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Il romanziere, poeta-soldato,

Prof. Francesco Marchese

Casa paterna dell'Autore

Francesco Marchese

con gli altri Ufficiali dell'Esercito Italiano,

in una foto scattata agli inizi del '900

Ingrandimento della foto precedente: l'Autore Francesco Marchese

La famiglia dell'Autore agli inizi del '900

Marchese Giacinto 

Scarfoglio Filomena

Marchese Francesco Lucantonio

Marchese Mauro Luigi Luciano

Marchese Mauro Pietro

Marchese Teresina

Marchese Ida Anna Carmela

Lapide ai Caduti della Grande Guerra che riporta il nome dell'Autore, sita in Piazza della Repubblica a Luzzi

" VITA SPEZZATA"

Fu breve la tua vita,

ma intensa l'opera tua,

giovin Marchese, eri nato

per dar lustro al tuo paese :

poeta, romanziere, letterato,

giornalista qualificato,

di titoli e di fama incoronato.

Amavi l'amore e la natura,

partisti per la guerra

vincendo la paura.

"O gloria o morte"

fu il tuo motto,

sui campi di battaglia

non temesti lotta.

O Nerina, o Nerina,

tu fosti per Francesco

presagio d'immatura morte,

volesti destinare a lui

la tua stessa sorte.

Come Gesù nell'orto degli ulivi,

dal luogo di morte, scrivevi,

Francesco, all'amico Alfano :

<< l'ora è venuta!>>

Ma non moristi invano.

Tra le rovine fumanti di Castagnavizza

lasciasti i tuoi sogni e la tua giovinezza;

per dar lustro al tuo paese eri nato,

ma, a morir per la gloria dei cieli

e per la Patria fosti destinato.

Poesia dedicata all'eroe luzzese della I Guerra Mondiale, Francesco Marchese che immolò la sua breve vita alla gloria, il 24 Maggio 1917

ELVIRA D'ORRICO.

Nerina

                   di Francesco Marchese

                             

  Questo libro é stato scritto da un giovane di vent'anni. E ha tutte le caratteristiche e i segni della giovinezza: le illusioni, i sogni, gli entusiasmi, ma anche (perché no ?) le amarezze e la disperazione.

  Se poi si considera che il giovane scrittore sarebbe morto sette anni dopo averlo scritto, combattendo nella Grande Guerra, il libro si colora e si arricchisce di altre suggestioni e il dramma letterario sembra presagire la tragedia di una vita spezzata sul nascere e anticipare profeticamente il destino di un uomo.

  E' un'opera prima e come tale va letta, non priva di alcune ingenuità o incongruenze, non sedimentata nel tempo e non soggetta a revisione e correzione.

  Ma proprio qui sta il suo fascino: la sua genuinità e la sua freschezza ti prendono fin dall'inizio (bello é l'incipit : "La vide una sera nel teatro") e ti accompagnano per tutto il racconto con immagini improvvise che gettano luce sui personaggi: "Un uomo con qualche ruga sulla fronte e qualche fiocco di neve sui capelli".

  Il tema centrale del libro (romanzo o racconto? Certo, un romanzo si caratterizza per una maggiore complessità di trama e di personaggi, ma qui stiamo parlando di un'opera prima, scritta da un ventenne) é il binomio Amore - Morte. Lo stesso tema si ritrova nella vita del giovane autore: l'amore (in questo caso per l'Italia), la violenza della morte (voluta o subita ?). C'è continuità tra l'epilogo tragico della giovane vita e il tema letterario ? Sono domande alle quali è impossibile trovare risposte. E poi è giusto arrestarsi davanti al destino di un uomo. "Il resto (com'è noto) è silenzio".

  Scritto nel 1910, è ricco di suggestioni tardoromantiche o scapigliate o decadenti (l'amore come passione totale e distruttiva),  non privo di alcuni particolari veristici e avverte l'atmosfera esasperata del melodramma.

  I personaggi sono due: Nerina e Guido, con in più qualche figura secondaria di contorno. L'azione appare rapida e incalzante, quasi da atto unico teatrale (non unico legame, questo, con il teatro). Vera protagonista è la donna - Nerina -, che, amata in un primo tempo e poi tradita da Guido, si dà volontariamente la morte per farne ricadere la colpa sull'amante e, infine, in una estrema  catarsi, rinunzia alla vendetta, sacrificandosi e salvando così chi l'ha tradita.

  Pur lontano dal paradigma femminile dannunziano(la donna fatale, la Nemica, forza perversa e distruttrice),  più vicino al modello di donna del melodramma contemporaneo pucciniano (Madame Butterfly si uccide alla presenza dell'amante traditore), il personaggio di Nerina sembra raccogliere echi e tendenze del Decadentismo (ad esempio la malattia - in modo particolare la tisi, male tipico dell'epoca: vedi Gozzano  o, ancora Puccini, Mimì ).

  Guido è figura più scialba, quasi dongiovanni di paese, che vive l'amore come giuoco e, quando il sentimento amoroso si impone con tutta la sua solenne serietà, sceglie la via più facile - e vile -, la fuga.

  In questa capacità introspettiva dell'anima dei personaggi sta, a mio parere, il fascino maggiore del libro.

Luzzi, Maggio 2002

                                                                      Prof. Giuseppe Giorno                                                                                                  Liceo Classico "B.Telesio"                                                                                             di  Cosenza 

INTRODUZIONE

 

  Alcuni anni or sono, in un cantuccio della libreria di famiglia, è  stato ritrovato il manoscritto originale del romanzo " Nerina", scritto da Francesco Marchese; costui era il fratello maggiore di Nina Carmela Nerina (stesso nome della protagonista del romanzo, infatti era nata il 3 gennaio 1911: proprio all'epoca in cui ne fu iniziata la stesura) sposata a Rosario Pingitore, dalla cui unione nacquero tre figli: Mario, Silvia  e Giulio.

  Oggi questo romanzo viene pubblicato per volontà della sorella, la quale, anche negli ultimi giorni della sua vita ha sempre avuto nel cuore la triste vicenda di questo fratello prematuramente scomparso; spesso mostrava ai familiari le vecchie foto e, pur avendo solo dei lontani ricordi, non poteva trattenere copiose lacrime.

  Osservando la lapide  ai Caduti della Grande Guerra, sita nella Piazza della Repubblica del nostro amato paese, non si può fare a meno di notare che, proprio in alto, il nome dell'Autore risulta essere il primo per merito del grado più elevato che ha ricoperto in quei tristi anni: infatti egli era Tenente di Fanteria.

  E sicuro che la morte di codesti Eroi non può passare nel dimenticatoio, poiché‚ essi hanno senz'altro contribuito in modo determinante a consolidare le basi del nostro Stato, che proprio in quegli anni terribili  avrebbe potuto risentire di eventuali infiltrazioni nemiche nelle zone di confine.

  Dall'altra parte, la presenza di provetti professionisti (l'Autore era già diplomato e insegnava nelle scuole) di origine meridionale nelle prime linee del Nord Italia, dimostra l'importanza che l'idea di una Nazione unita aveva anche nelle contrade del profondo Sud.

  Questa commovente ma gloriosa storia ha coinvolto anche il pronipote Rosario Pingitore, il quale ha personalmente curato tutte le fasi che portano alla definitiva pubblicazione del libro.

  A questo punto, dato che la distanza  che ci separa da  quegli eventi sfiora i cento anni, ci dobbiamo rimettere alla precisa testimonianza dello storico Giuseppe Marchese, parente dell'Autore, che ci ha lasciato una biografia breve ma esauriente,tratta dal libro "Thebe Lucana, Val di Crati e l'odierna Luzzi" (1957):

  Francesco Marchese nacque a Luzzi il 1890 da Giacinto e Filomena Scarfoglio. Brevissima fu la sua vita! La sua opera letteraria fu intensa e aperta a tutte le sane correnti del pensiero moderno. Studiò a Rossano ottenendovi nel 1912 il diploma magistrale; ma frattanto il suo ingegno, fresco ed esuberante si peritava nelle sue diverse esperienze giornalistiche e letterarie. Collaborò allora all'ancora esistente "Nuova Rossano" al "Popolano" di Corigliano, al periodico umoristico "U Strolucu". Tenne per poco tempo l'insegnamento, durante cui si diede a raccogliere le poesie scritte nella prima giovinezza e le pubblicò in volumetti nella tipografia l'"Attualità" di Teramo. Scrisse forti articoli letterari su vari giornali di Catanzaro, Cosenza, Napoli, e scrisse un romanzo passionale intitolato "Nerina".

  Già conosceva le gioie della notorietà, quando, scoppiata la prima guerra mondiale, fu arruolato quale tenente di fanteria nel 138  Regg.

  Sulle balze di Castagnavizza, immolò la breve vita alla gloria il 24 Maggio 1917. Di lui forse può dirsi con l'antico greco: "Muor giovane colui che al ciel é caro"; e fu caro alla Patria ch'egli amò intensamente senza iattanza di falso eroe, ma nella certezza di compiere il più alto dovere, che nobilita l'animo umano. Non si dolse mai delle sofferenze e dei disagi, ma in trincea continuava, nelle ore di forzata calma, a scrivere versi e a meditare sogni di gloria. Ho una sua lettera scritta alla vigilia dell'azione, che doveva essergli fatale, che dice così:   <<Carissimo, . .  .. se  potessi  spiare  per  un  pò  nel  mio animo ti convinceresti della fortezza con cui domani andrò in testa alla mia compagnia, all'assalto del nemico>>. In altra, diretta al maestro Alfano, vergata due giorni prima dell'azione bellica, scriveva presago: << E' giunta, finalmente, la mia ora. Ti scrivo dalle rovine fumanti di Castagnavizza... domani andrò incontro, ben lieto e deciso, alla morte o alla gloria>>  e in un'altra ancora, inviata allo zio, Maggiore Eugenio Marchese, <<Amatissimo,   sento bruciarmi dall'orgoglio di cimentarmi e seguire il tuo nobile e sentito esempio. Sono a Castagnavizza da dove sto per muovermi alla testa dei miei fanti... Sperando che la sorte mi facesse coprire di gloria e tornare in paese a vivere insieme la sospirata vittoria... Abbracci Ciccio>>.  Non  diversamente in altre, scritte allo zio Beniamino Russo ed ai suoi genitori. Poeta spontaneo, educatore ricco di umanità interiore, fiero della sua missione profondamente appassionata e passionale, Francesco Marchese avrebbe scritto pagine significative nel libro della vita, se la Morte non l'avesse anzitempo ghermito. A noi, congiunti, ed agli amici lasciò un'immensa eredità di affetti; al paese che lo vide crescere forte e buono, un nome che costituisce per tutti un esempio. Alla Patria dette la sua salda giovinezza. E resta la perdita, la sua perdita; e il dolore incolmabile, un dolore tanto più cocente, se penso a quello che sarebbe divenuto Francesco Marchese se rileggo i suoi bei bozzetti romanzati, le novelle, le poesie intitolate "Primule", i componimenti storici, il romanzo "Nerina"  che rivelano gli echi profondi che suscitavano nell'animo suo le due grandi cose del creato: l'amore e la natura.

 

  Luzzi, 02 Aprile 2004 

                                                                             I familiari

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