportarsi come si era comportato fra Bernardo da Corleone. Era il segnale atteso. Da quel momento iniziò una nuova vita incoraggiato dall’esempio di Bernardo da Corleone e sostenuto dal maestro dei novizi, padre Giovanni da Orsomarso. Luca Antonio portò così a compimento l’anno di noviziato e il 12 novembre 1691 emise i voti di professione.
Destinato al sacerdozio, pur avendo espresso il desiderio di rimanere nell’Ordine come fratello laico, intraprese gli studi nei conventi di Acri e Saracena e successivamente a Rossano di Corigliano Calabro e di Cassano allo Jonio. Il 10 aprile 1700, giorno di Pasqua, fu ordinato sacerdote nel duomo di Cassano allo Jonio e incaricato della predicazione.
Dal 1702 al 1739, anno della sua morte, percorse instancabilmente tutta la Calabria e buona parte dell’Italia meridionale, predicando quaresimali, esercizi spirituali, missioni popolari. Consapevole che il predicatore che non attende al confessionale è simile al seminatore che non provvede alla mietitura, trascorreva molte ore nel confessionale non stancandosi mai di ascoltare e di usare misericordia con i peccatori. Era sua convinzione che con la carità si potevano risolvere le situazioni più difficili e che con la misericordia gli sarebbe stato più facile ricondurre alla grazia di Dio tutti i peccatori che la carità di Dio spingeva a inginocchiarsi al suo confessionale.
Il suo zelo lo spinse molte volte alla ricerca dei peccatori restii alla riconciliazione e lo rendeva sollecito ad accorrere, in ogni ora del giorno e della notte, presso gli infermi che richiedevano la sua assistenza spirituale.
Nel 1724 iniziò la costruzione di un convento delle Cappuccinelle in Acri, inaugurato il 1° giugno 1726. Padre Angelo d’Acri fu anche più volte maestro dei novizi, guardiano nei conventi di Mormanno, Cetrano e Acri, Visitatore e Definitore provinciale, Ministro provinciale dal 1717 al 1720 e, infine, nel 1735 Provisitatore generale. In tutti questi incarichi, accettati in obbedienza, fu sempre solerte nel far rispettare la Regola e le Costituzioni dell’Ordine. Profondo conoscitore delle Sacre Scritture e delle opere dei santi Padri, ebbe anche una buona cultura umanistica e filosofica. Di lui ci restano pochissimi scritti. Ebbe i doni carismatici dei miracoli, delle estasi, della profezia, delle bilocazioni, delle guarigioni e della penetrazione dei cuori. Adorno di tutte le virtù, visse nell’esercizio eroico dell’amore verso Dio e verso il prossimo: dai contemporanei fu chiamato “l’apostolo delle Calabrie”. Morì in Acri il 30 ottobre 1739.
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È stato beatificato da papa Leone XII che ordinò la pubblicazione del suo decreto di beatificazione il 9 dicembre 1825.
È stato canonizzato da papa Francesco il 15 ottobre 2017.
Preghiera a sant'Angelo d'Acri
I passi del Beato Angelo a Luzzi
Se la storia è maestra di vita, non ci si dovrebbe mai stancare di fare continuamente riferimento a fatti, avvenimenti e personaggi del passato che ci aiutino a cogliere quei grandi e illuminanti insegnamenti per vivere meglio il nostro presente. Se ci si riferisce, poi, alla storia religiosa e alla vita dei santi, allora, la lettura e la conoscenza diventa più stimolante e quasi obbligatoria per chi vuole intraprendere un cammino di fede senza farsi scoraggiare o deviare da false interpretazioni storiche e da eventuali profeti di sciagura che vedono catastrofi da per tutto o sono sempre pronti a denunciare una imminente fine del mondo.
Il credente sa leggere la storia con spirito critico e soprattutto è capace di scoprire dietro avvenimenti misteriosi e indecifrabili, la mano provvidente di Dio che guida gli uomini secondo un suo progetto d’amore.
I santi, poi, diventano interpreti fedeli di questo disegno di Dio e svelano attraverso la loro vita, anch’essa molte volte tormentata e misteriosa, le fila di una trama meravigliosa che questo Padre misericordioso imbastisce per il suo progetto.
Tutto questo, credo, si può benissimo applicare al libro che il lettore ha fra le mani.
L’autore, Claudio Cortese, ha voluto, fra una pennellata alla storia della famiglia francescana, e una fotografia a un convento, come quello di Luzzi, mettere in evidenza la gigantesca figura di un Beato, Angelo d’Acri, che racconta con la sua santa vita, la presenza di un Dio che continua ad operare meraviglie proprio attraverso i suoi discepoli migliori.
In tal modo il passaggio del Beato Angelo per le vie di Luzzi e per tanti altri paesi del meridione, la sua ardente predicazione con i segni prodigiosi che l’accompagnavano, non fanno altro che rendere visibile la bontà e la premura che Dio continua ad avere per i suoi figli.
E’ il filo rosso di una storia sacra che rivela ancora una volta quanto la spiritualità non sia evasione dal mondo e disinteresse delle realtà terrene, ma anzi, diventa impegno e condivisione dei bisogni dell’umanità di oggi, proprio perché Dio ha preso dimora in mezzo agli uomini e si è fatto carico delle sue sofferenze e delle sue fatiche.
Sono certo che nello scorrere le pagine di questo libro, attraverso nomi, date e avvenimenti, si possa respirare un’aria di fiducia e di speranza nel Dio della storia.
A Claudio il plauso per questa dolce fatica che permette a tutti noi di fare memoria di un patrimonio spirituale che ci appartiene e di cui dobbiamo esserne orgogliosi.
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Fra’ Giovanni Battista Urso
Ministro Provinciale dei Cappuccini in Calabria