Beniamino Dima
Nato a Luzzi (CS), vive con la sua famiglia a Pescara. Dopo il liceo al B. Telesio di Cosenza, va prima a Firenze e poi a Siena per gli studi universitari. Ha sempre mantenuto stretti rapporti con la sua terra d'origine, collaborando anche con alcuni articoli al quotidiano "Il Giornale di Calabria" e, con racconti e scritti di costume, al periodico di impostazione locale "Il Veltro della Sambucina". Impiegato di Banca in pensione, nel 2013 ha pubblicato il volume di poesie "Il tempo e le parole - Quasi una storia" con il quale ha partecipato all'Histonium 2014, vincendo il Premio Speciale della Giuria; all'Histonium 2015 ha vinto il 3' Premio Assoluto per la Silloge inedita, mentre nell'edizione 2016 dello stesso vince il 1' Premio Assoluto per la sezione a Tema. Ha ottenuto due riconoscimenti, Premio della Giuria nel 2014 e 4' posto nella edizione 2015, al Premio Montefiore, sezione del Premio Pegasus di Rimini. Ha partecipato inoltre ad altri Concorsi Letterari, tra i quali il "Premio Grimoaldo I" edizione 2017.
XXXV EDIZIONE 2020 - Per la Sezione C (Racconto e saggio inedito): 2°. Il lupo di mare.
Paese … 'Ancora
Questo mio vivere lontano!
Ora che il tempo scema
e nessuno più riconosce
i passi ormai pesati
da anni cespicanti e stanchi,
vorrei tornare ad essere sospinto
per i vicoli stretti in processione, lunga
infinita, a volte assai fervente,
tra i muri rimbiancati
di storie antiche.
Le mie vecchie storie
senza storia.
Le case, le chiese,
le fontane nelle piazzette,
ormai anch'esse abbandonate.
Attraversare lo spazio, enorme
nel ricordo, dove le rondini arrivano
e sostano di maggio
sui cavi sospesi e sulle gronde.
Rincorrere i fantasmi
degli amici, ancora fissi,
chiamarli per nome, uno ad uno
e giocare a carte con loro, nel bar
da tempo chiuso.
Rileggere nell'aria ciò ch'è stato
e tutto quel che resta
a testimoniare le cose di noi che
molto abbiamo amato.
Tornare per ritornare indietro
e riscappare...là, senza un ritorno,
sognato o solo scelto,
per non morir........Per sempre.
L'Associazione Culturale “Le Muse Arte”,
Premio di Poesia Umile Francesco Peluso - Calabria Enotria, Cosenza
“MENZIONE D’ONORE”
Beniamino Dima con
“Paese … Ancóra”
Paese…’Ancora è una poesia sul tempo. Il campo semantico del tempo percorre l’intero componimento, caratterizzandosi come un passato scisso in tre dimensioni temporali: il passato che non esiste più, il passato vivo nel ricordo ed il passato sopravvissuto nelle impronte del presente.
Il testimone e protagonista di tale suddivisione è un Io poetico che vive soltanto in relazione al tempo.
Il rapporto Io-tempo si problematizza sin dal titolo, «Paese…’Ancora», nel quale il sostantivo «ancora» (determinato dall’accento posto sulla prima sillaba) nasconde, ovviamente, una relazione con l’avverbio di tempo «ancora», con l’accento posto sulla seconda sillaba. Una questione di accenti che contiene il significato dell’intero componimento: l’aggrapparsi dell’Io ad un bisogno di rivivere ciò che è stato di quel paese.
La poesia presenta una struttura ciclica: nel primo verso l’atto del «mio vivere» è dichiarato «lontano»: il poeta riconosce nel verbo vivere un significato di perdita che sa di eternità e che si lega, sin da subito, al «per sempre» finale, senza comportare un’opposizione tra i due concetti. L’io vive “lontano” dal presente e, dunque, dal suo stesso Io presente, trasportandosi in un tempo altro. Ciò non comporta una perdita di coscienza: il poeta comprende che un passaggio è avvenuto (l’avverbio «ora», che apre il secondo verso in posizione enfatica, lo testimonia) e lo sguardo si posa su un corpo di cui avverte tutto il peso per gli «anni cespicanti e stanchi», presente esclusivamente nel trascinare tali «passi» dai quali si vorrebbe fuggire e che il desiderio vorrebbe trasformare in passi sospinti, passi da «processione» di un paese, piccolo centro esistenziale nel quale l’Io diviene collettivo, si disperde nella comunità. Il paese, Luzzi, è descritto principalmente da costruzioni («muri», «case», «chiese», «fontane», «piazzette», «bar») che indicano la necessità di una materializzazione del ricordo. La testimonianza oculare di ciò che è stato un paese non passa attraverso elementi umani, che sono o nascosti (come nel termine processione) o privati della loro consistenza carnale («fantasmi / degli amici»), ma si concretizza in una memoria materiale, che aiuta l’Io ad afferrare ciò che è inevitabilmente perduto («le mie vecchie storie / senza storia»). L’unico elemento di vita è rappresentato dalle rondini che, esterne alla vita del paese, ne divenivano parte quando nel mese di maggio si fermavano sui cavi e sulle gronde. Il verbo «sostano» afferma che soltanto a loro è data la possibilità di una permanenza, espressa nell’utilizzo del presente indicativo: non sono le rondini ad essere scomparse, ma la vita che l’Io ha vissuto nel suo paese. Il sostare delle rondini si pone in contrapposizione con i successivi «rincorrere» e «rileggere» dell’Io, costretto ad un’ossessiva e vana ripetizione di qualcosa che non può ritornare. Ma, sebbene non vi sia modo di riportare in vita il passato, il poeta mette in atto un leitmotiv del campo letterario: il ricordo come testimonianza di ciò che è stato e che, in questo caso, «molto abbiamo amato». La testimonianza, che è anche una fuga verso il passato, è l’unica strada che l’Io può percorrere «per non morir»: paradossalmente, una fuga verso quel che più non è, per continuare ad essere.
MAGIA DELL’ ARTE
Gli occhi dei fiati fissi allo spartito,
lo sfavillìo delle dita dell’arpista,
le guance delle trombe e degli ottoni,
il ballo voluttuoso degli archetti
sui nervi tesi dei bravi violinisti,
superbe eterne melodie,
i suoni incontrano poesie
e poesia corre alla pittura,
che sgorga come linfa sulle tele:
nascono “Stagioni” e arcobaleni
e danze di ninfe sui Parnasi
e risuonano versi nei teatri.
Il bello esalta e trasfigura,
ad occhi aperti rivivono i bei sogni
ed il mistero cresce e si sublima
In visioni eterne del divino.
In occasione di esecuzioni di musiche di Vivaldi eseguite in Televisione
Terre oltre
Tutte montagne,
sentieri e
canali brulli. Rocce
e prati e
pini secolari. Felci,
boschi eterni, dove,
a tendere l'orecchio,
si odono fruscii di ruscelli
e canti di allodole
e ninfe alate.
Là ... solo
in quell'estremo
piede nudo di terra
senza sogni.
Ti guarderò ...
Voglio guardarti bene,
dopo tanto.
Voglio cercare il meglio
di ciò a cui tenevo.
Leggere nei tuoi occhi
quelle frasi
che limpide correvano
con la forza verso il mare.
Ai bei vent'anni!
Non troverò certo i sogni,
le mie speranze
e quelle promesse ardite
di eterna giovinezza.
Forse un po' di tenerezza,
quella si ... ! quella è rimasta.
E' cresciuta col tempo,
poi s'è dispersa.
Erano i nostri anni,
erano nostri!
Ed ora?
Rugosi ed acciaccati
ci parliamo da lontano
per paura di guardarci in viso.
Ma gli occhi?
Gli occhi no, gli occhi parlano ...
Ancora ...! come allora.
T E M P I
POESIA FUORI TEMA
Migrano per i continenti
disperati e spersi, miseri
e varcano terre a lato delle Ande,
salpano barconi, affogano africani.
E' il giorno in cui le parole,
come bolle di vapore, volano
nell' aria, per non lasciare storia.
E allora si dice di fiori e sogni
ormai giunti, molti, al gran finale.
Parole sussurrate leggere
per non distrarre chi strilla
tritume di potere. Il tempo
ripete, ritorna, ondeggia
si increspa, si impregna di bisogni.
Ancora rigira, ritorna daccapo.
Facce sgomente, smarrite scrutano
attonite il fiume che bolle
di membra cedute ai marosi.
Fuochi ardono alti e bruciano
boschi e capanne. L'Africa urla
e reclama il mal tolto di sempre:
quel pane raffermo e pagato
che un uomo ha rubato e... sprecato.
Ogni volta che il tempo ritorna muore sempre su se stesso. Si rigenera per perire sugli stessi barconi, fra le stesse stelle cadute, fra le stesse labbra fin troppo asciutte. La verità è che ogni volta che il tempo ritorna vorrebbe non ritornare più, finché sarà in piedi una stessa dicotomia che brucia le case e separa le vite. Non è vero che il tempo non muore mai. Il tempo ritorna, ma muore ogni giorno sulla stessa scena di sempre. Ma scriverne, farne poesia, è l'unica vera presa assoluta di potere.
Letizia Papaianni
Addio
Un piccione ha trovato ricetto
sul mio balcone,
nello spazio vuoto di un vaso senza fiori,
vi ha costruito un nido
e cova da tre giorni,
io assisto senza disturbare
e vivo la vita che rinasce
e mi conduce a te,
quando gestante portavi
il seme del mio tempo futuro
che ora lascio ineluttabile
come tu hai fatto
in poco tempo, senza lamentarti.
Città di mare
A volte i gabbiani
volano verso l’interno,
sulla terra ferma
attraversano la città
con un canto stridulo
una triste voce di bisogno
o voglia d’amore
o disperata nostalgia di mare.
Volano in coppia
intorno ai grattacieli.
A volte uno si sperde
ed il richiamo dell’altro è forte,
più stridulo, più disperato.
Se si posa sul davanzale
mi guarda fisso
come per carpire nei miei occhi,
a tutti i costi,
la stessa nostalgia del suo tormento.
IL QUARTIERE
Era il mio, di mio padre
e di mio nonno
di Francesco, Attilio e
don Giuseppe il dottore, dei Fusaro
di Russo e di Francesco Pepe,
la banda musicale qui provava,
mentre l'arciprete studiava e
si agitava, se non andavamo a messa
ci chiamava, poi c'era il sarto,
il forno e un calzolaio.
Ora è il deserto: tutto abbandonato,
non per virus son morti o polmonite
ma di tempi scaduti e tempi ormai cambiati.
La prolusione del Presidente prof. Luigi Medea alla XXXV Edizione del Premio Nazionale Histonium con proclamazione ufficiale dei vincitori del Concorso
(Vasto (Ch) riunione on line del 19.09.2020)
Lettura delle motivazioni e delle opere poetiche prime classificate - Interventi dei poeti e scrittori partecipanti all'evento - Declamazione da parte dell'attore casertano Gino Abbro della bellissima e intensa poesia "A livella"di Totò.
(Vasto (Ch) riunione on line del 19.09.2020)
Libertà vo' cercando.
L'ho cercata vivendo.
L'ho cercata, a suo tempo, per le strade,
sotto le minacce dei celeri fedeli,
l'ho cercata per vicoli e paesi,
per popoli e per gruppi
colmi di vecchia bile e di veleni.
L'ho cercata in terre di tradizioni antiche
use a gestir le cose in aequitas e garbo.
Di libertà ne lessi, poi, ne' fogli scritti:
parole simili e distorte,
menzogne di tempi e di stagioni.
In uomini di legge, ho poi cercato,
in docenti illustri e missionari,
tutti col loro dire contrastante, dettando etiche strane e teoremi.
Per il mio amico, libertà è: partecipazione,
per l'altro, rimpianto e forse nostalgia per quei bisogni dispersi o ignorati.
Cercando ancora, insisto: bellissima parola, solenne e greve,
in nome della quale, andrò presto vagando di cirri in cirri per il cosmo,
in cerca di quel sogno giovanile chiaro, pulito... che narrava di pace, di amicizia e di futuro.
PREMIO DI POESIA
UMILE FRANCESCO
PELUSO
CALABRIA ENOTRIA 2023
OTTAVA EDIZIONE
-SEZIONE-
"MENZIONE D'ONORE"