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Eugenio Zumpano - "Diario della mia vita"


Sono Eugenio Zumpano, nato a Luzzi il 12.05.1918.

Ho frequentato le scuole elementari e ricordo con gioia la maestra: la nobile e ottima signora Anna Smurra. Maestra esemplare, rigida e scrupolosa, sempre pronta a guidarci verso la via dell’apprendimento, del bene, della verità. Ci ha insegnato a essere onesti, educati, e laboriosi, ed è per questo che ho sempre seguito i suoi consigli nella vita e mi sono trovato bene.

Dopo aver finito la quinta elementare (era il 1930) sono andato a lavorare con i muratori nella chiesa dell’Immacolata di Luzzi (Parrocchia di San Biagio). In quel tempo la paga giornaliera (senza limiti d’orario) era di due lire, con i quali si potevano comprare appena due pani. Rimasi nel cantiere della chiesa, colpita dal terremoto, fino al termine dei lavori; poi continuai con il maestro Emilio Iuso, che decorò la chiesa , per altro tempo, guadagnando quattro lire al giorno. Ciò fu come premio nei miei confronti, da parte del maestro Juso, che mi considerava molto volenteroso e attaccato al lavoro.

Nel 1936 (era il mese di Maggio), ci fu una richiesta da parte della Ditta Murrini, tramite l’Ufficio di Collocamento, di tre muratori e tre apprendisti. Il primo giugno, (riuniti in sei) partimmo dalla Piazza a piedi per il ponte Mucone, erano le ore 03,00 del mattino ed arrivammo verso le ore 06,00. Presentati al magazzino dell’impresa, ci vennero consegnati gli attrezzi del mestiere e indicata la zona dove doveva essere svolto il lavoro. Il cantiere era nel comune di Acri, dove bisognava riparare la decima briglia, distante da Luzzi, 15 chilometri. Tempi duri!, Io avevo il compito di impastare il cemento vicino al fiume Mucone, dalle limpide acque. Mentre gli altri muratori pensavano come e quando potessero tornare a casa, a me venne l’idea di dormire nella tenda dove erano depositati i sacchetti di cemento; e così ne parlai prima al capo del cantiere e dietro suo suggerimento presi una rete e ne feci una brandina per riposare la notte. I compagni di lavoro erano delle persone buone, squisite, gentili e ospitali. Ricordo ancora quando il defunto Francesco Basile al tramonto del sole mi portava fagioli, salame, pane e vino, e alla notte che trascorrevo in compagnia di Angelo Ritocco, anche lui passato ad altra vita. Al mattino incominciavo il lavoro prima dell’ora stabilita. Decisero, infine, di dormire sul posto di lavoro, anche gli altri muratori: Emilio Gallo, Michele Federico, (detto Cicciantoniu) e Gerardo Caloiero, in quanto era impossibile fare circa 35 chilometri al giorno a piedi. Il lavoro in questa zona finì nel mese di dicembre del 1936, ma io rimasi comunque con la stessa Ditta fino al gennaio del 1939 presso il comune di Tarsia, dove c’erano grandi opere da realizzare. Nel nuovo cantiere di lavoro c’erano: la mensa, i dormitori, l’infermeria, gli uffici ed altro che serviva per tutti. Insomma ero molto soddisfatto, e il mio lavoro in quel periodo consisteva nel tinteggiare le pareti di tutti i locali. Tutto sembrava che andasse bene per i tempi che correvano ; ma ahimè, dopo tre anni, nel febbraio del 1939, dovetti partire per le armi.

La mattina del 16 febbraio più di cento giovani partimmo alle tre del mattino con il treno diretti in Puglia e precisamente per Trani in provincia di Bari giungendovi verso le ore 16,00 del pomeriggio. Dopo otto giorni ci imbarcammo da Napoli su una nave con destinazione l’Africa settentrionale. Fummo destinati al 21° Reggimento fanteria della Caserma “Torelli” di Bengasi. Così cominciò la mia naia, la deca era di tre lire al giorno, l’acqua era salata e bisognava filtrarla per poterla bere. Venni assegnato intanto alla 3^ Compagnia- 2° Battaglione Genio Artieri. Durante il giorno si doveva fare ginnastica, ma il mio desiderio era quello di esercitare il mestiere di muratore, e così lo chiesi al comandante. Il maggiore mi assicurò che dopo il giuramento mi avrebbe aiutato, e così avvenne; per circa un anno mi adoperai a fare il muratore. Nel gennaio del 1940 il Comando Battaglione mi inviò ai confini, e cioè a Porto Bardia, per costruire dei fortini corazzati in cemento armato. Si lavorava giorno e notte, privi di posta e di notizie da casa, si mangiava una volta al giorno, in un luogo pieno di sabbia.
Il 10 giugno scoppiò la guerra e noi ci trovammo nel pieno del conflitto, dopo il terzo giorno di guerra vi fu il primo bombardamento aereo. Ricordo con tristezza ciò che accadde ad un mio compagno di tenda un certo Costabile ed era pure lui calabrese come me; una scheggia lo trafisse privandolo di un braccio, e venne subito rimpatriato con il primo volo per Roma. Per lui finì per sempre la Guerra. Nella nostra zona, vi era inoltre una grossa polveriera collocata sotto terra, presso cui svolgeva servizio il defunto Eugenio De Cicco. All'età di vent'anni eravamo in guerra!. Ho visto i primi bombardamenti; io facevo parte della divisione Marmàrica comandata dal generale Tracchia. Vi era inoltre la divisione Cirene, comandata dal generale Delamura che era al nostro fianco, e poi vi era anche la divisione libica comandata dal generale Gallina. Il generale Pietro Moletti comandava una colonna in cui stava anche il defunto Enrico Strabella, fratello di Ersilia Fioretti. Il famoso generale Berganzolo, detto Barba elettrica, comandava due battaglioni di camicie nere. Quando venne l’ordine di attaccare,
Berganzolo con i due battaglioni, messo in fuga il nemico, occupò Solum, sventolando la bandiera italiana, e il giornale radio annunciò quella conquista. Dopo pochi giorni la divisione Marmàrica, occupò Sida el Barrani. Qui restammo sempre fermi. Noi del Genio per parecchi mesi eravamo impegnati a lavorare giorno e notte, nel portare acqua in quelle zone prive di sorgive di fiumi, mediante conduttori sotterranei e tubi metallici. Gli avversari si preparavano intanto all’offensiva, mentre noi eravamo in una situazione critica: non arrivava il rifornimento di benzina e i mezzi erano tutti fuori uso. Nel dicembre, le truppe inglesi e le divisioni americane, indiane, olandesi, australiane, con a capo il generale Vavelle, ci misero in fuga. Sembrava la fine del mondo: bombardamenti aerei, navali, distruzioni e inevitabili morti. Il povero generale Moletti morì con la pistola in mano! Io portai ferite alla testa e a un braccio per una granata, e subito mi portarono in ospedale nel reparto medicazioni dove sentii chiamare: “Infermiere Anania!”. Mi guardai e constatai che era un paesano, riconobbi Francesco Anania, che abitava a Luzzi in contrada Sambucina. Mi strinse, offrendomi un bicchiere di cognac. Rinvenni e rimasi con lui per tre giorni., dopo di che mi fecero raggiungere Bendasi, per il rimpatrio in Italia venendo successivamente ricoverato nell’ospedale di Napoli.

Dopo due mesi di convalescenza ritornai alla compagnia comando del 9° Reggimento Genio di Trani (Bari), dove rimasi fino al 1942 per poi tornare a casa in pensione con la sesta categoria, e quindi mi sposai. Quando ero a Bendasi dipendevo dal generale Bianchi, che mi voleva tanto bene e mi diceva negli anni 1939/40 che avevo tutti i requisiti per essere assunto come salariato alle dipendenze statali, o presso la Direzione Artiglieria di Napoli o presso il Comando Genio. Infatti quello che disse il Generale Bianchisi avverò: a Cosenza c’era la sezione di artiglieria ed io feci domanda di assunzione come muratore, ma prima d’entrare nei ruoli dovetti fare una prova d’arte. Con l’aiuto di Dio fui il primo cittadino di Luzzi ad essere immesso alle dipendenze del Ministero della Difesa Esercito. Quando ero in servizio a Cosenza, dovevo pernottarci, la squadra era composta da cinque muratori, tutti più grandi di me ed analfabeti. Il nostro colonnello si chiamava Fiorentino con Direzione a Napoli; a Cosenza vi era una sezione staccata che contava più di 200 operai. Da Cosenza dipendevano tutte le polveriere della Calabria che si trovavano a Badessa e a Piana di Modena nella provincia di Reggio Calabria; a Crotone c’era la più importante; poi vi era quella di Mesoraca in provincia di Catanzaro, che era anch'essa grandissima; e nella provincia di Cosenza si trovava a Castrovillari. Non appena presi servizio, ebbi l’incarico insieme a un maresciallo del Genio di elencare i danni subiti e il lavoro che occorreva per la riparazione. Me la sono cavata bene per cinque anni, finché il Comando alleato sciolse la sezione Artiglieria, e in seguito trasferito a Lecce nel maggio del 1950.

Nel 1944 mi iscrissi al Partito Socialista di Nenni e di Mancini, uomini onesti e fermi nella loro idea politica. A Luzzi fondammo la sezione dei socialisti insieme ai compagni comunisti, avendo un’unica sezione per parecchi anni. Abbiamo combattuto grandi battaglie politiche; alla guida di tutta la sinistra luzzese vi era il grande professore Umile Peluso (comunista) che ci ha dato soddisfazioni e storia. Due volte abbiamo perso per pochi voti le elezioni amministrative, ma la terza volta abbiamo vinto e stravinto con una maggioranza schiacciante, portando gioia nelle campagne, nelle famiglie e nel paese. Il professore Peluso risultò vincitore anche come consigliere provinciale ed eletto nel collegio senatoriale di Cosenza per ben due volte come Senatore della Repubblica.

Io, come socialista, lo seguii sempre in diversi paesi come Bisignano, Montalto Uffugo, Cetraro, Cosenza e con me c’erano altri socialisti e simpatizzanti.

Lo abbiamo sostenuto con impegno e fiducia, specialmente il compagno Michele Marchese. Eravamo tanto legati al professore Peluso ed orgogliosi di essere riusciti a farlo eleggere come Senatore della Repubblica. Da soldato ho sacrificato la mia integrità fisica per servire la Patria, ma ho voluto servire anche il mio paese, facendomi eleggere come consigliere comunale con il gruppo di sinistra detto "Tromba", portando sempre avanti le istanze della classe operaia e delle persone bisognose.
Affiancandomi alla sinistra, dal 1944 ho conosciuto solo la bandiera dell’onestà; infatti la mia vita è stata e sarà caratterizzata da scrupolosità e da utili iniziative. Sempre propositivo e per il bene della collettività è stato il mio consiglio dato negli ultimi 50 anni ai vari amministratori comunali e precisamente al Dott. Cesare Dima proponendogli l'incanalatura e copertura del torrente S. Francesco(*). Di questa mia iniziativa il sindaco ne fu subito entusiasta e si congratulò per il progetto suggerito ed utile per il paese. Dopo quarant'anni il sogno si è realizzato e sul torrente coperto vengono realizzati spazi con verde, parcheggi, un parco per bimbi e una grande piazza.

Gli spazi vuoti vengono utilizzati di tanto in tanto per feste e spettacoli vari.

A Mancini, nominato Ministro dei LL.PP., venne prospettato per lettera la copertura di questo torrente e ciò che si poteva
ricavarne. Il Ministro durante una sua visita a Luzzi, venne da me condotto sul luogo, e mi assicurò che avrebbe preso a cuore il progetto. Con questo chiudo il mio diario. Ai vecchi va il ricordo e ai giovani il racconto e la storia.


Luzzi, anno 2000 Eugenio Zumpano


(*Per onor di cronaca i lavori iniziarono nel 1984 con l’amministrazione del medico Giuseppe Marchese e completati a partire dal 1985 dall'amministrazione del senatore Francesco Smurra.)

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