Apollo e Dafne (Bernini)
Dopo aver ucciso il serpente Pitone Apollo, il dio greco della musica e delle profezie, andò a vantarsi della propria impresa con Cupido, sorridendo del fatto che egli non avesse mai compiuto gesta eroiche; Cupido, in un misto di gelosia e indignazione, giurò presto vendetta. Decise pertanto di preparare due frecce, la prima appuntita e dorata, destinata a far nascere l'amore, e la seconda di piombo e spuntata, che faceva prosciugare l'amore.[4]
Cupido scoccò la freccia d'oro verso Apollo e quella di piombo verso la ninfa Dafne, figlia del dio-fiume Peneo. Ne conseguì che appena Apollo vide Dafne, se ne invaghì perdutamente: Dafne, tuttavia, appena vide il giovane dio iniziò a fuggire impaurita, per effetto della freccia di piombo di Cupido. Apollo iniziò a inseguirla, ed era ovviamente più veloce della sventurata ninfa che, in procinto di essere ghermita, una volta giunta presso il fiume Peneo rivolse una disperata preghiera al padre, chiedendo di essere trasformata in un'altra forma per sottrarsi alla non corrisposta passione del dio. La sua richiesta venne accolta e fu così che Peneo, per evitare che i due potessero ricongiungersi, trasformò Dafne in un albero d'alloro, che da quel momento diventerà sacro per Apollo.[4]
Questo è in breve l'episodio, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio (I, 450-567), che Bernini rappresenta fedelmente proprio nel momento della trasformazione della ninfa in pianta.[5]