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Tratto dal libro di Francesco Ceraldi "IL TERREMOTO DEL 1854"

PRESENTAZIONE

 
a cura di Michele Gioia

 
Quando l'amico Franco Altomare mi chiese, per telefono, cosa ne pensassi della intenzione sua e del Presidente dell' Associazione culturale "Insieme per Luzzi", Franco Papaianni, di pubblicare la ristampa del volume IL TERREMOTO DEL 1854 scritto da Don Francesco Ceraldi, risposi che era sicuramente una buona idea. "Mi sembra - aggiunsi - un'occasione per ricordare, la figura e l'opera di un pio sacerdote e di un uomo di grande cultura, che ha educato e formato numerosi giovani e che tanti meriti ha acquisito durante la sua missione pastorale a Luzzi, in tempi tristi, assai difficili, soprattutto nelle campagne del Valio, quando il parroco doveva contribuire ad alleviare anche i bisogni primari dei suoi parrocchiani". 
E quanto altro bene avrebbe potuto fare per la crescita della nostra comunità se la morte non lo avesse colto a soli 62 anni...! 
Quando poi Franco Altomare mi disse che avevano pensato a me come estensore di una nota introduttiva all'opera di Don Ceraldi, mi prese la preoccupazione che mi assale quando sono chiamato a fare cose più grandi di me. 
Peggio è stato quando Franco mi precisò che la ristampa doveva avvenire prima del 12 febbraio. 
Pur ritenendo giusta la scelta della data per le ragioni che tutti sanno, manifestai ancora più evidenti le mie perplessità. 
Ma poi prevalse, come sempre con l'aiuto del Signore, lo spirito della disponibilità che anima le mie scelte e accettai l'invito che, oltre tutto, lo voglio ribadire, senza mezzi termini, mi gratifica particolarmente, anzi mi onora. 
Per fortuna, nel corso degli anni che seguirono la scomparsa di Don Ceraldi, ho cercato di acquisire, e le conservo tra le mie cose più care e preziose, le sue pubblicazioni. 
Nella brevità del tempo che mi è stato concesso (poco più di due settimane) e compatibilmente con i miei impegni di lavoro alla Rai, non so se sarò riuscito a dare sostanza al gravoso impegno che mi sono assunto, di scandagliare e far conoscere anche al grande pubblico le varie sfaccettature del personaggio i cui interessi di studioso hanno toccato gran parte dello scibile umano e delle arti della parola detta, anzi dell'oratoria (di cui più volte ha dato prova) e quindi anche della parola scritta.

La sua erudizioni è chiaramente manifestata nelle numerose note che accompagnano le sue opere. Cosicché il mio primo impegno è stato quello di andare a rileggere o meglio "studiare" gli scritti di Don Francesco. E per dare subito, sia pure in estrema sintesi, un quadro della sua attività di letterato, diciamo che gli interessi dello studioso hanno abbracciato numerose attività. 
Oltre che Professore di Materie Letterarie, Don Ceraldi fu Padre Spirituale dei chierici nel Seminario di San Marco Argentano per i quali scrisse MATER VOCATIONIS - I quindici Sabati del seminarista alla Vergine Santa del Rosario, con presentazione e Imprimatur del 12.6.1954, del Vescovo di S. Marco A., Mons. Agostino Castrillo, L.Pellegrini Editore, (di cui possiedo la 2" Edizione). 
Le sue capacità di storico le rivela indubitabilmente nel saggio sui "SANTI E BEATI DELLA BADIA CISTERCENSE!. II S. MARIA DELLA SAMBUCINA. IN FIGURE NOSTRE (Coriolano Martirano, Guglielmo Sirleto, Matteo Guerra) - Pellegrini Editore,1966. E, ancor prima, con IL TERREMOTO DEL 1854 con Nota Storica Introduttiva- Stralcio dalla "Storia inedita di Luzzi" di Giuseppe Marchese, edita dall' AGA di Cosenza, nel 1954. 
In questo libro, che l'Associazione Insieme per Luzzi ha voluto ripubblicare, Don Ceraldi riscrive limitandosi, come precisa "soltanto alla sostituzione di vocaboli non facilmente comprensibili ed alla divisione in sottotitoli, per renderne più agile la lettura" e fa stampare la cronaca del "Terremoto 1854". di Cesare Marchese che dell'evento fu testimone oculare. 
Ma, poiché come tutti sanno, dopo il sisma si strinse, ancora più forte, il patto tra i Luzzesi e la Madonna Immacolata, da tempo immemorabile Patrona e Protettrice di Luzzi, Don Francesco Ceraldi giustamente fa precedere al resoconto di Cesare Marchese una Nota introduttiva sulla "devozione mariana" in Luzzi. 
Cosicchè in poche pagine si possono apprendere i dati salienti sulla Storia di Luzzi, da Tebe Lucana, ai Lucii, alla Sambucina, ai Firrao. S'incontrano personaggi noti come Don Biagio Durante, e poi ancora, tra gli altri, D. Ferdinando Vivacqua, Don Eugenio Arena, il Prof. Iuso. E., inoltre, tante altre notizie. Dopo la rievocazione del terremoto c'è un appendice in cui D. Ceraldi presenta Cesare Firrao ( Luzzi 1648-1714) di cui si pubblica il Sonetto dedicato "Alla Madonna della Sambucina" tratto dalle Rime (che poi sono state ristampate a cura dell'Associazione "Pro-Sambucina" di Luzzi).

Fine e attento biografo si rivela in SACERDOTI NOSTRI, ( Francesco Greco. Domenico Conte. Giuseppe Miele, Girolamo Russo, Raffaele Rocco. Eugenio Occhiuzzi. Angelo Rendace, Michele Campise. Giuseppe Rendace. Virgilio Cammarella. Giovanni Abraini e Salvatore Fava) - Pellegrini Editore-Cosenza - 15 aprile 1964 - scritto, come precisa egli stesso, in occasione dei suoi 25 anni di Sacerdozio ( 1939 - l Luglio - 1964) , per ricordare quei "Sacerdoti ardenti. la cui vita luminosissima ho cercato di abbozzare in linee umane, nella speranza di godere eternamente la loro compagnia nella luce immensa di Dio!" Il suo amore per la storia civile e religiosa di Luzzi si evince anche dai due libretti,. chiaramente divulgativi, che conservo, di poche ma intense pagine, su LA BADIA CISTERCENSE DI SAMBUCINA - Tipografia Eredi V. Serafino-Cosenza - senza data; e, per gli stessi tipi, LA MADONNA DELLA SANITA Santuario della Cava, Luzzi (Cs), con Imprimatur di Mons. Luigi Rinaldi, Vescovo di San Marco e Bisignano, del 17.1.1969 (Vedi anche Il Veltro di Sambucina, Prima Serie - Anno II, n. 10 . 30 settembre 1978, Pag. 10).' Dal fratello di Don Francesco, il Dott. William, già stimatissimo Direttore Didattico, che ci onora con la sua amicizia, apprendiamo dell'attività pubblicistica del Nostro su riviste e giornali vari. E poi ancora della vena poetica manifestata in B R E V I S S I M A (che noi non possediamo), in altre liriche rimaste ancora inedite, e in R O S E  D'A U T U N N O, la cui" edizioni è stata curata dai Discepoli di Gesù, nella loro Tipografia Santa Lucia, di Marino-Roma, Pasqua 1977. (Alcune di queste liriche, le abbiamo pubblicate nella Nuova Serie Il Veltro di Sambucina) . Con una brevissima presentazione di Georges Bernanos la raccolta di liriche, con singolarissime illustrazioni Don Ceraldi l'ha dedicata all'amatissimo padre, l'indimenticabile, anche da noi stimato ed amato Don Battista che ci ha onorato della sua amicizia e stima. 
Per avere una testimonianza, diciamo pure, più diretta della personalità di Don Ceraldi e anche, se volete, per alleviare, in qualche modo, il mio impegno, ho pensato che un valido contributo alla nota introduttiva lo avrebbe potuto dare ( e, in effetti, lo da in modo egregio) Don Valerio Pingitore, figlio spirituale del Nostro che lo avviò agli studi presso i Salesiani di Roma. Di Don Valerio, oltre che un carissimo ricordo, la stima e, se mi è consentito, l'amicizia conservo l'immaginetta di Don Bosco che fu distribuita in occasione della sua "Ordinazione Sacerdotale conferitagli da S.E. Mons. Luigi Rinaldi a Luzzi nella Chiesa Arcipretale Matrice il 23 Giugno 1973, Anno Santo". 
L'ho tenuta nel libretto IL DONO PIU BELLO ( a tutti i miei filiani ) scritto da Don Francesco Ceraldi e pubblicato dalla tip.  Fasano Editore a marzo del 1973. 

Dal Cap. XII della <<Storia di Luzzi>> ¹

Di GIUSEPPE MARCHESE

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SEGNI NEL CIELO

     

 

     Alla fine dell’estate del 1853, una Cometa, armata di lunga e smagliante coda (chiamata dall’ingenuo volto “travu di fuocu”), apparve per quattro giorni sul cielo del mare coriglianese.

     Durante varie sere di fine gennaio 1854, un’aurora boreale illuminò dall’ orizzonte tutta la volta celeste.

     Il popolino terrorizzato nascondevasi nei sotterranei, piangendo e pregando la Madonna. Spesso esclamava: “Mo veni la fini di lu munnu… Madonna mia sarivani“.

 

PERTURBAZIONI NELL’ARIA

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     In seguito a questi fenomeni, nei primi giorni di febbraio, si scatenarono dal cielo piogge diluviali che costrinsero la gente a barricarsi nelle case, si da non poterne uscire per compiere gli ordinari affari.

     L’involontario arresto lavorativo fece perire il bestiame di ogni specie.

     Dopo tante acque torrenziali, le campagne si trovarono franate e cosparse d’uccelli affogati, i boschi un ammasso d’alberi caduti, le vie impraticabili, i seminati scomparsi, i vigneti divelti, i mulini non atti più a macinare!...

     Alla disastrosa pioggia tenne dietro, nei giorni 7 – 9 febbraio, un caldo eccezionale ed ammorbante.

     Quantunque in pieno inverno, il barometro oscillò dai 25 ai 30 gradi di calore con assoluta mancanza di brine e rugiade.

     Dal 9 al 10 febbraio, la temperatura si convertì, repentinamente, in freddo gelido, penetrante fino a toccare gli otto gradi sotto zero.

     Per tale incostante complessione del caldo e del freddo si verificarono gravi malanni e molti morti nella popolazione.

 

IL GIORNO FATALE

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     La mattina dell’11 febbraio vedemmo sorgere il sole, dopo il freddo agghiacciante!

     Un sole tepido ma splendente, mentre nel pomeriggio il cielo divenne nerissimo, uggioso e vario con temperatura nuovamente glaciale !

     Tutti si tapparono a casa.

     Fra tanto squallore, a tre quarti d’ora di notte, l’11 febbraio s’ebbe l’immane terremoto che gettò Luzzi nella costernazione e gli altri paesi del Cosentino nel lutto e nel pianto.

    Per tutta la “Valle Crati” si verificò più orrendo disastro dei famosi cataclismi antichi del I. sec. D.C., del 1184, del 1693, del 1738.

     La scossa fu spaventevole non tanto per durata, quanto per violenza, seguita da cupi boati e da detonazioni terrorizzanti con scricchiolii acutissimi sui vetri e sui tetti…

 

TREMENDI EFFETTI

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     …La gente che andava a ripararsi alla meglio sotto gli Archi e negli Atri dei palazzi e delle abitazioni, veniva scaraventata contro i muri, sui pavimenti e vedeva attorno rovesciare mobili e quadri.

     Le porte si aprivano e chiudevano da sole! Travi si staccavano dai muri, rovinando vetri e mobili d’ogni sorta, rendendo vittime di violenti colpi le persone…

     La durata del terremoto fu di molti secondi. Ciò ch’era di più solido cedette alla violenza: tutti gli edifici enormemente lesionati, alcuni abbattuti, le Chiese ridotte in pericolo!

     Un muro della Chiesa dell’Immacolata cadde, e tutto il Sacro Tempio ne risentì talmente da minacciare completa rovina alla minima spinta.

     Caddero molte tettoie e mura delle case.

     Il paese lamentò una trentina di feriti gravi ed in seguito morirono cinque persone, altre restarono mutilate menando stentata vita!

 

PROTEZIONE CELESTE

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     Fu un vero miracolo pel nostro grosso Comune essere uscito con tale mite bilancio di disastro in paragone delle distruzioni e dei morti verificatesi negli altri Comuni di “Valle Crati”. La popolazione, trovandosi sveglia per l’ora in cui avvenne il terremoto, ebbe modo di fuggire e cercare un luogo sicuro.

     Gran parte dei Luzzesi, imbaccuccati fino ai piedi, si portò alla vicinissima località “Castello” per riparare, nella miglior maniera, presso l’antichissimo caseggiato colà esistente.

 

VISIONE APOCALITTICA

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     Da questo punto elevato e centrale, veniva osservato il vasto panorama del paese, le lanterne ad olio portate dagli abitanti in fuggi fuggi per ogni via e per le campagne; s’udivano voci lamentevoli ed invocazioni accorate, s’osservavano nel cielo strani fenomeni.

     Poco dopo il tramonto si videro due dense nubi nerissime spargersi lungo l’arco della montagna “Piano Cavallo”, poi il cielo si rischiarò alquanto in direzione di Bisignano, indi s’accavallarono dal Malvitano nuove densissime nubi rincorrentesi velocemente l’una sull’altra.

     A mezzanotte l’oscurità del creato si poteva tagliare a fette tant’era intensa, nonostante accese cataste di legna in tutti gli angoli ed, in lontananza, larghe ed alte lingue di fuoco acceso dai contadini sui campi!

     Verso l’alba il freddo divenne, ancora una volta, insopportabile tanto da intirizzire le membra ed agghiacciare il viso…

     A mattino inoltrato scese la pioggia e poi, a larghe falde, la neve. Spettacolo orribile e raccapricciante.

     Parve una vendetta superna…

 

MATERNO INTERVENTO

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     Tutti, indistintamente, pregavano la Madonna per lo scampato pericolo ed imploravano la fine di quella tremenda visione di paura e tormento, da rendere esterrefatti, far abbracciare l’un l’altro per morire insieme senza fiatare: la parola s’era arrestata in bocca, gli occhi sonnolenti, socchiusi, allucinati, coperti da involontarie lacrime!

     I corrieri che giungevano a Luzzi dai paesi circostanti, narravano che a Cosenza ed in altre località del “sud” e dell’ ”ovest” i morti, i feriti, gli edifici crollati erano in misura più forte dei nostri, anche le campagne presentavano desolazione e morte.

 

RICONOSCENZA FILIALE

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     Da quel fatale giorno l’Amministrazione luzzese volle “L’IMMACOLATA” a Protettrice e Patrona di Luzzi. Nell’annuale ricorrenza del disastro si celebra “in loco” una solenna festa votiva in onore della Madonna con l’offerta di ceri – coram populo – da parte del Comune.

 

 

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¹ - Incarto nell’Archivio privato del Cav. Prof. G. Marchese

 

N.B. –a) Esauriente relazione e descrizione del funestissimo terremoto trovasi pure nel <<Cenno storico – filosofico>> del Can.co Ferdinando Scaglione, pubblicato in Cosenza nel 1855 pei tipi di Giuseppe Migliaccio.

         b) Cf. IV volume dell’Accademia Cosentina.

Madonna della Sanità - Luzzi
 

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