top of page
giuseppe d'orrico.jpg

Giuseppe D’Orrico

Luzzi 22 agosto 1892   + Luzzi 28 marzo 1980

     La missione d’insegnante il Prof. Giuseppe D’Orrico l’ha adempiuta con serietà e dedizione ed egli ai suoi scolari ha parlato con il cuore, “che è la porta attraverso cui entrano tutti i valori”. Don Giuseppe ha saputo mettersi accanto ai suoi ragazzi per dare loro l’eccellente lezione dell’essere e non dell’avere; egli ha profuso ottimismo, sentito interessamento e responsabile sostegno, cogliendo così lati positivi degli alunni. Il Prof. D’Orrico ha incoraggiato il profitto di ciascuno alunno con dolcezza e gentilezza, consapevole che più essi avanzavano in sapere e virtù più sarebbero cresciuti moralmente e cristianamente, egli con tutti ha avuto una espressione paterna, benevola e sempre sorridente. Il Prof D’Orrico era laureato in Filosofia; egli con la sua distinzione e modestia, si intratteneva volentieri in piazza (centro storico) o in via San Francesco con i giovani studenti e parlava loro dell’irrequietezza di Sant’Agostino, il quale al grido dell’anima che si sente sola, aiutato dalle incessanti preghiere e dalle lacrime di sua madre, Santa Monica, trovò risposta nel Dio del Vangelo: ”che atterra e suscita/che affanna e che consola”. Il portamento schivo, il parlare lento e quasi a mezza voce e le dotte argomentazioni del Prof. D’Orrico ponevano sia l’interlocutore che l’uditore nello stato psicologico dell’essere rispettoso e attento. Il Prof. D’Orrico era molto studioso per vocazione e passione;  si diceva inoltre che egli, già maturo negli anni, si fosse iscritto alla Facoltà di Medicina. Don Giuseppe impartiva pure lezioni private di Lingua Francese ed era meticoloso nello spiegare ed esigente nell’interrogare. Il Prof. D’Orrico era persona di profonda cultura e di convinta formazione cattolica, doti che gli hanno sempre assicurato ammirazione e stima da parte della popolazione. Il  buon d. Giuseppe ha inteso la fede come strumento capace, secondo la visione manzoniana, di far superare ostacoli e difficoltà  e la cultura come immensa ricchezza che si contrappone all’ignoranza, definita “il peso gravoso per l’umanità”. Il Prof. D’Orrico aveva sposato la gentile donna Grazia, persona di grande personalità e dal “sorriso buono”; sorella di Mons. Girolamo Russo, Rettore, per oltre un ventennio del Seminario diocesano di San Marco Argentano e Bisignano: il popolo di Luzzi ancora oggi  chiama Don Girolamo “il sacerdote Santo”. La religiosità di Donna Grazia e di Don Giuseppe era ammirevole, esemplare, sentita e vissuta ed essi la numerosa prole l’hanno indirizzata sul cammino del bene e del sapere in spirito di abbandono nella benevolenza divina. Il cattolico Don Giuseppe era presente in tutte le sacre funzioni e la mia memoria trattiene il Prof. DOrrico  quando egli sale per il Mese Mariano alla chiesa dell’Immacolata, avvolto nella sua umiltà che concilia insieme ciò che è piccolo, vestendo il cappotto che egli, dando ascolto alla saggezza popolare, abbandonava, come soleva dire, “ai quaranta di maggio”. La chiesa locale, retta da zelanti e generosi parroci luzzesi, ha avuto nel Prof. D’Orrico, che aveva studiato per più anni in seminario, un coerente testimone di vita cristiana vissuta pienamente e gioiosamente. Lo scrittore e pensatore inglese Chesterton di profonda ispirazione religiosa e convertito al cattolicesimo ha scritto: “La gioia è il gigante segreto del cristiano”. Nella chiesa “domestica” che è la famiglia e nella chiesa “parrocchiale”, che è la sua comunità, Don Giuseppe ha parlato con la sua condotta imparziale, con il suo cuore, con le sue qualità intellettuali e con la sua bontà.

     Il Prof. Giuseppe D’Orrico, a mio avviso, ha saputo conquistarsi un po’ di cuore del popolo luzzese compiendo, giorno dopo giorno, continui piccoli e semplici atti di valore culturale e religioso; egli è stata una persona amabile, cordiale e molto riservata.

Cosenza, 5.8.1996                   

 

                                                                                                                               Vincenzo D’Angelo

Tratto dal libro "I Memoranti" a cura di Luciano Altomare

A MIO PADRE

Oh, come fugge il tempo, padre mio...

...come fugge!

Sono passati gli anni, ma l'affetto per te

ancora il cor mi strugge!

Pensando a te , lacrime di gioia e di rimpianto,

rigano il mio volto pallido e stanco,

ed io tornando bimba, lì al tuo fianco,

asciugo il mio ricordo con il pianto;

Ma non va via la malinconia,

nè il ricordo di te, o padre mio !

Ritorno al mio passato e a tutto

ciò che con amore mi hai donato:

la tua fronte sudava nel lavoro

quotidiano, ma non mi è mancato

il pane nei tristi anni di guerra,

ormai lontani.

La mente continua a rimembrare

quel tempo in cui, piano piano,

ti vedevo invecchiare....

e con tristezza, volevo chiedere

al tempo di non accelerare

per poterti ancora amare

e di tante cose farmi perdonare.

Ma, ahimè! I rintocchi del tempo

non ho potuto fermare!

Con dolore ed impotenza ti ho

lasciato andare.....

Ora, la realtà mi scuote

e mentre osservo queste stanze vuote,

non odo che silenzi di dolore,

compagni miei di un costante amore,

che mai il tempo potrà obliare

o memoria tentar di sopraffare.

bottom of page