Parroco Michele Campise
Mi sembrava giusto ricordare un uomo che a Luzzi ha fatto tanto per le donne. Nel 1918, subito dopo la prima guerra mondiale, il parroco don Michele Campise avviò con l'aiuto delle suore Piccole Operaie una decisa opera assistenziale per vedove ed orfane. Queste grazie a don Campise trovarono dignità e cure amorevoli nel ricovero dell'ex convento dei cappuccini, chiuso a causa dei francesi e riaperto dopo circa cento anni di abbandono. A queste donne, salvate dalla miseria e dall'indigenza più nera, fu insegnato anche a cucire, a ricamare, a cucinare, a realizzare candele, le ostie per la messa, ad essere dunque nuovamente persone...
di Claudio Cortese
Presentazione
Plaudo all’iniziativa di far ristampare questo libro di Mons. Michele Campise, Sacerdote e letterato illustre di Luzzi.
E’ opera meritoria, in questa fausta ricorrenza del 250° Anniversario della traslazione delle sacre spoglie di S. Aurelia Marcia da Roma a Luzzi, avvenuta nel 1744, per benevolenza e amore del Cardinale Giuseppe Firrao verso la sua terra natale. E’ un impegno tra i più significativi nel programma delle celebrazioni dell’Anno Aureliano, che vede impegnata la città di Luzzi nelle sue componenti socio-culturali-ecclesiali.
Molti, anche negli altri paesi in cui è viva la devozione alla Santa Martire, avranno così la possibilità di conoscere e amare questa singolare figura di giovane donna, testimone della fede, per tramandarne nel tempo la memoria ed il culto.
Pur se scritto secondo i tipici schemi dell’agiografia cristiana dei primi secoli della Chiesa, più devozionale che storico-scientifico, sarà ugualmente un valido strumento di edificazione e di educazione ai valori umani e cristiani.
Ne suggerisco la lettura, magari guidata, soprattutto ai giovani, perché, alla luce di validi modelli di vita e non dei vani miti di oggi, possano fondare un futuro ricco di valori autentici, cioè di ideali costruttivi di amore, solidarietà, pace.
E’ singolare e provvidenziale anche la coincidenza con la celebrazione del Sinodo diocesano che concluderanno il 24 Settembre di quest’anno 1994.
Questi due eventi siano per Luzzi un anno di grazia e di rinascita spirituale! Lavoriamo insieme nella Chiesa, con S. Aurelia, per la Civiltà dell’Amore.
Cosenza, 5/7/1994
Mons. Dino Trabalzini
Arcivescovo di Cosenza – Bisignano
Prefazione
Nel dare alle stampe questo umile lavoretto non mi ha spinto certamente la vanità di fare sfoggio di sapere: me ne sarei guardato bene, conoscendo purtroppo le mie povere forze. Scopo principalissimo adunque fu proprio quello di rendere più esteso il culto alla Santa, e di dare un più solido fondamento a quella devozione che i nostri buoni calabresi hanno verso si nobili ed eccelsa Verginella S. Aurelia Marcia. E’ mia intenzione anche di rendere più palesi i grandi e numerosi portenti che Iddio operò pel tramite di questa Martire gloriosa; portenti che fin’ora quasi sconosciuti, sebbene il nome di Lei andasse per le bocche di tutti; e sebbene anche oggidì fossero pur vivissime la memoria e la devozione di una Santa cisì insigne e prodigiosa.
Nel corso degli anni, dopo la traslazione del prezioso Corpo, qui a Luzzi, si dissero dal popolo molte cose che valsero a presentare la Santa avvolta nel velo della leggenda. Alcune cose s’inventarono di sana pianta: altre si travisarono, giacché pochissimi documenti scritti ci vennero tramandati.
Molti e molti mi chiedevano la vita della Santa, o meglio notizie scritte intorno a Lei. Come fare? Il mio desiderio di porre a ciò un rimedio sarebbe rimasto forse sterile per le molte difficoltà incontrate e per diverse occupazioni del mio Ministero, se non fosse giunta l’occasione della riapertura della Cappella della Martire gloriosa: fu allora un vero risveglio di fede, specie pei numerosi portenti avvenuti!... Tutto ciò mi fu di sprone ad approfittare dei ritagli di tempo e cui pensai di cominciare a scrivere il presente lavoretto, sia per continuare a diffondere maggiormente il culto, sia per dare notizie alquanto precise e più verosimili e così sfatare le diverse leggende del popolino, e soprattutto per far conoscere ai devoti quanto Ella soffrisse per amore di Gesù Cristo.
Tali notizie le presento al pubblico quali mi vennero tramandate dalla vera e sana tradizione e dei pochi documenti scritti. Ho fatto di tutto per meglio riuscire nell’intento, succhiando, come l’ape industriosa, in diversi e valorosi autori, specie di archeologia sacra.
La prima parte adunque l’ho guardata dal lato storico-archeologico, facendone così scaturire una esatta idea di S. Aurelia, del suo sepolcro, del rinvenimento del suo Corpo, della iscrizione che ne copriva il loculo, e dei simboli.
Nella seconda parte ho cercato di sviluppare, come meglio ho potuto, la canzonetta in stampa, che da epoca immemorabile si canta nel novenario che precede la festività del giorno anniversario del Martirio, 11 luglio, poiché tale canzonetta è ritenuta da tutti come un antico monumento in ordine alla vita della cara Santa. E tutto ciò ho fatto nella speranza sempre che questi cenni possano essere letti con qualche utilità spirituale, specialmente dal popolo.
Nella terza parte poi non ho fatto altro che riordinare tutte quelle notizie storiche, riguardanti direttamente il culto dopo la traslazione del prezioso Corpo a Luzzi.
Segue in ultimo un’appendice di pratiche divote intente sempre allo svolgimento del culto di questa eccelsa Eroina.
Possa così ravvisarsi la devozione, e possa altresì diffondersi quell’entusiasmo di fede verso di Lei, per i paesi vicini e lontani, come nei primi anni della sua beata venuta.
Qod potui feci; faciant meliora potentes.
Parr. Michele Campise
Don Michele Campise
Luzzi 14 ottobre 1879 + Luzzi 10 aprile 1949
Suole paragonarsi la vita dell’uomo ad un fiore se giovane, o ad un albero se raggiunta la maturità. Per don Michele Campise, la sua vita può paragonarsi all’albero d’ulivo che è cibo, che è luce, che è gloria, che è fuoco.
Don Campise è stato cibo: per i poveri, i diseredati del paese, le orfanelle della Pia Casa S. Antonio, i vecchi abbandonati del Piccolo Ritrovo.
Don Campise è stato luce: per gli uomini maturi di Luzzi, professionisti, artigiani, emigrati, sacerdoti; la maggior parte di loro, se oggi ha una posizione o una via sicura tracciata da percorrere, o un ideale raggiunto, è opera di quest’anima di sacerdote sano e prudente, dal consiglio sempre illuminato.
Don Michele Campise è gloria del tempio di Dio: nella chiesa di San Giuseppe, dove fu parroco, le mura, gli ornati, gli arredi, portano il suo nome; ed ogni pietra sa il sudore e la costanza di anni ed anni, senza riposo. Don Campise è gloria del paese, perché se oggi Luzzi ha una chiesa che gareggia con le prime della Diocesi e della Provincia, va attribuito al suo gusto artistico, al suo ardente attaccamento alla Casa del Signore, che è ardore ed attaccamento dei Santi.
Don Michele è stato fuoco di carità ed entusiasmo.
Perenne resterà l’opera di questo sacerdote, perché respira l’aria della grazia ed è illuminata dal sole che è Cristo.
Nella parrocchia, ove governò Pastore per quarantatré anni, con l’istituzione della compagnia di San Giuseppe, seppe attrarre a sé la gioventù; ed attraverso la pia opera di suffragio, lo splendore dei festeggiamenti a S. Giuseppe e particolarmente alla gloriosa martire Aurelia Marcia – di cui zelò il culto in varie Diocesi e la ricostruzione della particolare Cappella – operò la santificazione delle anime alle sue cure affidate. Predicazione della parola di Dio, scuole fiorenti di catechismo e splendide gare, Comunioni generali, imponenti processioni, manifestazioni di culto, ebbero in lui il potente organizzatore senza riscontro nella storia della Parrocchia.
Egli si radicò presso queste sante mura come l’ulivo che <<soffre, ma cresce>>.
E non bastò lo stretto campo parrocchiale agli ardori di don Campise. Tra i ruderi e gli sterpi della collina dei Cappuccini mise ancora radici.
S’incontrò con due anime sante, L’Arciprete Francesco Maria Greco di Acri e la serva di Dio Suor Teresa De Vincenti, Fondatrice e Superiora Generale delle “Piccole Operaie dei Sacri Cuori”, comprese e fu compreso. Le creazioni di questi tre spiriti si concretizzano nel tempo in un amore senza limiti verso gli orfani ed i poveri: Orfanotrofio, Asilo, Ricovero.
E ancora, nei suoi dolori, minato da un male tiranno, ha pensato ai poveri di Gesù Cristo, raccolto fondi, scritto di proprio pugno o dettato lettere per il Vescovo, per la Madre Generale Suor Divino Amore, per gli emigrati luzzesi: si preoccupò per l’arredamento, per le industrie a sostegno delle opere viventi e di quelle che sorgeranno.
Una delle caratteristiche – la prima forse – di questo sacerdote è stata l’essere “un piacere sempre pronto, un giudice di perdono”: caratteristica che si prodigò nell’ombra, non vista ed a volte non creduta, ma viva ad ogni nuovo momento più che mai. Entrò nelle case per dire “pace” lì dove regna il dissidio; salì le scale per portare l’ordine ove spadroneggiava l’inquietudine, la luce di un consiglio fugando l’abbandono e la disperazione, spaccava la durezza dei cuori e vi effondeva nelle piaghe il balsamo della mitezza.
La sua vita può paragonarsi davvero all’albero dell’ulivo: forte ed eterno come il messaggio di pace che ci ha lasciato.
(Testo tratto da “Sacerdoti Nostri” di Mons. Francesco Ceraldi)