top of page

Un artista da non dimenticare

E' il prof.Emilio Iuso: un artista che ai primi del '900 fu definito da illustri critici "Il piccolo Giotto della Calabria".

Il Prof. Comm. Emilio Iuso nacque a Rose (CS) nell'anno 1907 da una modesta famiglia di pastori e morì a Luzzi (CS) all'età di 63 anni mentre stava terminando due affreschi nella Cappella del Crocifisso della chiesa dell'Immacolata di Luzzi, della quale all'epoca era parroco don Armando Perna, indimenticabile pastore di anime ed anche artista, il cui corpo a furor di popolo venne sepolto nella Cappella dell'Addolorata dell'omonima Chiesa dove vi rimase per ben nove mesi.

Iuso all'età di 13 anni dipinse il Martirio di S. Lorenzo nella Chiesa Arcipretale di Rose, per i cui lavori fu definito dai critici "il piccolo Giotto della Calabria".

Per gli acquisiti meriti artistici, venne chiamato a Roma dal Luzzese dott. Francesco Cilento, all'epoca vice questore di quella città, dove ebbe la possibilità di conoscere stimati critici d'arte, che gli consentirono di ottenere l'incarico di dipingere alcuni quadri nelle sale del Ministero dell'Aeronautica ed affreschi nei locali del Comando dei Carabinieri.

Nell'anno 1933 tornò in Calabria e subito venne chiamato a dipingere la Chiesa dell'Immacolata di Luzzi. Successivamente per incarico del fu Mons. De Metrio Moscato, all'epoca Vescovo della Diocesi, di S. Marco e Bisignano (CS), dipinse il Duomo e le Cripte in S. Marco Argentano e il Duomo di Bisignano. In seguito decorò la Chiesa di S. Gaetano in Cosenza, la Basilica del B. Angelo in Acri, la Casa Natale di S. Francesco di Paola, il Coro del Duomo di Cassano, la Sala del trono del Palazzo Primaziale di Salerno, la Chiesa delle Piccole Operaie in Acri, la Chiesa dei Minori in Bisignano, la Sala del Consiglio Provinciale di Cosenza e tutte le altre Chiese di Luzzi (S. Angelo, S. Giuseppe, S. Francesco e S. Antonio). Fu incaricato dalla Sovrintendenza alle Belle Arti di Siena al restauro del Duomo di Orbetello, opera del 1300.

Per i suoi indiscussi meriti artistici fu insignito delle seguenti onorificenze: Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana, Commendatore dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro, Commendatore dell'Ordine Pontificio di S. Silvestro Papa e Commendatore dell'Ordine di Malta.

Meritò la stima di illustri personalità, tra cui S. Em. il Cardinale Tisserant, decano del Sacro Collegio ed Accademico di Francia, S.E. il Cardinale Marcello Mimmi e molte personalità della politica e dell'arte.

Alcuni critici hanno sostenuto che il bagaglio che il compianto artista Emilio Iuso ha portato con sé e tramandato all'ammirazione dei posteri, è ricco di affreschi e tele di immagini roride di colori con una perfetta composizione grafica stilisticamente schietta e fedele da cui traspare tuttora la leggiadria di un mito che inclina alle sovrapposizioni del suo pensiero trasfigurante nella prorompenza delle colorazioni.

La realtà, affermano i critici, che lega l'artista all'espressione delle linee e dei colori è trasognata e goduta e dalla quale emerge il suo intento di imprimere sulle tele e sugli affreschi, tramite il magico pennello intrinso di fuoco, di sangue e di nettare, in una prodigiosa mescolanza. In molti suoi dipinti, ancora, le immagini figurative e i paesaggi, rappresentano le genuine fatture delle mani di un artista che ha operato nel segno dell'accensione della fantasia e del cuore.

Venne addirittura sostenuto che nell'affresco "l'Assunzione di Maria Santissima" nella Chiesa dell'Immacolata di Luzzi (Cs), l'artista in giovanissima età, ha saputo imprimere una genuina bellezza di un fulgido amore racchiuso in una cornice decisamente trascendentale.

In ogni suo capolavoro, sia esso paesistico che figurativo è riuscito a dare una ricca interpretazione di una vivace espressione di linee e di colori trasognata e goduta, nonché carezzevolmente levigata da stille filtrate dall'immensità dell'universo, che le ricopre di iridescenze, atte a conservare in toto il fascino della bellezza, della vita e della speranza.

di Filippo De Bonis  in Calabria 2000

Emilio Iuso 
Lucantonio in ginocchio davanti al parroco
Affresco del 1939
Bisignano, Chiesa della Riforma, cappella di San Diego della famiglia Solima

Immagine tratta dal sito http://museosantumile.weebly.com

Emilio Iuso
Frà Umile in estasi davanti alla Vergine
Affresco del 1939
Bisignano (Cs), Chiesa della Riforma

Immagine tratta dal sito http://museosantumile.weebly.com

Emilio Iuso
Glorificazione di frà Umile 
Affresco del 1939
Bisignano (Cs), Chiesa della Riforma

Immagine tratta dal sito http://museosantumile.weebly.com

Emilio Iuso
Frà Umile in preghiera tentato dal demonio
Affresco del 1939
Bisignano (Cs), Bisignano (Cs), Archivio del Convento della Riforma

Immagine tratta dal sito http://museosantumile.weebly.com

Emilio Iuso
Frà Umile accanto al maestro dei novizi che pianta i cavoli a rovescio
Affresco del 1939
Bisignano (Cs), Chiesa della Riforma

Immagine tratta dal sito http://museosantumile.weebly.com

Emilio Iuso
Nell'orto del Convento di Mesoraca frà Umile consegna un eccellino al maestro dei novizi
Affresco del 1939
Bisignano (Cs), Chiesa della Riforma

Immagine tratta dal sito http://museosantumile.weebly.com

San Nicola da Longobardi , Chiesa San Francesco di Paola , Cosenza

Di Emilio Iuso non parla più nessuno. A Rose, suo paese natale, e a Luzzi, dove trascorse gran parte della sua vita, ti ricordi di lui se entri nella chiesa di San Giuseppe (già cappella gentilizia dei principi Firrao) , affrescata da lui nel 1935 (?), o se ti rechi nella chiesa dell'Immacolata dove le sue due ultime opere furono completate da don Armando Perna ( suo compare), il "prete santo" morto il 2 maggio 1972 e sepolto a furor di popolo nella cappella dell'Addolorata e, quindi, per decisione del vescovo dell'epoca, mons. Luigi Rinaldi, traslato nella cappella di famiglia, al cimitero.

All'Immacolata l'emozione è più grande perché nella mistica atmosfera della Cappella del Crocifisso ti basta chiudere gli occhi, sia pure per pochi attimi, per vederlo all'opera il "Maestro", attorniato dai suoi "discepoli", sempre pronti (bastava un suo gesto, un suo sguardo) ad esaudire qualsiasi suo desiderio per non distrarlo nel momento creativo.

I due affreschi, ai lati dell'altare, portano ancora il segno dell'umana sofferenza dell'artista ormai prossimo alla fine dei suoi giorni: non finì le due opere che testimoniano la maturità della sua pittura staccandosi di netto dal resto.

L'immacolata l'aveva affrescata all'età di (18-?) 28 anni e rappresentava per lui e per la critica il segno che la valentìa di Emilio Iuso si sarebbe affermata, come poi avvenne, anche al di là dei confini del "municipio".

L'8 aprile 1965 Emilio Iuso rendeva l'anima a Dio assistito amorevolmente da don Armando Perna. Come questi era nato nella vicina Rose, a un tiro di schioppo da Luzzi, il 27 maggio del 1907. I suoi primi anni di vita sono avvolti quasi nel mistero e mitizzati grazie all'amore che si sprigiona, nella civiltà contadina, dal cuore degli uomini semplici.

In un manoscritto inedito di autore sconosciuto si legge che "Emilio Iuso, nato da modesta famiglia di agricoltori, era intento alle più rudi fatiche dei campi, privilegiando soprattutto la compagnia delle buone pecorelle che menava alla pastura, lungo i margini dei torrenti e nelle campagne di Rose. Seduto sull'erba e sospinto da naturale tendenza, amava disegnare sulla carta e qualche volta sul rozzo sasso, i più significativi e pittorici scenari che le pecorelle offrivano al suo sguardo". La fantasia poetica dell'autore del testo che abbiamo recuperato fortunosamente in casa dei familiari dell'artista, grazie al giovane figlio Giuseppe, insegnante di Educazione artistica e pittore come il padre, si scatena e si lascia prendere la mano quando aggiunge che "egli (Iuso) apparve nella sua dolce e serafica umiltà, avvolto nella sua stessa luce di gloria che accompagnò il grande pittore fiorentino, Giotto di Bondone, perché identiche furono le circostanze per le quali, come Cimabue scopri Giotto, così il parroco di Rose, don (Carmine) Docimo, ebbe ad accorgersi, un giorno, che il pastorello ritraeva, con maestria e con disinvoltura, i motivi boscherecci che la natura gli offriva d'intorno, servendosi di ruvida matita; e, sorpreso non poco, il prete gli si avvicinò incoraggiandolo con paterne parole di bontà."

Dalla probabile fantasia la narrazione passa alla più verosimile realtà. E quanto segue è risaputo e dimostrato e non pochi a Rose lo hanno ancora in mente il fatto che “di li a poco don Docimo credette opportuno e doveroso diffondere nel paese le sue impressioni sul Iuso e con l'aiuto di pochi, superando non poche e non lievi difficoltà, dimostrò al giovanetto il suo mecenatismo esortandolo a coltivare lo studio del disegno e della pittura. Riuscì, infine, don Docimo a mandare a Pizzo Calabro il piccolo pittore in erba a fargli apprendere le prime nozioni del disegno ornato e geometrico in una scuola di Belle Arti".

A soli 13 anni aveva dipinto il Martirio di San Lorenzo nella chiesa arcipretale di Rose. Da allora si meritò l'appellativo di "Piccolo Giotto della Calabria". Senza mezzi, fu chiamato a Roma dal luzzese dott. Francesco Cilento, vera anima di artista, vicequestore della capitale, dove fu presentato a numerosi critici d'arte e ammesso nel Cenacolo degli artisti della Città eterna. Era il 1931 e il giovane pittore calabrese si fece notare subito per avere affrescato alcune ville e, principalmente, per avere istoriato qualche sala del Ministero dell' Aeronautica, di recente fondazione, e quelle del nuovo Comando dei Carabinieri, dove si ammirano alcuni suoi quadri.

Ritornò in Calabria nel 1933 e il suo primo lavoro fu la decorazione della chiesa dell'Immacolata: nell'affresco centrale della cupola (? - sopra l'abside) con l'Assunzione di Maria SS. egli fece rifulgere la magistrale bravura del suo pennello. Conosciuto da Mons. Demetrio Moscato, (poi) Arcivescovo di Salerno e allora vescovo di San Marco e Bisignano, fu invitato a decorare il Duomo e le cripte di San Marco(la Cattedrale) e il Duomo di Bisignano. In questi monumenti si conservano suoi preziosi dipinti.

In seguito abbellì la chiesa di San Gaetano di Cosenza; la Basilica del Beato Angelo di Acri dove principalmente profuse la sua grande arte; la casa natale di S. Francesco di Paola; la cappella del Seminario e il Coro del Duomo di Cassano Jonio; la sala del trono del palazzo primaziale di Salerno; la chiesa delle Piccole Operaie dei Sacri Cuori di Acri; la chiesa del convento dei Minori di Bisignano; tutte le chiese di Luzzi, (dalla più,antica, Sant'Angelo, a Santa Maria, San Giuseppe, l'Immacolata, etc.); la sala del Consiglio provinciale di Cosenza e numerosi altri luoghi celebrati per la storia e la fede della Calabria.

La sua fama valicò i confini del continente Europa e fu invitato in Canada e negli Stati Uniti (USA) dove si voleva Emilio Iuso per il restauro e l'abbellimento di numerose chiese cattoliche. L'invito gli veniva dalla Santa Sede ma il legame con la famiglia gli fece da freno per cui l'artista non andò oltre Oceano.

Dell'opera di Emilio Iuso si occuparono anche l'Osservatore Romano e numerosi altri quotidiani italiani e stranieri.

Cosicché insieme agli impegni di lavoro a Genova, Firenze, Palermo arrivarono meritati riconoscimenti: Grande Ufficiale della Repubblica Italiana, Commendatore dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro, Commendatore dell'Ordine pontificio di San Silvestro papa e altri.

Stimato e onorato da altissime personalità tra cui ricordiamo il cardinale Tisserant, il ministro on. Gennaro Cassiani, vescovi arcivescovi, parlamentari e uomini politici (il Sen. Militerni) e artisti di tutta Italia.

Degno di nota è l'invito, da parte della Soprintendenza alle Belle Arti di Siena, per il restauro del trecentesco duomo di Orbetello.

Emilio Iuso approdò nella cittadina toscana dopo aver vinto un pubblico concorso. Il tempio, come si legge in un giornale dell'epoca, aveva bisogno di urgenti restauri "perché con il passare del tempo e con i danni arrecati dall'ultimo conflitto bellico, il nostro duomo è andato man mano rovinandosi tanto da essere chiuso al culto nel settembre del 1956 perché il soffitto minacciava di crollare. Ma grazie all'interessamento di mons. Fabio Marchetti, priore di Orbetello..." "...il pittore prof. comm. Emilio Iuso sta profondendo la ricchezza del suo geniale talento, d'artista..." "...il prof. Iuso è uno dei maggiori esponenti della pittura sacra italiana e ha dato all'arte sacra una serie di capolavori ammiratissimi".

La morte lo colse mentre stava dipingendo.nella chiesa dell'Immacolata di Luzzi, sede della sua prima rivelazione d'artista, gli affreschi "L'agonia di Gesù nell'orto" e "L'incontro di Gesù con sua Madre sulla via del Calvario". Entrambe le opere si intonano perfettamente con lo stato d'animo di Emilio Iuso in quel periodo. A 58 anni l'uomo era profondamente prostrato e stanco; l'artista, come sempre, insoddisfatto, e alla ricerca di nuove vie, di originali emozioni, tutto teso a percorrere sentieri "colorati" che sognava di notte e di giorno. Spasmodicamente combattuto tra il suo immenso desiderio di realizzazione come artista e il dovere sentito e mai tradito di essere uomo, padre di famiglia onesto ed esemplare. In lui c'era ancora il personaggio così lontano per la gente semplice della sua Rose e della sua Luzzi. Specie se lo si incontrava, per le strette viuzze del centro storico, "ammantato" nella sua "divisa" di Cavaliere del Santo Sepolcro. Eppure, nello stesso tempo era così vicino, tanto caro e tanto amato, se vestiva abiti borghesi e aveva per tutti una parola di saluto, in dialetto, quando chiedeva magari degli affanni di tanta povera gente, di cui viveva intensamente le eventuali disgrazie.

L'animo del pastorello non è mai morto.

Mai Emilio Iuso ha dimenticato o tradito le sue umili origini anche se a lui erano toccati onori e gloria per riconoscenza dei suoi meriti e come giusto premio al dono che madre natura prima e poi l'impegno quotidiano gli avevano donato.

Anche quando vestiva panni di pittore e si arrampicava sulle colossali impalcature necessarie per raggiungere, a guisa di uccello, le altezze celestiali delle cupole dei templi della cristianità e, a prima vista, sembrava irraggiungibile, lontano, diverso, il suo pensiero era per le cose terrene, per la vita di tutti i giorni, per il quotidiano al quale Emilio Iuso quasi sempre si è ispirato per animare le sue maestose composizioni pittoriche.

Fino a ritrarre il suo caro compare don Armando Perna, l'arciprete don Francesco Ceraldi, "Angiuliddru 'a Cacchiola", e poi se stesso è il figlio Giuseppe; e ancora popolani e popolane vestiti nei tradizionali costumi della "Pacchiana" e del "Contadino" luzzesi.

Era per lui come un contributo alla preghiera, come una offerta dell'umano al divino, un segno senza aggettivi ma sostantivato della sua fede. Rose e Luzzi non possono averlo dimenticato.

 

Michele Gioia

(Da GAZZETTA DEL SUD, Anno XXXIII - Venerdì 29 giugno 1984 - PAGINATRE)

Lorenzo Coscarella

Alle pendici di colle Triglio, nella porzione di centro storico a destra del fiume Crati, sorge il complesso architettonico di San Gaetano, composto da più edifici sorti a partire dal tardo ‘500 ed evoluti nei secoli successivi attorno al nucleo originario. La chiesa di San Gaetano ne è certamente la parte più nota e frequentata, ma attorno ad essa si sono sviluppate altre strutture che, con diverse funzioni, ebbero nei secoli finalità di culto. Le costruzioni civili affiancate nei secoli alle mura dei vari edifici originari rendono difficile una lettura unitaria del complesso, dando l’impressione di trovarsi di fronte a singoli edifici, ma le varie porzioni sono legate da una storia comune.

Nella seconda metà del ‘500 venne edificata, tra il termine della strada detta Garrubba e l’inizio della salita che portava all’antico palazzo dell’Udienza, la chiesa di S. Leonardo. La stessa venne rappresentata intorno al 1584 nella Carta dell’Angelica, nella quale è detta S. Leonardo nuovo per distinguerla da S. Leonardo vecchio, che si trovava invece ai piedi della stessa Garrubba nei pressi del fiume. In essa operava una antica confraternita, che nel 1624 la cedette ai padri Teatini che cercavano un luogo per stabilirsi in città, i quali vi si stanziarono con il consenso dell’arcivescovo Santoro il 23 giugno dello stesso anno.
I teatini introdussero il titolo di S. Giuseppe, con il quale la chiesa venne indicata per molto tempo, e soprattutto, dopo la sua canonizzazione, il culto per il loro fondatore S. Gaetano da Thiene, la cui presenza diede nell’800 il nome definitivo alla chiesa.
Quando nel 1783 il convento dei teatini venne soppresso, la chiesa divenne parrocchiale perché in essa si trasferì la sede della parrocchia dei santi Stefano e Lorenzo, eretta intorno al 1603 nei pressi del ponte dei Pignatari.
La facciata della chiesa di San Gaetano prospetta su piazza Tommaso Ortale. Anticamente dominava il luogo, ma col tempo è stata parzialmente nascosta dalla struttura sorta nella seconda metà dell’800 sul fianco della piazza, inizialmente nata come mattatoio e poi adibita a botteghe e abitazioni. La chiesa ha una semplice facciata a capanna, sulla quale risalta però il particolare portale in tufo di inizi ‘600. Il portale è opera di scalpellini roglianesi e richiama a Cosenza i portali coevi delle chiese di S. Maria delle Grazie (Sanità) e delle cappuccinelle, riprendendo elementi presenti in molte altre opere roglianesi nei casali di Cosenza. Sul portale è ricavata una nicchia con un mosaico raffigurante l’apparizione della Vergine a San Gaetano, più in alto si apre il rosone che dà luce alla navata della chiesa con vetrata raffigurante la Sacra Famiglia, e nel timpano due piccole finestre arcuate ospitano altrettante campane.
L’interno presenta un’ampia navata, al termine della quale si apre il presbiterio separato da essa dal grande arco santo. Presenta un aspetto tardo-barocco con decori in stucchi eseguiti in parte nel ‘700, arcate scandite da paraste con capitello corinzio ed una copertura a volta a botte lunettata. La volta è decorata da tre dipinti del pittore Emilio Iuso legati ai santi titolari della parrocchia attuale e di quella antica: l’apparizione della Madonna a S. Gaetano, la condanna di S. Lorenzo e il martirio di S. Stefano. L’ingresso è sormontato da una cantoria e sulla sinistra dell’ingresso è posto un battistero in marmo relativamente recente, inserito in un’abside decorata con un mosaico rappresentante il Battesimo di Cristo. Sempre sulla parete sinistra si apre il cappellone laterale, nel quale erano posti più altari tra cui quello che custodiva l’Eucarestia, che presentava un’abside decorata da pitture murali del pittore Settimio Tancredi oggi scomparse. Nel cappellone è posta una iscrizione che ricorda l’operato di don Luigi Maletta (1903-1975), storico parroco del rione. Lungo la parete destra, nei pressi dell’ingresso è posto un antico crocefisso ligneo, seguito da un dipinto napoletano di scuola giordanesca raffigurante S. Teresa d’Avila e S. Pietro d’Alcantara. Al termine della stessa parete si apre una cappella caratterizzata all’esterno da una cupoletta e all’interno da stucchi settecenteschi. Attualmente è intitolata alla beata Elena Aiello, ma era in passato la cappella dedicata a S. Gaetano e ne custodiva un dipinto oggi perduto. Nella stessa cappella è custodita la statua di S. Rita da Cascia, particolarmente venerata nella parrocchia sin da inizi ‘900, e una lapide che riporta i nomi delle vittime civili dei bombardamenti alleati su Cosenza del 1943. La sua presenza in questa chiesa non è casuale. L’edificio venne infatti danneggiato dai bombardamenti, le cui tracce sono ancora visibili all’esterno accanto all’ingresso, e proprio sulla scalinata di accesso alla chiesa persero la vita a causa delle bombe la madre e la sorella del parroco Maletta.
Il presbiterio è dominato dall’altare maggiore, in marmo di inizi ‘900, sormontato da due coppie di colonne che reggono un timpano spezzato e vanno ad incorniciare una pregevole tela seicentesca del pittore Gerolamo Imparato. L’opera, conosciuta anche come “Trinità terrestre”, rappresenta la Sacra Famiglia con Maria, Gesù e Giuseppe, e in alto Dio Padre benedicente. La parte superiore del presbiterio e la cupola sono decorate da pittore di Tancredi con dipinti rappresentanti episodi della vita di S. Giuseppe.
Sulle pareti laterali due nicchie custodiscono le statue lignee di S. Giuseppe, molto venerato nella chiesa in occasione della festa del 19 marzo, cui è legata la celebre fiera cittadina, e quella della Madonna del Suffragio, interessante scultura legata alla confraternita che aveva sede nell’oratorio annesso al complesso architettonico. Sempre dall’oratorio del Suffragio proviene uno degli oggetti d’arte più importanti custoditi nella chiesa: una scultura in marmo rappresentante la Madonna col Bambino, opera di ambito senese del XV secolo.
Tra le altre opere è possibile citare il busto raffigurante S. Gaetano, opera lignea del XVII secolo, una tela raffigurante S. Lucia, opera di Gaetano Bellizzi del 1860, e un’altra tela di G. Cremona del 1888 raffigurante la Madonna del Rosario di Pompei.
Come si diceva, la chiesa di S. Gaetano è solo una parte del complesso. Ad essa era annessa la casa dei teatini, ovvero il convento dei padri giunti nel ‘600. Sul fianco dell’edificio conventuale che affaccia sulla Garrubba si apre poi l’ingresso dell’oratorio della confraternita del Suffragio, attualmente in restauro, che presenta un’aula coperta da volta a botte con decori seicenteschi, mentre molte altre opere lì contenute sono scomparse. Alcune delle opere superstiti sono custodite presso il Museo Diocesano, tra cui due tele e diversi argenti. Su via don Maletta, già salita Tribunali, si erge invece la facciata della terza chiesa del complesso, la chiesa di Santa Croce, detta anche di S. Ivo dal santo patrono degli avvocati che detenevano la chiesa fino alla fine dell’800. Oggi la chiesa è nota anche come chiesa della Madonna di Costantinopoli perché sul suo altare maggiore è posto un affresco che raffigura la Vergine sotto questo titolo. È un dipinto legato alla storia delle monache domenicane, che fissarono la loro sede nella struttura annessa al complesso architettonico occupando alcune case private e parte di quello che fu l’antico convento dei teatini.  .....

 

emilio iuso navata.jpg
bottom of page