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Antonio LA MARCA

Laureato in Lettere presso l'Università della Calabria nell'a.a. 1979-1980 con 110/110 e lode.
Dal 1986 al 1993 Tecnico Laureato presso il Dipartimento delle Arti - Università della Calabria, sulla cattedra di Storia dell'Architettura. 
Dal 1993 al 1998 Tecnico Laureato sulla cattedra di Archeologia Cristiana.
Dal 1999 ricercatore confermato per il settore scientifico disciplinare L-ANT/07, Archeologia Classica presso il Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti - Università degli Studi della Calabria.
Dal 2002 è docente incaricato di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana per il Corso di Laurea in Scienze Turistiche presso l’Università della Calabria.

Dal 2008 Direttore scientifico della Missione archeologica italiana di Kyme d'Eolide (Turchia) (lettera del 20.05.2008, prot. 89597, del Ministero della Cultura e del Turismo della Repubblica di Turchia).

Questo volume contiene gli Atti della Giornata di Studio sul tema "Archeologia nel territorio di Luzzi: stato della ricerca e prospettive", svoltasi a Luzzi (Cosenza) il 20 maggio 1998. 
Attraverso una serie di contributi specialistici si presentano cosė i risultati di ricerche diverse condotte nella fascia destra della media valle del Crati e del territorio di Luzzi in particolare, alfine di fare il punto della situazione su un comprensorio poco studiato ma ricco di testimonianze antiche. 
Al momento di andare in stampa manca all'appello la relazione presentata da A. Taliano Grasso. Dato che gli Atti escono a pių di tre anni di distanza dalla Giornata di studio, si č ritenuto opportuno, comunque, integrare lo studio del territorio con due nuovi contributi.. il primo di A. Vanzetti e D. Righini su un frammento protostorico rinvenuto in localitā Muricelle, l'altro di Paolo Gallo, con una nota intorno alla Statio di Crater. 
I dati che risultano dal Convegno costituiscono un importante tassello utile per la ricostruzione 
del quadro insediativo del comprensorio preso in esame. La realizzazione dell'incontro di studio e degli Atti congressuali rappresentano un momento positivo del rapporto tra Associazione culturale, Comune, Universitā, e Soprintendenza archeologica che, pur nelle diversitā di compiti e di funzioni, sono riusciti a trovare il modo per una stretta collaborazione in cui la ricerca č finalizzata anche a costituire basi documentarie indispensabili per un efficace impegno di tutela. 
Nell'affidare alle stampe questo lavoro desidero esprimere un ringraziamento, a nome di tutti i soci, al Sindaco, dotto Giuseppe Marchese e all' Amministrazione Comunale di Luzzi, che ha sostenuto le spese del Convegno, e in parte, quelle relative alla pubblicazione degli Atti, per i quali dobbiamo ringraziare anche la Banca di Credito Cooperativo Mediocrati, che da sempre svolge nel nostro territorio un' importante funzione di stimolo per la riscoperta di certi valori, per la crescita e il miglioramento sociale e culturale. 
 

Antonio La Marca

Antonio La Marca (a c. di), Archeologia nel territorio di Luzzi: stato della ricerca e prospettive, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2002, pp. 174, euro 27,00


Quando nasce un essere umano si usa l’espressione “venire alla luce”. Questa espressione è utilizzata durante gli scavi archeologici, ogni volta che affiora, dopo essere stata coperta dalla fitta coltre che il tempo ha prodotto, una cultura antica, città o necropoli che sia. “Venire alla luce” corrisponde a una (ri)nascita. Non sempre i ritrovamenti si connettono a insediamenti consistenti, alle volte si tratta solo di un muro, di una singola tomba, di piccoli manufatti artigianali. L’arduo compito dell’archeologo consiste quindi nel far “parlare le pietre”. 
Arte affascinante quanto difficile, che richiede un amalgama infinita di capacità eterogenee, quali la competenza, la precisione, il senso pratico, la delicatezza, la forza, l’immaginazione e, non ultima, la dedizione. Che sia un monumento gigante o un minuscolo frammento non fa differenza, il tempo dedicato all’analisi e allo studio è il medesimo, perché da un oggetto insignificante, agli occhi di un profano, è possibile rintracciare percorsi storici inaspettati. Il dato archeologico è del resto considerato fonte storica primaria. L’importanza dei prodotti umani cresce ancora di più quando non ci sono altri modi per ricostruire il passato di un luogo. Non è solo il caso delle civiltà prive di scrittura: è capitato sovente, anche in epoca storica, che le fonti scritte abbiano omesso alcune zone, per scarsa importanza o per mancata conoscenza. In questi casi interviene l’archeologia, la scienza atta ad interpretare i manufatti prodotti, conservati, usati, gettati o dimenticati dall’uomo. Il territorio di Luzzi, nella media valle del Crati, corrisponde al modello appena citato. Dimenticata dagli autori antichi, Luzzi sottoterra è una vera e propria “miniera”, il termine è di Giuseppe Marchese, «continuatore contemporaneo di eruditi ottocenteschi» (P. G. Guzzo, p. 23), e adottato da Antonio La Marca, curatore (e autore di un saggio) del volume, nonostante i ritrovamenti siano «legati per lo più alla casualità» (p. 33). La Marca ha sottolineato la frequentazione del sito sin dall’epoca protostorica; la presenza dell’uomo si è protratta in modo continuativo sino al tardo impero romano, periodo, questo, pregno di testimonianze. I ritrovamenti inducono infatti pensare a un inserimento dell’area nel circuito produttivo e facente capo all’orbita romana, la cui espressione più evidente nel territorio dei Bruttii, com’era allora denominata la Calabria, fu il sistema fondiario ed economico delle ville 
rustiche. Di indiscusso fascino è la posizione assunta da alcuni eruditi, che ne riconobbero l’antica Tebe Lucana, ma si tratta solo di un’ipotesi, non suffragata da altri elementi. I dati emersi non consentono ancora di delineare un quadro preciso; sebbene qualche notizia interessante emerga dai corredi funerari, che contraddistinguono lo status del defunto, quando era ancora in vita (per esempio, in località litorali, aghi da rete, ami e pezzi di corde tracciano senz’altro i contorni di un pescatore). Nella necropoli di San Vito (M. Paoletti, pp. 77-89), sita nei dintorni di Luzzi, i corredi funebri hanno restituito materiali, tra cui lucerne, vetri, chiodi, monete, gioielli, bolli laterizi, e delle laminette auree che sono state fonte di dibattito: questi oggetti in qualche modo restituiscono il clima della vita quotidiana, del lavoro, della religione, della società e dei gusti degli abitanti dell’epoca, i cui indizi spingono a supporre di un insediamento rurale. Una sepoltura, la “tomba del chirurgo”, ospitava i resti di un anonimo medico del passato, professione dedotta dalla serie composta da 14 ferri chirurgici, tali strumenti, pinze, bisturi, specilli, sonde, sono incredibilmente simili a quelli odierni. 

La preziosa identità del territorio della valle del Crati 

Una ricerca, accurata e scrupolosa, riporta all’attenzione del pubblico, non solo specialistico, un patrimonio storico d’inestimabile valore 

«Archeologia nel territorio di Luzzi: stato della ricerca e prospettive»  è un volume a cura di Antonio La Marca e offre un importante contributo per l’avanzamento delle conoscenze sul territorio adiacente al corso medio del Crati (fascia destra), tra il fiume Arente a sud e il comprensorio di Bisignano a nord: una zona che, a tutt’oggi, manca di uno specifico studio storico-topografico. 
Per sopperire alle lacune delle fonti letterarie, si è fatto ricorso alle testimonianze archeologiche superstiti che, unite alle ricerche storiche e archivistiche, hanno consentito di aggiungere nuovi tasselli, utili per la ricostruzione della storia antica del territorio. 
Elegante è la veste grafica e tipografica che viene arricchita da una serie di grandi foto a colori, importanti per la comprensione scientifica dei testi e assai gradevoli anche per una fruizione dell’opera da parte di un pubblico più vasto, che vada al di là di quello dei soli studiosi specialisti.

 

Tratto da "Scriptamanent.net" - Rivista di cultura e libri della Rubbettino Editore

Presentazione

Di Umile Francesco Peluso

Lodevole e intelligente fatica questa di Antonio La Marca, che studioso di archeologia, scandaglia e recupera vita e realtà/verità antiche, ma direi di sempre, attraverso o dentro i significati talvolta reconditi di proverbi, massime, sentenze, detti popolari, superstizioni, usanze e culti cerimoniali, come egli stesso avverte nella introduzione.

Luogo storico e sociale, spazio geografico dell'indagine vorrebbe essere, ed è, di fatto, Luzzi, ma in realtà la ricerca del giovane studioso non è per niente un segmento di sapere come potrebbe apparire, perché si lega e collega con note e riferimenti molto attenti, e ricchi, ad una più vasta area del Mezzogiorno, tanto da includere, richiamare, direi necessariamente, e l'intera regione e le finitime Sicilia e Lucania.

Il La Marca tiene l'occhio fisso, nel corso del lavoro, a una "dignità" che sceglie come sua vigile stella, scrivendola nel frontespizio, verità da tempo teoricamente acquisita, ma quanto poco tenuta presente nel vivere e nell'agire quotidiano di semplici e potenti: "Comprendere il presente attraverso il passato" (R. Bianchi Bandinelli).

Oggi, purtroppo, non si coltiva la memoria del passato, i padri devono essere dimenticati, né tantomeno si abbonda in prudenza o si cerca e applica misura; per cui "un Marcel diventa/ ogni villan che parteggiando viene"/, (e per villano vogliamo intendere chi rozzo si mantiene per sua scelta, chè ben sapiente sarebbe Bertoldo se tra noi per miracolo tornasse). Si è proprio spenta la buona razza che di saggezza temperava la corte di Alboino, e un Cacasenno sciocco non manca mai tra noi.

La regola del vivere e del buon governo, quale guida e quanta scienza non potrebbe attingere, oggi, da una summa di proverbi e massime e sentenze come quella che il La Marca mette insieme.

Veramente "la proverbialità è alla base di ogni cultura popolare", e perciò il fondamento primo, più antico decalogo, o di questo remota fonte. I proverbi, sì, "minima moralia" , semi forti di sapere, e scintille contenute nella dura selce. Sviluppati, anzi liberati dal loro involucro, e propagati, semi e "semina flammae", quali mirabili frutti non ci hanno dato dal principio dei tempi a scendere fino a noi diventati ormai più distruttori che creatori di vita!

Tagliate le antiche radici, e ignoranti di esse, crediamo di dominare il mondo che in realtà devastiamo, solo perché serviti da macchine senz'anima. E che altro diventati se non bestioni-bambini? Sicché ben ci si attaglia la frase di Cicerone dal La Marca riportata a luce e commento anticipato della seconda parte del saggio: "Ignorare ciò che è stato significa restare per sempre bambini" : un tempo fisso, morto, senza età successive di fantasia e ragione, il prezzo che paghiamo per un consumismo che ci ha divorato l'anima, e che divora cielo e terra, con gli squarci/buchi sterminati nell'aria che ci avvolge, proprio "senza tempo tinta", e con lo sterminio di foreste e specie viventi.

Leggere, perciò, le pagine del saggio del La Marca non è solo divertimento/gaudio del cuore e della mente, è anche, e più, come un ritorno nel grembo della comune storia collettiva e insieme individuale, antichissima, di tempi perduti, e così ritrovati; è risentire il calore del focolare, dell'infanzia dorata, che intorno a quel sacro fuoco familiare, dalle favole della nonna suggeva miele e conoscenza, amore e pietà.

Proverbi, dicevo, come semi forti e "semina flammae"  da conservare dentro e far germogliare/sprizzare all'occorrenza, secondo i bisogni nel corso del nostro vivere. Lungo questo ideale cammino, di pietre miliari del sapere primo antico, e perenne, han camminato popoli, stirpi, individui, conservandosi vivi e operosi, con speranze e religioso sentire, pur nell'avvicendarsi di regni e imperi sterminatori/sterminati. Ne troviamo traccia nel corso di epoche remotissime, dal Medio Oriente mesopotamico all'Egitto, dai popoli chiusi nelle foreste ai solitari abitatori delle terre gelide, agli imperborei, per non dire di Persiani, Greci, Romani che di storia ne hanno costruita e vissuta tanta!

Né poteva mancare un libro di proverbi nella Bibbia, di Salomone e di altri; libro che si apre con i temi della sapienza, del discernimento e della capacità/necessità di pensare.

Ahinoi quale richiamo! "Chi ama la disciplina ama la conoscenza" (Proverbi, 12,1), è certamente massima che al tempo che viviamo non si addice. Lo spreco ci è regola, e la sregolatezza madre; spreco e sregolatezza che più uccidono cuore e mente.

Ma mi piace riportare a conclusione dello scritto che non vuole essere un "ghirighizzo", la frase di Plutarco sul valore dei proverbi: "I proverbi sono simili ai misteri sacri... tanti nobili ammaestramenti possono dare quei motti spesso disadorni".

L'accostamento che Plutarco fa dei proverbi ai misteri sacri è assai significativo, e ci dice con quale/quanta attenzione debbano essere considerati racchiudendo essi profonde/divine verità.

Ho voluto insistere sui proverbi, ma il libro del La Marca è, come dicevo, più ricco di temi, riconducibili comunque alla scienza popolare. L'attento lettore saprà ben valutare, e trovare, purché "cerchi" il volume con amore; direi con lo stesso amore con il quale è stato scritto ed offerto dell'autore che si accomiata con l'invito dantesco "messo t'ho innanzi: omai per te ti ciba".

 

CANTI POPOLARI

E' assai difficile dire quali e quanti dei canti luzzesi siano autenticamente nostri.

Forse sono pochi quelli che possono dirsi nati nel nostro paese in tempi remoti.

Molti dei canti luzzesi e, in genere, quelli che si cantano in Calabria, sono siciliani o napoletani, modificati in parte, dalla fonetica, o creati da noi sullo stampo siciliano o napoletano.

Con la costruzione del gruppo folkloristico "I briganti calabresi" Tonino Montalto, con gli altri componenti il gruppo, si è impegnato a ricercare canti popolari, disseppellendo frammenti di un mondo che andava lentamente scomparendo.

Gli argomenti di questi canti hanno spesso lo stesso tema: l'amore, la gelosia, la morte. La donna, in genere, è sempre al centro di questi canti.

A Tonino Montalto va un vivo ringraziamento per avermi dato la possibilità di pubblicare questi canti.

di Antonio La Marca ""Attualità del passato" pp. 70-79

Gioia Ninnella

Tiegnu 'na vutta di meli,

la fazzu a caramelli

tutti li donni belli

li vuogliu abbilinà

e ccu zuccaru ti vòrra

e ti vòrra abbilinàri

gioia ninnella

quantu si' bella!

e ru sacciu ca di zuccaru

e di zuccaru 'un si mori,

e gioia ninnella

quantu si' bella.

Canzuni a rampugna

Di 'na brunetta iju m'innammurai

chira chi s'ha pigliatu lu cori mja

ca si l'ha pigliatu e nnu'mmi lu vo' dari

ca vo' amata ccu tuttu lu cori

sa cosa iju la fazzu judicari

si 'n'arma ci pò sta(ri) senza lu cori

si li genti dicu' si ca ci pò stari

iju ti dignu l'arma e tuttu 'u cori

sciuoglimi 'sa catina ca mi taglia

sciuoglimi  nu' mmi puozzu cchju' di tja

Rosa, Rosetta quantu fosti bella

Rosa, nun canciasti mai culuri

ca si chjantata 'mmienzu a duvi spinelli

ppi' ti chiamari giardinu d'amuri

vjatu chi ti cogli, Rosa beddra,

vjatu chi ti godi 'u primu uduri

la vulerra aviri 'sa sciorta beddra

ppi'nni gudìri insiemi tutt'i duva

Jiri minni vorra in funtanella

Duvi vannu li donni a si lavari

pigliari mi la vorra la cchju beddra

avanti 'u palazzu la vorra purtari

Li ganti chi la vju tantu beddra

duvi l'ha 'fatta 'sa caccia riali

l'ha fatta aru boscu di favella

duvi la nivi nun si squaglia mai.

Bambinella d'amore

Chi bella vuccuzza che hai

e tu che ne fai e dammila a me

ohi bambinella, ohi bambinella d'amore

chi bella facciuzza che hai

e tu che ne fai e dammila a me

ohi bambinella, ohi bambinella d'amore

chi belli manuzzi che hai

e tu che ne fai e dammila a me

ohi bambinella, ohi bambinella d'amore

chi belli occhiuzzi che hai

e tu che ne fai e dammila a me

ohi bambinella, ohi bambinella d'amore

chi bellu nasiddru che hai

e tu che ne fai e dammila a me

ohi bambinella, ohi bambinella d'amore (etc.)

 LUZZI E DINTORNI

Catalogo della mostra fotografica di Luigi Curti 

                                            

A cura di Antonio La Marca

"Luzzi e dintorni" è il titolo del catalogo di una mostra fotografica
I magici scatti di Luigi Curti 
Il sindaco D'Angelo: «Aperto un nuovo tracciato di vita culturale»

LUZZI - Sedici pannelli ricchi di meravigliose, suggestive ed emozionanti foto sulla cittadina luzzese e le sue finestre, i suoi torrenti, i mulini, le chiese, i monumenti, i miti, le leggende, i portici.

E' quanto racchiude il catalogo della mostra fotografica di Luigi Curti "Luzzi e dintorni". Mostra che nel settembre del 2003 "riuscì a toccare le corde della sensibilità della popolazione evidenzia il sindaco Gianfranco D'Angelo nella presentazione  e a contribuire ad aprire un nuovo tracciato di forte linfa vitale, culturale e sociale".

Un interessante lavoro di ricerca del bravo fotografo luzzese, dunque, che da oltre trent'anni ferma con il suo obiettivo il tempo ed immortala la realtà della comunità. "Un inno alle bellezze di Luzzi, alla sua flora, ai suoi paesaggi, alle tradizioni, alle architetture, ai monumenti evidenzia il presidente dell'associazione "Insieme per Luzzi", Antonio La Marca  ma nello stesso tempo, il lavoro di Curti rappresenta anche una denuncia, un campanello d'allarme, quasi un grido di dolore per quello che non c'è, per quello che è stato distrutto, per quanto viene ancora oggi trascurato e abbandonato".


Il sodalizio culturale ha ritenuto, quindi, di pubblicizzare nella maniera migliore le foto di Luigi Curti, inserendo ad ogni pannello anche un commento scritto. Un'opera collettiva caratterizzata anche da diversità di stile intellettuale e di consistenza critica. "Tutti contributi, però, sono assimilati da un leit motiv spiega La Marca che si ripete costantemente: la consapevolezza della poca attenzione verso i monumenti della nostra cittadina, lo scarso senso civico, il poco impegno per la conservazione dei propri beni e della propria identità sociale e culturale, la negligenza nel non saper valorizzare il nostro grande patrimonio storico-artistico".

Per il presidente di "Insieme per Luzzi" anche una raccolta di fotografie "può riuscire a farci viaggiare con la fantasia e a contribuire a sensibilizzare l'opinione pubblica ad un maggiore impegno per la tutela del patrimonio culturale della cittadina.


La prospettiva del volume, infatti, è proprio quella di far riflettere sulle memorie luzzesi".

Il catalogo "Luzzi e dintorni", in elegante veste tipografica e realizzato grazie all'impegno delle associazioni "Insieme per Luzzi" e "Il Viaggio Onlus" ed al sostegno del Comune di Luzzi e della Bcc Mediocrati, è stato presentato nei giorni scorsi nel gremito salone di rappresentanza di "Palazzo Vivacqua".


Un altro lavoro di particolare importanza, dunque, di cui si arricchisce il patrimonio locale e che mira alla conoscenza e alla valorizzazione dei beni culturali di cui è ricca la cittadina cratense. 

Roberto Galasso

Ideati come agevole strumento di consultazione, per tutti coloro i quali sono interessati alla riscoperta della storia e delle tradizioni luzzesi, i Quaderni dell'associazione culturale "Insieme per Luzzi" ospitano temi che abbracciano diverse aree d'intervento, con titoli che spaziano dalla storia all'archeologia, dai monumenti architettonici alle ricerche archivistiche e ai lavori di natura demo-antropologica. 
La ricerca che qui viene presentata ha come unico oggetto di studio i soprannomi e i blasoni popolari registrati a Luzzi. Pur se trattasi di un'indagine locale, l'interesse per questo lavoro, secondo la concezione crociana della storia, può rispecchiare tutta la provincia cosentina e la Calabria intera, perché la materia s'inquadra nel contesto più ampio della regione, e, se vogliamo, dell'Italia tutta. 
Il soprannome è un appellativo, un aggettivo, un sostantivo o una locuzione che si aggiunge al nome di una persona per esaltarne le doti, o, anche prenderla in giro, o per ingiuriarla, facendo riferimento ad una sua qualità particolare o una sua caratteristica fisica. 
L'uso del soprannome, in genere, è una caratteristica tipica del mondo provinciale, della cultura paesana, anche se nelle grandi città, fra i giovani, è stato sempre di moda chiamare i coetanei con epiteti scherzosi. 
Il nuovo sistema di vita della società moderna e post- moderna, porta avanti un processo di massifìcazione e omologazione culturale, che inevitabilmente tende a far scomparire il soprannome, come del resto anche il dialetto e con esso quelle forme espressive particolari che gli erano proprie. 
Nella pratica linguistica contemporanea sono state coniate nuove espressioni connesse al fatto gergale: lo slogan, il linguaggio di fabbrica, il messaggio della pubblicità, ecc. Il nuovo costume di vita ha trasformato la lingua, ha cambiato le abitudini, i costumi, le consuetudini; ancora oggi, però, l'uso del soprannome, pur se diminuito, continua ad avere una sua funzione, specie nei paesi del Meridione. 
In questo V Quaderno quello che viene proposto è essenzialmente un lavoro di recupero delle nostre radici, e ciò si confa alla natura stessa dell'Associazione culturale "Insieme per Luzzi", che ha tra i suoi scopi precipui la continua ricerca dell'identità culturale, senza la quale una comunità non sarà mai in grado di gestire organicamente il proprio presente e programmare responsabilmente il proprio futuro. 
La ormai spenta capacità delle nuove generazioni di trasmettere oralmente la memoria storica rischia di far scomparire per sempre un ricco patrimonio culturale tramandatoci da centinaia di anni. 
Una caratterizzazione di questo tipo della collana dei Quaderni, noi crediamo che presenti il grande vantaggio di sfruttare testimonianze dirette, per poi inserirle, in maniera chiara, semplice, ma anche scientifica, nel grande mosaico che bisogna completare per avere una conoscenza della storia totale della nostra cittadina. 
Il successo di questa formula, però, potrà essere duraturo solo se studiosi e ricercatori aderiranno all'invito che la Redazione rivolge loro, per una collaborazione fattiva di persone animate dal desiderio di tramandare alle future generazioni testimonianze delle loro radici. 
 

Antonio La Marca

Presidente di "Insieme per Luzzi"

INDICE DEGLI AUTORI

PETRARIZZO di Gerardina Pepe

VIA ROMA di Rosario Pingitore

RIONE “MANCO” o “RUMMANCO” di Roberto Galasso

AVANTI ‘U PALAZZU di Beniamino Dima

AVANTI SANTA MARIA di Antonio La Marca

PALAZZO DEL PRINCIPE di Jessica Ciardullo

‘A JISTERNA di Peppino Russo

‘U PIDALI di Patrizia Altomare

CAPPELLA DI SANTA LIBERATA di Pasquale Russo

‘U SPITÀLI di Gerardo Gallo

‘U MUNDU di Camillo D’Orrico

‘A PETRA CHIATTA di Francesco Dima

SANTA VENERE di Umile Montallto

‘A CHIAZZA di Salvatore Corchiola

‘A FIRRIATA ‘I ZU’ MONACU di Gerardo Gallo

‘A FUNTANA DA’ PUÒMPULA di Battista Altomare

VIA SAN GIUSEPPE di Natalia Zanfino

‘U GRANATIÈDDRU (GOCCE DI MEMORIA) di Eugenio Marchese

PALAZZO VIVACQUA di Camillo D’Orrico

‘U TIMPÙNI di Michele Russo

I VECCHI RIONI DI LUZZI di Camillo D’Orrico

PIAZZA KENNEDY di Manfredo Tedesco

‘U CARIVÀNIU (MEMORIE RECUPERATE) di Franco Papaianni

I CASI POPOLARI di Filippo Giorno

‘A SAVÙCA (‘I PESCIOLINI) di Giuseppe De Bonis

‘U RISTINGIU di Maria Carmela Russo

‘I CAPPUCCINI di Suor Giancarla Dima

‘I PIGNI di Dante Girardi

LA MADONNA DELLA CAVA di Giuseppe Brogno

‘U DEPOSITU di Gerardo Gallo

CHITIRÀNU di Francesco D’Andrea

PETRINE di Luigi D’Acri

VILLA DE’ PRINCIPI (PETRINE) di Luciano Durante

TORRE MALIZIA di Emilio Arnieri

TIMPARELLO di Roberto Bevacqua

LA SAMBUCINA di Antonio La Marca

CIVITA di Maria Caputo

CERACÒ di Luciano Durante

IL MULINO DI CERACÒ di Franco Dima

CIRIOLI di Adelina Giorno

‘U DIPULÀTU (BREVE STORIA DEL BRIGANTAGGIO) di Claudio Cortese

LA MALEDIZIONE DEL BEATO ANGELO DI ACRI di Umile Francesco Peluso

‘A PETRA MAJURA di Silvio La Marca

‘U POSTÀLI (IL PULLMAN DEGLI STUDENTI) di Francesco Dima

SABATO SANTO A LUZZI di Francesco Dima

LA FIERA DI SAN VITO di Michele Gioia

LA BANDA MUSICALE “GIUSEPPE VERDI” di Antonio Pepe

PENSIONATI DI LUZZI: REALTÀ VIVA E OPERANTE di Claudio Cortese

BREVE STORIA DELLA BCC MEDIOCRATI di Nicola Paldino

Luzzi - Sulle tracce della memoria tra storia e leggenda.

A cura di

Antonio La Marca

Salvatore Corchiola

Presentazione

 

“Solo la consapevolezza del passato consente di progettare il futuro

e di compiere, com’è nostro dovere di cittadini,

le scelte che il presente ci impone”.

SALVATORE SETTIS

Di Antonio LA MARCA

Delegato alla Cultura del Comune di Luzzi

 

     L’idea di questo libro è nata in occasione di uno dei tanti incontri avuti con i membri della Commissione toponomastica, presieduta dal sottoscritto, dove si è pensato ad una raccolta di memorie legate ai toponimi da far raccontare un po’ a tutti coloro che avevano la voglia e la capacità di mettersi in discussione, di esporsi alla critica.

     Se oggi questo lavoro vede la luce grande merito va sicuramente a Salvatore Corchiola, che con la sua caparbietà, col suo costante incitamento è riuscito a coinvolgere in questa operazione ben quaranta “autori”.

     Sono convinto che anche una ricerca dei toponimi può, in realtà, essere una vera e propria storia del paese, perché i toponimi che cambiano nel tempo lasciano tracce, sono testimoni di un mondo che è in evoluzione, che si trasforma; pertanto questo segno linguistico ci aiuta a ricostruire le vicende umane che sono legate ai luoghi citati. Ogni toponimo rappresenta un momento di vita vissuta per una, due, a volte più generazioni. Alcuni toponimi durano solo poco tempo e vengono poi sostituiti da altri che entrano nell’immaginario collettivo e poi possono ancora cambiare con lo sviluppo urbanistico e sociale di una comunità.

     Con questo lavoro abbiamo inteso raccontare ai nostri concittadini, e non solo a loro, con un linguaggio semplice, una storia, o meglio tante storie particolari della nostra Luzzi.

     Una volta, quando i ritmi della vita erano lenti, quando la nostra esistenza si concentrava in un solo luogo, tutti i nostri spazi, i nostri interessi erano legati a quel luogo, a quei suoni, a quelle musiche, a quei sapori. Oggi tutto è cambiato… tutto si brucia in poco tempo e anche la memoria ha “difficoltà a ricordare”.

     trattandosi di un’opera collettiva, dove sono intervenute mani diverse, è inevitabile che vi sia anche diversità di stile intellettuale e di consistenza critica.

     Tutti i contributi, però, sono assimilati da un comune denominatore: la grande voglia di contribuire a ritrovare le proprie radici, la propria storia, le proprie sensazioni verso un paese che sta cambiando e che possiamo rivivere, o meglio immaginare, attraverso la storia legata ai toponimi, così da poter ritrovare la nostra memoria storica, le nostre radici.

     E’ forse il caso di sottolineare che trattandosi di toponimi ci si aspetterebbe un lavoro principalmente di ‘scavi’ d’archivio per spiegare i vari nimi; in questa operazione si è però voluto dare vita soprattutto ad un’azione collettiva di ‘scavo’ nella memoria. Uno ‘scavo’, si potrebbe dire, negli archivi personali, fotografi e memorialistici, di cui a Luzzi è nato, di chi è rimasto sempre e di chi è andato lontano, di chi è tornato per ridare valore al luogo di origine e per ritrovare un’identità perduta, smarrita.

     In tanti, dicevo sopra, hanno partecipato, di generazioni anche anagraficamente molto distanti, dimostrando un forte senso di appartenenza e una vera frenesia a scavare, a ritrovare le radici e conservare i luoghi e le cose, il senso del tempo.

     Sono stati sviluppati quarantanove temi, legati alla storia dei nostri rioni, dei nostri quartieri, delle nostre contrade, alla leggenda dei luoghi, in sintesi alla storia della nostra cittadina. Ogni autore ha dato il suo contributo, in base alla propria esperienza personale, alla propria capacità a raccontare o a saper chiedere, a recuperare dalla voce di chi ha vissuto certe esperienze, certe storie legate a un nome, a una contrada, a un rione, a una vita.

     Le notizie sono arricchite da numerose foto inedite; anche questa è stata un’operazione importante, che ci ha permesso  di recuperare immagini forse ormai perdute.

     Ringraziamo tutti coloro che hanno risposto al nostro invito; ringraziamo anche chi, per varie ragioni, non ha potuto entrare a far parte di questa ‘grande famiglia’, che ha dimostrato prima di tutto, grande attaccamento alla storia, alle tradizioni della nostra cittadina.

     Questa operazione culturale ha sicuramente evidenziato il ruolo che ogni Amministrazione deve avere: trovare nel passato energia ed entusiasmo per operare bene nel presente e costruire un futuro migliore per la propria comunità.

Prefazione

“Noi siamo aperti alla possibilità che il senso e il significato

sorgano soltanto nell’uomo e nella storia.

Ma non nell’uomo singolo”.

WILHELM DILTHEY

Di Salvatore CORCHIOLA

Luzzi, gennaio 2015

 

 

      Quando l’amico Antonio La Marca, appassionatamente impegnato sul fronte della tutela e dalla valorizzazione dei beni culturali, mi ha proposto il compito di affiancarlo per cercare di riannodare i fili della nostra memoria storica, ho accettato volentieri, in virtù di un comune sentire.

     Mi sono reso partecipe da subito cercando di agire sul tessuto cittadino in maniera totalmente  trasparente. E in assoluta libertà! E l’ho fatto con quella interezza che mi ha sempre accompagnato in tutte le cose che ogni volta mi hanno toccato da vicino. E ho scoperto una realtà umana, quasi nascosta che rende pieno di vita questo nostro paese.

     Mi sono lasciato ‘interrogare’, creando, a vicenda, l’attenzione e l’ascolto: dell’interrogante ho assorbito i suggerimenti, che sono diventati il lievito segreto. Una cosa pare certa: molti si sono resi disponibili, con entusiasmo crescente. Naturalmente, in queste cose – come diceva Leo Longanesi – “c’è un appello al quale molti rispondono senza essere chiamati”.

     È vero, - sento il bisogno di dirlo in tutta semplicità e franchezza – abbiamo dato a tutti la possibilità di partecipare a questo esercizio della memoria, che a me pare di non essere un piacere isolato, riservato a noi stessi, ma un rapporto con l’altro, con gli altri. E ciascuno ha preso la penna e ha scritto, dando voce al suo modo di sentire più ancora che di pensare.

     Come dice Socrate, si è trattato di ‘srotolare’ il proprio sentire, risvegliando l’attenzione e l’interesse verso una serie d’itinerari che toccano i vicoli, le vie, le piazze, le contrade, i rioni, e personaggi che li hanno animati, con le loro tradizioni, leggende e curiosità. E oggi tutta questa rappresentazione sfila davanti ai nostri occhi come in una pellicola di un film al rallentatore.

     Un ‘libro’ diverso, questo, che invita a cercare l’identità, il sentimento di appartenenza con il passato, che ci segue in ogni momento.

     “La storia non è altro che una interrogazione del passato in nome… del presente che investe e ci circonda. Più di ogni altra sfera umana, la storia non cessa di raccontarsi, di rivivere se stessa. Essere stati è una condizione di essere”*.

     Sebbene la linea di ricerca talora vada in direzioni molto distanti, non va escluso che il ‘percorso’ sia servito come un elemento di aggregazione, di unione.

     Attraverso un viaggio a ritroso, con gli Amici siamo giunti all’appuntamento. E sappiamo di non avere speso invano il nostro tempo!

     Il principio che ha mosso l’idea non è stato quello di fare una ‘aggiunta’, ma integrare ‘conoscenze’ annodare sottilissimi e invisibili fili della nostra memoria storica per recuperare le comuni nostre radici.

     Abbiamo cercato, il più semplicemente possibile di far conoscere, e più da vicino, il patrimonio comune, che nella sua parola si riconosce e si ricongiunge. Lo abbiamo fatto con la consapevolezza di tutti i rischi e i limiti delle ipotesi interpretative di cui ognuno è responsabile e nell’integrità morale e unità di coscienza. È, anche questo, il valore precipuo di questo prezioso volume, fatto di parole e immagini che ci accompagnano dentro le cose appartenenti all’identità di ognuno di noi.

     In tutte le parti, pur nella loro diversità di contenuto e di registri, si avverte il senso del fluire del tempo, del profondo mutamento avvenuto.

     Nasce così questo libro. Esso è il frutto di un paziente ‘scavo’, un pregevole lavoro di ricerca, nato dal contributo di tanti luzzesi appartenenti a differenti generazioni ed esperienze culturali, che in queste pagine per un verso o per l’altro fanno sentire l’eco di ieri e di oggi, anche con il sussidio di immagini che ci fanno scorgere le profonde trasformazioni avvenute.

     È la testimonianza di quanti, accumunati dalla medesima aspettazione, auspicano che questo lavoro, scritto a più mani, nato da un’affinità di interessi, rappresenti uno strumento per alimentare la memoria e mantenere viva una identità collettiva, che porta il nome di Luzzi. Il nostro loco natio.

     E possa questo strumento continuare il momento presente e avere un fine più ampio, anche per quanto qua e là, con quel briciolo di umanità che ancora alberga dentro di noi, abbiamo fatto immaginare e sognare!

 

     *F. Braudel, Il Mediterraneo, Newton &Compton Editori, Roma 2002, p.24

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