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Giuseppe Cosenza nacque a Luzzi il 17 sett. 1846 da Carmela Santagata e Raffaele Cosenza.

(Luzzi 1846 - New York 1922)

Joseph Cosenza was born in Luzzi on the 17th of September 1846

by Carmela Santagata and Raffaele Cosenza. (Luzzi 1846 - New York 1922)

Marina con barche, 1882, olio su tela,
cm 60x39,5
Veduta della costiera amalfitana, 1887, olio su tela, cm 49x76

A tre anni perdette la madre e a 7 il padre. Rimasto orfano, fu allevato dalla nonna, Angela Colletta, che lo mise in bottega presso il sarto Nicola Amoroso. Il ragazzo invece d'imparare il mestiere si dilettava a disegnare col gesso sulla stoffa tanto che il maestro lo mandò via subito. La povera nonna, quasi disperata, lo collocò nella bottega del falegname, Luigi Pellicorio, ma anche questa volta, invece di piallare, scolpiva nel legno altarini e santi. Di nuovo fu licenziato sicchè, essendo stato sgridato aspramente dalla nonna, se ne scappò di casa e andò garzoncello del Sig. D. Alfonso Alfano, che lo mise a guardare le sue pecore nel fondo Mangiabove. Novello Giotto, mentre le pecore ruzzavano nei prati, egli disegnava, continuamente sulle pietre del Gidora, che venivano allisciate da lui con rara maestria. Spesso impastava creta per trarne figurine di animali, piante e santi!

D. Alfonso, sensibile a questa provata e forte vocazione del ragazzo volle sperimentare le sue reali attitudini e lo sollecitò ad eseguire il suo ritratto a olio. Il garzoncello Cosenza non si mostrò restio all'invito. Dopo aver pre- parato, come meglio seppe, tela, colori e pennello ritrasse, in questo primo cimento, il suo padrone Alfano con naturalezza sorprendente (I ).

Capitato a Luzzi nel 1853 il pittore Giovanni Santoro,avendo vista l’effige dell'Alfano, notò la tecnica spontanea del ragazzo e fu felice di prenderlo con sè ed istradarlo meglio nella composizione dei colori e nel maneggio del  pennello. Il Cosenza, apprese queste fondamentali nozioni, superò subito il maestro e cominciò a dare segni sicuri della sua arte.

Quando il Santoro si allontanò da Luzzi, il discepolo si mise a guadagnare il pane decorando le stanze dei signori locali, dipingendo quadri nelle Chiese di Luzzi finchè D. Luigi Barberio, dopo avergli fatto decorare la sua casina

« Monachelle » , lo condusse a Cosenza per fargli abbellire, sfarzosamente, il suo vasto palazzo.

In tale occasione dipinse anche, con perizia, su una grandiosa tela il Barberio in atto di tribuno! I parenti del Barberio, residenti in Napoli, scesi in Cosenza, apprezzate le qualità artistiche del Cosenza lo condussero a Napoli per decorare i loro appartamenti. Fu buona ventura, perchè il giovane ebbe modo, durante quel suo soggiorno, di frequentare le scuole artistiche di Napoli e così affinarsi nella pittura e, nel medesimo tempo, coltivarsi nella musica e nelle lettere.

Tornato in Patria fu sollecitato da D. Ferdinando Vivacqua di decorargli la Casina Matarese e fargli da Segretario.

Nelle ore di svago il Cosenza si recava a contemplare le maestose e storiche mura della Badia di Sambucina e del Castello Guiscardi poco distanti dal Matarese. Presso quei ruderi, racchiudenti residui di pitture e sculture di sommi artisti, l'animo suo s'accendeva, s'inebriava di luci e colori maturando il suo sogno di artista nato. In questo periodo dipinse diversi quadri di soggetto sacro: La Madonna della Seggiola, nella Cappella Vivacqua del Matarese, il Beato Angelo di Acri pannello esistente nella pubblica nicchia della casa Federico di Via Conche; S. Francesco Saverio, che insegna il catechismo ad un indiano, nella chiesa di S. Giuseppe; l'Ecce Homo ed altre immagini nella chiesetta della Sanità. L'Ecce Homo fu dipinto così al vivo che grazie ai colori adoperati, le piaghe sembrano gocciolare veramente sangue.

Frattanto la sua tecnica si perfezionava sempre più per cui potè cimentarsi anche per soggetti profani, paesaggi, ritratti, nature morte ecc. Dipinse così il paese di Luzzi sotto i piedi della Madonna della Sanità e rappresentò anche persone del luogo: D. Cesare Marchese, giovane studente (2), D. Giuseppe Marchese (3), D. Francesco, D. Marietta e D. Ferdinando Vivacqua, quest'ultimo in atto di fumare, tranquillamente, la pipa; Adamo ed Eva, La maledizione di Caino ecc. (4).

D. Ferdinando Vivacqua e D. Luigi Barberio, constatato il progresso del Cosenza e le sue istintive pittoriche decisero di farlo perfezionare maggiormente nell' Istituto artistico principale di Napoli. Presentatolo al Senatore Sprovieri, questi fece accordare al Cosenza, dall'Intendenza della provincia di Cosenza, una borsa di studio.

Altro aiuto venne dato da Rocco Ferrari, da Montalto Uffugo, sì che al giovane fu possibile frequentare la scuola di Belle Arti, diretta allora dal valente artista Perricci.

Più tardi il luzzese abbandonò la scuola per seguire Morelli e Dalbono, coi quali si mise a lavorare, arditamente e proficuamente. Cosenza nel visitare lo studio del Marinelli ebbe la soddisfazione di rimanervi, bene accolto dal maestro. Fu il periodo delle migliori soddisfazione per il Cosenza. Il Marinelli lo incoraggiò a prendere parte alla Grande Esposizione Artistica Napoletana del 1868 dove presentò le bellissime tele: Marine di Posillipo, Scugnizzi, Cercatori notturni dei mozziconi di sigari ecc. Questi dipinti, tratti dal vero, furono acquistati dal milionario artista parigino Maurice Locrapelle, il quale continuò poi ad onorare il Cosenza della sua apprezzata amicizia.

Dovette a quest'amicizia se il Cosenza poté impiantare uno studio artistico nella Riviera di Chiaia. D'allora incominciò la sua ascesa totale e la sua gloria. Nel 1872 il Cosenza si presentò alla « Gara Internazionale del Pensionato di Roma » con molte pregevoli pitture ottenendo il primo premio. In questa circostanza conobbe Francesco Paolo Michetti che, dopo di lui, aveva ottenuto il secondo premio.

Il Michetti, stretta amicizia fraterna col Cosenza, lo indusse a seguirlo nell'Abbruzzo. Nello studio del creatore del Voto dipinse importanti quadri, fra cui Bagni a Francavilla e un Rione di Chieti che furono acquistati per otto mila lire dall'inglese Vonwiller.

Dopo vari anni di successo in varie regioni italiane, il Cosenza venne chiamato dal Locrapelle nel 1873 a Parigi per affrescargli un sontuoso palazzo e dipingere, a sua devozione, quadri nella chiesa di Santa Dorotea. Quivi fu ammirato dall'eminente canonico di Londra, Prof. Wellisfon, e condotto nel 1874 a Londra, dove rimase per un anno a ritoccare gli affreschi della Chiesa Cattolica della Misericordia. Durante il soggiorno londinese, nel marzo 1875, prese parte ad un'esposizione artistica nazionale. Il Cosenza presentò due soli quadri: I battelli sul Tamigi e Londra nella nebbia, tanto pregevoli per fattura e naturalezza che furono acquistati dal governo per arricchire le Gallerie Inglesi. Il Cosenza, dopo questo trionfo, desiderava stabilirsi in quella Capitale ma... l'aria ed il clima umidissimo incominciarono a nuocergli alla salute e specialmente alla vista. I medici curanti lo consigliarono a tornarsene in Italia a Napoli dove il clima temperato gli avrebbe giovato sicuramente.

Cosenza lasciò a malincuore Londra, perché in quel tempo era stato invitato da alcuni amici, assai noti presso la Casa Regnante, a collaborare per il riordinamento delle Gallerie Imperiali. Ritornò a Napoli nel novembre 1875, riaprì il suo vecchio studio alla « Torretta di Chiaia » e riprese la sua attività confortato dall'entusiastico apprezzamento dell'opinione pubblica.

L' Amministrazione Provinciale Napoletana nel gennaio 1876 lo chiamò a dipingere il salone delle adunanze. Un giorno, mentre eseguiva tale lavoro, si presentò a lui la nota artista-cantante Spagnuola Emilia Contrera. Il Cosenza, rimasto impressionato di quella bellezza muliebre, preso da intima e cocente passione, ne affrescò nel soffitto la figura stupenda, ornandone le nude forme carnali di merletti, pizzi e veli. La Contrera se ne compiacque e poco dopo contrasse intimi rapporti col Cosenza, che finirono col matrimonio! Il 15 aprile 1876 i due si sposarono. Dalla loro unione nacquero quattro figliuoli: Raffaele, Amalia, Carmela e Mario. Il primo si laureò in ingegneria, la seconda divenne professoressa di piano, la terza di storia e filosofia, il quarto professore di lingue classiche. L 'artista, rimessosi in salute, si diede a lavorare, alacremente, per soddisfare le richieste che a lui pervenivano da ogni parte del mondo.

I lavori del Cosenza si pagavano, profumatamente, a sterline e marenghi! In un decennio mise da parte un forte patrimonio. Con questo denaro nel 1886 la Contrera spinse il marito a visitare con lei in America i propri genitori e germani, residenti a New York in ottima posizione finanziaria.

Lasciati i quattro figliuoli a studiare a Napoli i coniugi Cosenza partirono alla volta di quella metropoli, ove l'artista fu molto festeggiato dalla grande Associazione Artistica di New York « Fine Fleur » .

Un giorno, invitato dal direttore dell' Associazione a dare un pubblico saggio della sua arte pittorica, il Cosenza dipinse, nello spazio di sei ore, su una grande tela un Villaggio di negri in bivacco.

Questo saggio aumentò enormemente la sua fama, e, difatti, poco dopo (novembre 1889) egli veniva nominato direttore della Società « World's fair » di Chicago.

Ma a Chicago stette poco. Il desiderio di stabilirsi, per sempre, a New York lo fece ritornare in Italia, per rivedere e salutare, definitivamente, i congiunti e gli amici e prendere con sè i figli e sistemarli in America. I figliuoli, già maturi, accondiscesero a malincuore al volere paterno, varcando insieme l'Oceano il 14 luglio 1890... e senza vedere Luzzi !

Il 1905 il Cosenza nel centro di New York fece innalzare su progetto del figlio Raffaele, un maestoso palazzo che venne poi da lui immediatamente affrescato: ed ancor oggi quella costruzione costituisce oggetto di ammirazione da parte di ogni italiano che si reca in America. La fama di Giuseppe Cosenza, nominato nel 1906 Presidente Generale delle Arti nella Giuria Internazionale Columbiana, spinse il Governo italiano ad insignirlo della Commenda della Corona d' Italia.

Il glaucoma ch'era stato scongiurato in gioventù col ritorno di Cosenza da Londra a Napoli, nel 1908 rifece la terribile apparizione e senza possibilità di rimedi. L 'artista divenne cieco, e fu la più terribile e crudele sventura che gli poteva capitare. La cecità, che gli aveva naturalmente alterato anche il sistema nervoso, e per giunta l'arteriosclerosi, abbreviarono la triste giornata della sua vita. Il Cosenza si spense il 2 giugno 1922. Unanime fu il compianto di tutta l’élite artistica e del mondo intellettuale americano ed italiano.

 

La sua bara fu circondata da una selva di bandiere abbrunate, compresa quella di Luzzi. Le sue spoglie furono riposte in un sontuoso sarcofago, nella cappella di famiglia innalzata nel cimitero Calvario cattolico di New York. Il figliuolo Dott. Comm. Mario Cosenza, Decano-direttore del Brookling College, mio stimato amico, fece collocare sul sarcofago paterno la seguente epigrafe, redatta in classico latino :

D.O.M.

COMM. IOSEPHUS COSENZA

PICTOR CELEBERRIMUS ITALIAE ET AMERICAE

BONAEQUE FIDEI HOMO

QUI

INDIMENTICABILI MORBO IMPLICITUS

FATO CESSIT

ANNO SUAE AETATIS LXXVI. R. S. MCMXXII.

I quadri e gli affreschi di quest'illustre figlio luzzese americanizzato sono stati degnamente e giustamente celebrati dalla critica per la fantasia e la maestria coloristica, tutto nella migliore scia dell'arte e della tradizione napoletana del sec. XIX, quella che ci ha dato gli stupendi lavori del paesista pugliese De Nittis, del Michetti e del Dalbono.

Duole assai che in Italia s'ignori o si taccia del Cosenza, mentre i suoi quadri ammiratissimi, si trovano nei più importanti Musei del mondo o fanno parte di raccolte private che li conservano gelosamente.

Triste destino dei grandi personaggi della storia, obliati in Patria ed onorati all'estero. Di lui si interessò la sola " Nuova Antologia" tra il 1898 e il 1902, rivalutandone il nome e l'opera. E fu tutto !

Il Cosenza oltre ad essere maestro insigne del pennello, fu autodidatta, divenendo scrittore facile e spontaneo. Collaborò su materie artistiche e letterarie ai maggiori giornali e periodici di New York, Chicago, Parigi, Londra.

In America egli pubblicò vari lavori, fra cui alcuni di vivida, felice critica sull'arte dell'800; altro più propriamente attinente all'arte napoletana del suo tempo; e infine due opuscoli: uno flosofico e l'altro poetico, in cui raccolse le esperienze e il travaglio della sua movimentata vita (5).

Nell'abitazione privata del Cosenza di New York esiste una stanza nella quale sono raccolti i cimelii del grande scomparso. Devo all'affettuosa e cara amicizia del Comm. Prof. Mario Cosenza le fotografie di molti dipinti, compreso l’autoritratto del padre, varie pubblicazioni e la maggior parte delle notizie inserite nella presente biografia.

Sull'opera del Cosenza scrissero, per quanto è a mia conoscenza: il Professor Alfonso Frangipane sul "Brutium" ; Luigi Caputo e Dott. Giulio De Marco sulla " Cronaca di Calabria " ; la scrittrice La Rocca nel volume L' arte moderna in Italia (6); il" Giornale d'Italia " (25 agosto 1922); The Materpieces of Italian Art, Gebbie e Comp., Philadelphia, U.S.A., 1886 (part. 24, pag. 89); Somaré Enrico, Storia dei pittori italiani dell'800 (7); Comanducci A. M., I pittori italiani dell'800; il Dizionario critico e documentario (8), nonchè « La rivista Calabrese » (raccolta in due volumi) di Ardomore, Pensilvania, U.S.A., vol. II, pag. 16, 1922; il " Progresso Italo-Alnericano » (20 novembre 1922) ed altri giornali e riviste.

(1) L 'originale è nelle mani del sig. Ottavio Alfano. carpito a mio suocero in un momento in cui il povero vecchio era annebbiato dai fumi di Bacco. Dall'originale il Prof. Luigi Migaldi ritrasse la figura dell'Alfano che trovasi inserita nel presente volume.

(2) È in possesso di mio fratello Michele.

(3) È in possesso di mio cugino Camillo Marchese.

(4) Tutti questi ultimi sono in possesso dei signori Mauro. e Vivacqua.

(5) L'ullimo lavoro intitolato: L'Orfanello è manoscritto. Ne ho copia. Il filosofico è intitolato: La spregiudicata pittura nelle scuole modeme dell'800.

(6) Stampato Fratelli Treves, 1883, pag. 217-221.

(7) Casa Editrice d'Arte Moderna, Milano, 1928.

(8) Casa Editrice “Artisti d'Italia “ 1934, pag. 161-62.

 

Tratto da: "Tebe Lucana, Val di Crati e l'odierna Luzzi" di Giuseppe Marchese, Edizioni Brenner, Cosenza, c1992.

Spiaggia di Mergellina, 1877, olio su tela, cm 59x29

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Scorcio di Napoli, 1884, olio su tavola, cm 17x28,5

Giuseppe Cosenza è il pittore degli idilli sul mare, delle spiagge assolate, delle acque smeraldine della Napoli di fine Ottocento. Il mare ha sempre affascinato i pittori napoletani e i loro quadri raffiguranti marine con bagnanti o barche di pescatori hanno attratto molto il collezionismo nostrano e straniero. Dalla Scuola di Posillipo in poi Napoli ha trovato nei vedutisti e nel genere marinaro dei validi artisti, che hanno esaltato le bellezze del paesaggio e descritto la vita sulla

spiaggia. La pittura di Cosenza ha saputo dare a questo filone tipico un apporto di grande magia e raffinatezza,

contribuendo a diffondere un certo modo di trattare la scena con effetti di luccichio e di colorismo vivido, che picchietta forme e figurine aggraziate collocate in lievi spazi aperti.

Cosenza era nato a Luzzi in Calabria nel 1846 e come tanti altri artisti aveva lasciato la sua terra di origine per andare a studiare pittura a Napoli. Figlio di contadini era rimasto orfano a soli nove anni di entrambi i genitori e la nonna paterna,

una modesta tessitrice, lo aveva mandato a fare l’apprendista prima presso il sarto del paese e poi da un ebanista. Ma il

giovane Cosenza aspirava a fare il pittore e fu avviato al disegno e agli studi umanistici da un sacerdote di Luzzi. Poco meno che ventenne aveva tentato di avere un sussidio dall’Amministrazione provinciale di Cosenza per iscriversi al Regio Istituto di Belle Arti di Napoli; il suo sogno si realizzò nel 1868 quando la Deputazione Provinciale finalmente gli accordò una borsa di studio - il cosiddetto “pensionato” - che gli consentì di iscriversi all'Istituto di Belle Arti partenopeo dove ebbe come maestro Giuseppe Mancinelli e dove si fece distinguere, vincendo nel 1871 il primo premio della Scuola di Figura. Nel 1872 Cosenza espose per la prima volta alla mostra della Società Promotrice Napoletana “Salvator Rosa” e partecipò al concorso governativo del Pensionato di Roma.

In questo periodo la sua pittura è influenzata dal naturalismo di Filippo Palizzi e dal realismo romantico di Domenico Morelli, per abbracciare successivamente lo stile macchiaiolo. Realizza quadri con scene di costume e personaggi popolari, con una vivacità ed un piglio espressivo di rara preziosità. I colori vengono accostati in un intarsio sapiente di tinte luminose e dense. Il gusto per la descrizione meticolosa crea un efficace impatto visivo, che induce alla meraviglia e a sensazioni incantate; il realismo minuto privilegia la lucentezza dei vestiti e dell'incarnato, in una esaltazione degli accenti intimistici e di un lirismo di maniera. Egli alterna il macchiaolismo partenopeo con l’orientalismo mutuato da Mariano Fortuny (conosciuto a Portici nel1874) elaborando un certo preziosismo di linguaggio, che lo avvicina per abilità alla seduttività di Edoardo Dalbono e alle evanescenze di Francesco Lojacono. Case, promontori, acque increspate, foschie avvolgenti si conformano e svaniscono in una pittura chiara e elegiaca. Alla fine degli anni Settanta Cosenza sviluppa un filone artistico di soggetti marinareschi che ne fanno un maestro ben riconoscibile e apprezzato nella cerchia dei pittori del paesaggio partenopeo, con le donne sulla spiaggia a prendere il sole e fare i bagni, le barche inghirlandate

di fiori, lo spasimante che fa la serenata alla sua morosa, gli escursionisti del golfo. In questi quadretti pare di sentirle davvero le canzoni sul mare, le sonate di mandolino, i canto degli innamorati. Tenere gite in barca di amanti e sensuali

fanciulle sdraiate costituiscono un repertorio molto caro a Cosenza che immortala la calma estate a Mergellina. Terse vedute o caliginose atmosfere acquatiche rendono una descrizione rivierasca varia e sempre fascinosa, ammantata di segretezze e adagiata nella sua riservata identità. Con questi soggetti l’artista partecipa a varie edizioni delle mostre della Società Promotrice napoletana e all’Esposizione Nazionale di Napoli del 1877; espone anche alle Promotrici di Torino, Genova, Firenze e alle Mostre di Brera a Milano del 1874 e del 1885.

Nell’Ottocento gli artisti trovano una discreta offerta di occasioni pubbliche per esporre i loro lavori. Dopo le Biennali Borboniche durate dal 1826 al 1859 col preciso scopo meritocratico di promuovere i giovani artisti provenienti da ceti sociali diversi a imitazione dei più noti Saloon parigini, le mostre delle Società Promotrici di Belle Arti assumono il ruolo nell’Italia post-unitaria di fornire una valida occasione di mecenatismo nel nuovo panorama interregionale. In particolare

la Società Promotrice napoletana, che vanta come soci fondatori collezionisti, artisti e alcune amministrazioni provinciali,

fra cui quella di Catanzaro, svolge un’azione vitalizzante di sostegno anche commerciale agli artisti, che al posto di ricevere premi, possono vendere le loro opere ai membri della Società. In analogia, le Esposizioni Nazionali, che debuttano a Firenze nel 1861, rappresentano fino al 1889 un fronte progressista  per l’arte italiana, che trova momenti di

confronto fra le varie realtà regionali, prime fra tutte quella toscana e quella napoletana.

Anche l’Accademia milanese di Breragiàin epoca pre-unitaria aveva organizzato mostre annuali, con concorsi governativi, cioè a sovvenzione pubblica.

Nel secondo Ottocento vengono istituiti, invece, concorsi privati aperti alle sovvenzioni di collezionisti e mecenati. Il panorama di incentivi e di sostegno per i giovani artisti si arricchisce delle borse di studio per soggiorni formativi a Roma,

che vengono sospese nel 1876 perché venuti meno, nel frattempo, col realismo imperante, i presupposti culturali dello studio dei classici e dei modelli rinascimentali.

In questo contesto di avvenimenti Giuseppe Cosenza si fa apprezzare per il suo modo brillante di dipingere, rappresentando la natura e gli uomini con un sentimento di dolce empatia. Elegante colorista e disegnatore egli incontra i favori del pubblico e del collezionismo ricercato ma anche gli apprezzamenti degli altri artisti. Si lega d’amicizia al noto pittore abruzzese Francesco Paolo Michetti del quale condivide alcuni tratti tematici e ideali tanto da definirlo in una dedica del 1972 “interprete dei miei pensieri”. Nel “conventino”, lo studio abitazione che Michetti ha a Francavilla, Cosenza dipinge Bagni a Francavilla e Rione di Chieti, che vengono acquistati per ottomila lire dal collezionista inglese Vonwiller. È stimato anche dal ricco artista francese Mauirice Locrapelle, che lo aiuta a mettere su studio in Riviera di Chiaia e che poi lo chiama a Parigi, nel 1873, per fargli affrescare il suo palazzo. Ma i contatti più stretti Cosenza li mantiene con i pittori della Scuola di Resina (l’antico nome di Ercolano), che ne influenzano il lavoro per l’anti accademismo e il verismo professato.

Questo gruppo raccoglie artisti, che fanno dell’osservazione della natura il loro credo e che realizzano opere in cui il paesaggio è immerso nella piena luce.

Antonino Leto, Giuseppe Casciaro, Edoardo Monteforte, Francesco Lojacono e soprattutto Edoardo Dalbono, con il quale talvolta viene confuso, sono artisti ai quali Cosenza si collega per il comune amore verso il paesaggio idealizzato e

per la caratteristica napoletanità espressa.

Come i conterranei Rubens Santoro e Salvatore Petruolo, egli trova nel tema marino un felice pretesto per veicolare emozioni e stati d’animo attraverso l’esaltazione della luce e gli effetti dell’acqua. O cercando nei soggetti raffigurati una metafora della vita. Scrive nell’autunno del 1896 una poesia che è un quadro ed una riflessione:

 

Torna la barca mia sull’arse arene, 

stanca del viaggiar, coi fianchi laceri 

dall'onde irate, e lacera la vela 

del perenne soffiar dei venti avversi. 

Torna sdrucita e senza alcuna pesca, 

trascinandosi lenta e squilibrata 

pel mar che, pago dei frangenti, or solo 

resta a solear fin l’ultimo suo lido.

Ivi, e così, la barca mia ritorna, 

procedendo avvilita, infra lo scuro, 

verso l’occaso e verso l’infinito,

senza la sua lanterna,ormai perduta

fra le procelle avute, ed una sola 

pallida luce l’accompagna e guida; 

ma questa, ahimè, la vedo, è della luna, 

che splende, sì, ma che non ha nel raggio 

l’influsso del color, né calor. 

Chi rimorchiar vorrà la barca mia, 

ed ispirarmi intero il primo ardor ?!

 

Pittore e poeta, Cosenza, fra il 1878 e il 1881, collabora al settimanale “L’Illustrazione Italiana”, realizzando alcuni disegni, cha illustrano fatti di cronaca. Il giornale milanese fondato dal giornalista  Emilio Trevesè in quegli anni un punto di riferimento per molti intellettuali.

Vi collaborano il fior fiore degli scrittori e degli artisti. Fragli altri: Verga, De Amicis, Pascoli, Fogazzaro, Deledda, D'Annunzio; Corcos, Netti, Dalbono, Michetti, Previati e Boccioni.

Cosenza nei quattro anni di collaborazione esegue pregevoli tavole in cui “fotografa” avvenimenti dell’epoca come le dimostrazioni avvenute a Napoli in occasione dell’attentato a Umberto I in via Toledo nel 1878, le celebrazioni per il Centenario di Pompei nel 1879, la spedizione della nave svedese “Vega” al Polo Nord nel 1880, le celebrazioni per il centenario di Montecassino e l’inaugurazione della funicolare, sempre nel 1880. In alcune di queste illustrazioni egli, descrivendo i caffè-concerto di Napoli, anticipa il nascente clima della Belle Epoque.

Nel 1886 l’artista calabrese parte per New York, dove vivono i familiari della moglie Emilia Contreras; qui si trasferisce definitivamente nel 1892.

In America lavora come grafico pubblicitario prima presso la “Puck Lithographing Company” e poi alla “Harris Lithograpfing Co” di Philadelphia. A New York viene  anche designato come membro della Giuria all’Esposizione Internazionale Colombiana di Chicago.

Intanto la sua pittura evolve verso il Simbolismo con raffigurazioni di figure femminili in una visione sempre più

trasognata e idealizzata. Cosenza muore a New York il 2 giugno del1922 senza avere fatto mai più ritorno in Italia.

 

Di Tonino Sicoli

 

Tratto da “Il Quotidiano

Domenica 23 agosto 2009

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Nobiluomo luzzese don Ferdinando Vivacqua 

olio su tela autore Giuseppe Cosenza fine '800

Collezione privata Luzzi
Foto Claudio Cortese

Maternità

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Venditore ambulante

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