Peppino RUSSO
Un’appassionata ricerca delle proprie radici per testimoniare delle glorie del passato da contrapporre alle miserie del presente: potrebbe dirsi così semplicemente (forse anche troppo semplicemente) di questo lavoro di Peppino Russo. Ma sarebbe avaro il mio dire: e non sarebbe giusto.
Peppino Russo fin dalle prime pagine di questo suo studio mi si manifesta storico e la mia constatazione come quella del lettore, il più attento, si fa certezza a mano a mano che l’interesse verso la materia trattata diventa febbre di conoscenza: appagata non certo del tutto.
Certo, l’amore per la propria terra e per la gente che da millenni l’ha calpestata, è già, di per se stesso, un gesto profondo di nobiltà.
E se ad ogni capitolo, dal primo all’ultimo, ti prende come una smania, ardente desiderio, di saperne di più, è segno che l’Autore ha raggiunto uno scopo: la sua fatica ha un senso e un valore che senza tema di smentita va definito Universale.
L’opera, dunque, si colloca degnamente in un filone di storia i cui, profondissimi primi solchi sono stati scavati nel 1700 del Firrao e poi battuti con tenacia dal Marchese, giusto per citare due nomi tanto cari e altrettanto preziosi.
Naturalmente i tempi cambiano e il concetto di Storia si allarga fino a toccare le intime cose anche dei più piccoli uomini senza nome che, apparentemente, non hanno lasciato tracce come singole persone ma che pure hanno contribuito al mutare dei costumi di un popolo.
Io dico che (naturalmente non solo per Luzzi) è tempo di dare il giusto valore anche alle più povere cose. E mi chiedo: che sarebbe stato di questo o di quel condottiero romano, che lungo le vie Consolari ha raggiunto le più lontane provincie di Roma, senza i suoi soldati? E del principe senza il contadino, l’artigiano, il bovaro?
Va bene gloriarsi delle gesta dei condottieri, delle imprese dei signori dell’opera degli intellettuali e artisti di casa nostra. Ma come non tenere conto dell’ <<emancipazione politico-culturale delle minoranze>>, dei ceti più deboli, delle casalinghe, delle massare? E non è Storia anche quella riguardante l’arredamento delle finestre che sono gli occhi della casa, attraverso i quali guardare il mondo che ti circonda, ma, nello stesso tempo, lo specchio dell’interno della casa, che anche l’anonimo viandante può immaginare?
La nascita di un circolo culturale quante discussioni a provocato a Luzzi. Poi , quando è riuscito a muovere i primi passi era già morto; se non è morto prima ancora di nascere. Peppino Russo riesce a far rivivere quasi plasticamente quei travagliati momenti in cui si scontrano l’intellettuale con l’uomo comune, e, poi gli interessi politici più gretti finiscono col prendere il sopravvento. Eppure quanta ricchezza di spirito! Quanta vitalità in quel discutere anche animosamente, scontrandosi magari, in nome di un’idea che è poi quella dell’eterno divenire al quale l’uomo, anche il più semplice, vuole, comunque, partecipare!
E non è Storia quella che riesce a mettere a fuoco la conoscenza, l’intima consapevolezza della propria condizione che il meridionale, l’uomo del Sud, si porta dietro, purtroppo, con fatalismo a volte, ma, al più, con quel pessimismo che spesso, per fortuna, è anche esaltazione delle proprie personali capacità con le quali battersi reagendo ad un destino che non sempre è personificabile – come si vorrebbe – in una deità che ci sovrasta. E la ricerca del riscatto, della liberazione integrale da antiche e nuovi retaggi passa sempre dalla volontà di aggrapparsi al meglio del passato: sia esso impersonificato da uomini o da gesta di uomini . Il valore della Storia a questo punto si fa Universale perché incide profondamente attraverso le vicissitudini di religione, politica, cultura, costume, tradizione, nel presente e prepara il futuro che, anche per Luzzi, Peppino Russo immagina e vuole diverso.
Una piccola comunità, così ricca dell’humus che secoli di vita passata ha lasciato per chi oggi vi trascorre i suoi anni, non può restare chiusa in se stessa. Il rischio che corre è troppo grave e il giudizio della Storia sarebbe troppo pesante: una condanna senza possibilità d’appello.
Il domani, dunque, sarà tanto grande e importante se sapremo ritrovare il solco primigenio.
Il futuro di Luzzi passa attraverso il passato e si chiama ancora, checché se ne possa pensare e dire, Sambucina: un ponte della civiltà antica e quella del Terzo Millennio profetizzato da Gioacchino da Fiore e che ormai si avvicina a grandi passi.
Sapremo essere ancora protagonisti? Dipenderà da noi, da tutti.
Peppino Russo il solco l’ha ritrovato e ciascuno di noi dovrà seguirlo se non vorrà smarrire la strada maestra. Chi prenderà altre vie perderà il suo senso dell’essere Uomo.
di Michele GIOIA