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La badia della Sambucina
(a cura dell'E.P.T. di Cosenza) 

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Un interessante opuscolo che descrive l'antica badia cistercense della Sambucina situata ai piedi della Sila grande, in territorio di Luzzi (CS). Pubblicato qualche decennio fa con l'intento di far conoscere meglio questo importante cenobio, l'opuscolo ne ripercorre un pò la sua storia quasi millenaria. Aggiungo alcune informazioni che oggi sono ampiamente dimostrabili e che correggono alcune descrizioni dell'opuscolo: La Sambucina è ormai acclarato da diversi studiosi e da alcuni evidenti elementi architettonici che appartiene alle prime abbazie cistercensi con elementi comuni ad altre abbazie simili anteriori al 1150, quindi ciò permette di affermare che la Sambucina è stata costruita prima di quella di Casamari e poi riguardo all'affresco della Madonna del sambuco la sua data è del 1501.

L’abbazia della Sambucina

di Francesca Incutto

«L’abbazia della Sambucina è situata a circa 750 metri di altitudine e si estende su un pianoro montano che da una parte affaccia sulla Media Valle del Crati ai piedi della catena costiera tirrenica fino ai monti del Pollino, mentre dall’altra è circondata dalle montagne verdeggianti delle Sila.»

Sulla data d’origine della Sambucina esistono molteplici e contrastanti ipotesi. Giacinto Ippolito la data nel 1087, fondata dai normanni in Diocesi di San Marco nel territorio di Luzzi[1]. Giuseppe Marchese, riferendosi all’atto di donazione[2] pubblicato nel sul libro, porta le origini dell’abbazia cistercense al 1141 per volere di Goffredo Conte di Catanzaro e con l’intervento del re Ruggero II[3]. Francesco Russo scrive che nel 1135 i Cistercensi vennero nella Valle del Crati inviati da S. Bernardo i quali fondarono la Sambucina presso Luzzi[4]. Alessandro Pratesi è discorde con la tesi sostenuta dal Marchese, ritenendo che l’atto di donazione sia una tardiva falsificazione e che le prove più attendibili dell’origine della badia stanno proprio nel conte Goffredo designato nell’atto fundator Sambucine, titolo (Sambucina) che nei documenti non s’incontra prima del 1163[5].

L’annalista cistercense Angelo Manrique scrive che l’abbazia nasce come fondazione di Casamari: «Sambucina Clarevallis lineam auxit, filia Casaemarii, unde abbatem et monachos suscepit»[6]. Goffredo Viti, monaco della congregazione cistercense di Casamari, rimarca in un articolo apparso in Notizie Cistercensi, la filiazione del monastero calabrese da Casamari nel 1160 come aveva precedentemente affermato il Manrique[7].

Le origini della Sambucina sono collegate ad un monastero preesistente S. Maria della Requisita[8]. Papa Celestino III, con il privilegio del 21 dicembre 1196[9] indirizzato alla Sambucina, elenca oltre ai nuovi possedimenti anche gli stessi appartenenti alla Requisita. Sull’origine della fondazione di S. Maria della Requisita abbiamo il documento del dicembre 1145[10] che conferma la donazione della contessa Berta di Loritello alla chiesa di S. Maria Requisita in presenza di Sigismondo abate il quale riceve il terreno su cui la chiesa stessa noviter construitur e un altro pezzo di terra confinante con i possedimenti de ipsio monasterio. Del 28 settembre 1150 è il privilegio[11] concesso da parte di papa Eugenio III in favore sempre dell’abate Sigismondo e il privilegio del papa Clemente III del 1188[12] risulta essere diretto al monastero di S. Maria Requisita. In un documento di donazione del 1163[13] appare già il titolo della chiesa di Santa Maria della Sambucina Sancte Marie qui dicitur de Sabucine, e tale denominazione risulta costante nei documenti successivi, pubblici e privati, con l’eccezione su detto privilegio di Clemente III del 1188. Il Pratesi sostiene che la presenza del vecchio titolo può essere dovuta all’inscriptio di un atto deperito di papa Alessandro III, anteriormente al 1163, esibito in cancelleria e adoperato per la redazione del nuovo documento[14]. In definitiva tra la menzione più antica del titolo di S. Maria Requisita (1145) e la più recente di Santa Maria della Sambucina (1163), scorre l’anno 1160 indicato dagli indici cronologici di Citeaux come data di fondazione dell’abbazia[15].

Pertanto, la mancanza di riferimenti all’Ordine di cui appartengono i monaci di Santa Maria Requisita, all’interno dei documenti citati, fa pensare senza alcuna certezza che si trattasse di una comunità di Benedettini sostituiti nel 1163 dai Cistercensi; dunque il complesso cambiò nome in seguito alla nuova estensione degli edifici claustrali.

Ponendo da parte le divergenze tra studiosi e i documenti sulle origini dell’abbazia, si può affermare che la Sambucina, sotto la regola di Citeaux ha una rapida ascesa e costituisce nel contesto calabrese del XII secolo (dominato da monaci bizantini) un fulcro da cui il monachesimo latino si diffuse in Sicilia, Basilicata e Puglia. Tale affermazione è confermata dalla politica ecclesiastica del Papato e dei sovrani orientati verso i cistercensi in funzione antigreca ed è testimoniata dai pontefici Innocenzo III e Gregorio IX che puntano a limitarne gli abusi dottrinari e le intemperanze liturgiche[16] e dai re di Sicilia come Ruggero II, i due Guglielmo, Enrico VI, Costanza e di Federico II[17].

La Sambucina perciò diviene casa madre di numerose altre abbazie. In Sicilia è casa madre della Nucara, della chiesa del Santo Spirito e di Roccadia.  In Calabria da essa derivano la chiesa di Santa Maria d’Acquaformosa, Santa Maria di Corazzo, Santa Maria de Ligno Crucis nel territorio di Corigliano e Sant’Angelo del Frigido o Frigillo, mentre in Puglia dall’abbazia di Santa Maria del Galeso[18].

La fama dell’abbazia della Sambucina fu così grande da accogliere nelle sue mura uomini di grande intelletto come l’abate Gioacchino da Fiore definito da Dante il calavrese di spirito profetico dotato che compie il suo noviziato in Sambucina, restandovi fino all’elezione nelle vesti di abate nel monastero di Santa Maria di Corazzo[19]. Dopo il sisma del 1184, Gioacchino da Fiore trascorre un periodo nel cenobio laziale di Casamari, dove incontra Luca Campano indicandolo ai monaci della Sambucina come degno successore dell’abate Guglielmo[20]. Il terremoto del 1184 colpì il cosentino ed in particolare la valle di Crati[21]. Con una Chartula donationis di Goffredo di Carbonara, signore feudale di Luzzi, nel 1196 viene offerta a Luca abate una tenuta «in vicinitate loci quo basilica renovatur et totum monasterium consilio utilioti construitur»[22]. Luca Campano arrivato da Casamari fu abate della Sambucina abbazia dal 1193 al 1203, anno in cui fu eletto arcivescovo di Cosenza[23].

L’abate Luca arricchisce la biblioteca della Sambucina di nuovi codici; l’architettura assume nuove forme, vengono scritte delle opere (andate perse), sorge il primo scriptorium (locale nel quale era organizzata ed eseguita l’opera di trascrizione dei codici)[24].

Attorno al 1221, la Sambucina è nuovamente danneggiata a causa del dissesto idrogeologico del terreno su cui sorgeva il monastero. Papa Onorio III concede ai cistercensi della Sambucina di trasferirsi nella chiesa di Santa Maria delle Matina[25]. I monaci ritornano in Sambucina nel 1235, per la pace e la tranquillità che si respira nella località su cui erge l’abbazia[26].

Per la seconda metà del duecento e per l’intero trecento le testimonianze tacciono. Solo nel 1409, alla vigilia dell’assegnazione della Sambucina in Commenda[27], è possibile recuperare qualche documento grazie allo storico Giuseppe Marchese il quale mostra il disegno-progetto di un acquedotto eseguito dal tecnico Ludovico Scarpelli su incarico di Nicolaus, abate cistercense e del principe Sanseverino[28]. L’acquedotto è datato ai primi anni del Quattrocento con la presenza di Nicolaus e si collega all’ambito della tradizione tecnologica cistercense e dell’esperienza d’organizzazione idraulica proprie dei monaci di Citeaux anche se il contesto temporale è attardato.

[1] G. D’Ippolito, L’abate Gioacchino, Cosenza, Agrillo e De Rose, 1928.

[2] Si riferisce all’atto trovato nell’archivio Firrao Sanseverino. Carte antichissime di Luzzi Catalogate al n. 29-422. Estratto da D. Carlo Sanseverino nel 1310 dall’Archivio della Sambucina e ne porta i suggelli con questa dicitura: Exstractum ex originali Sambucinae a. D. 1310. Esibito nella causa demaniale (1736) svoltasi tra l’Università di Luzzi e il Principe Firrao. Nella stessa causa, per come risulta dalle carte summenzionate, fu esibito il diploma di Federico II, concesso alla Sambucina nel 1227 ed estratto nel 1729 dal Grande Archivio di Stato di Napoli. Il giudice Federico Bonanno ed il camerario Michele Tuvano, della Suprema commissione Reale, nel 1737, reintegrarono nei beni e diritti usurpati l’Università di Luzzi (G. Marchese, La Badia di Sambucina saggio storico sul movimento cistercense nel meridione d’Italia, Lecce, Edizioni Promessa, 1932, p. 47).

[3] Ibidem.

[4] F. Russo, Storia Archidiocesi di Cosenza, Napoli, Rinascita Artistica, 1958.

[5] Il documento sarebbe stato edito da copia del 1310 (come ha precisato lo stesso Marchese con lettera del 24 aprile 1956). Sia questo, sia gli altri documenti citati dal Marchese, sono però andati smarriti e non figurano nell’inventario dell’Archivio Sanseverino di Bisignano pubblicato da Jolanda Donsì Gentile (Archivio di Stato di Napoli, Archivi privati, Sanseverino di Bisignano, I, pp. 1-112) la quale ne ha confermato la perdita con una lettera del 18 aprile 1956 ad Alessandro Pratesi. (Pratesi, Carte Latine, p. 10 nota 4 e p. 22, nota 2). Vedi anche De Cicco, Santa Maria della Matina, p. 28.

[6] A. Manrique, Annales Cistercienses, (ed. anast.) New York, Gregg Publishing, 1970, 1160, VI, 7.

[7] A. Manrique, Cisterciensium seu verius ecclesiastico rum annalium a condito Cistercio, II, Lugduni, 1642, pp. 343, 469.

[8] De Cicco, Santa Maria della Matina, p. 27.

[9] Pratesi, Carte latine, p. 24, nota 3.

[10] Ivi, p. 23, nota 1.

[11] Ivi, p. 24, nota 1.

[12] Ibidem.

[13] Ibidem.

[14] Il documento viene ricordato nel privilegio di papa Clemente III del 1188. Inoltre la conferma che già prima del 1188 il monastero portava il titolo Sambucina, viene fornita anche dal Kronig che, nella descrizione sulla soluzione di pianta bernardina ricorda: «Roccadia (fon. 1176 nella diocesi di Siracusa) fil. Clairvaux tramite Casamari-Sambucina» (W. Kronig, Altenberg und die Baukunst der Zisterzienser, Bergisch Gladbach, 1976, p. 10).

[15] De Cicco, Santa Maria della Matina, p. 28.

[16] Dalena, Calabria medievale, p. 196.

[17] Si veda che un diploma di Federico II, del 1199, a conferma di donazioni e protezione già concesse all’abbazia, appuriamo che i suoi possessi vanno dal territorio di Cassano a quello di Cerchiara, toccando la Sila e le coste della Calabria orientale con Isola Capo Rizzuto, si estendono con tenimenta nelle contee di Catanzaro e Luzzi (Pratesi, Carte latine, pp. 41-42, doc. 14).

[18] Per le singole abbazia citate, Janauschek, ad voces; per i rapporti fondazione-filiazione v. A. Dimier, L’art cisterciens hors de France, Paris, 1974, pp. 201-202.

[19] Pometti, Carte delle abbazie, pp. 119-123.

[20] H. Grundmann, Ausgewahlte Aufsastze, Stuttgart, Hiersemann, t. 2, p. 220.

[21] M. Baratta, La catastrofe sismica calabro-messinese (28 dicembre 1908). Relazione alla società geografica italiana, Roma, Società geografica italiana,1910.

[22] Pratesi, Carte latine, p. 114, doc. 48.

[23] Su Luca Campano si veda A.M. Adorisio, L’opera dimenticata di Luca da Casamari, arcivescovo di Cosenza. Premessa all’edizione del Liber usuum ecclesiae cosentinae, in Federico II e Casamari in Atti convegno nazionale di studi nell’ottavo centenario della nascita di Federico II (1194-1250). Casamari, 16 settembre 1995, Casamari, edizioni Casamari, 1996 (Biblioteca Casaemariensis, 2) pp. 79-96.

[24] Marchese, La badia di Sambucina, p. 46.

[25] Pratesi, Carte latine, pp. 300-303, doc. n. 128; 305-308, doc. n. 130.

[26] J.M. Canivez, Statuta Capitulorum Generalium Ordinis Cisterciensis ab anno 1116 ad annum 1786, volume 8, Louvai, 1933-1941.

[27] G. Viti, Le origini dell’abbazia di Santa Maria di Sambucina alla luce della critica delle fonti, «Notizie Cistercensi», VI, 1973, nn. 3-4, pp. 163-185. 

[28] G. Marchese, Tebe Lucana, Val di Crati e l’odierna Luzzi, Napoli, Gennaro D’Agostino, 1957, p. 333 e n. 96; inoltre G.C. Frega, Sull’acquedotto cistercense per la Badia Sambucina e Luzzi, «Vivarium», I, 1980, n. 3, pp. 52-56.

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Paesaggio dell’abbazia della Sambucina

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Sambucina, monumento tra i più suggestivi della Calabria, l’abbazia di Santa Maria della Sambucina situata nel comune di Luzzi in provincia di Cosenza.

Franco Dima

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Go 4Round - Calabria

La Sambucina di Luzzi (CS) è una meraviglia della storia e dell'arte. ⛪ Splendida eredità del Medioevo calabrese, la Sambucina è stata un'abbazia tra le più importanti del Sud Italia e ha contribuito alla decisiva affermazione del rito cattolico in Calabria ai danni della cultura greco-bizantina. ✝ Con questo video, vogliamo trasmettervi le emozioni che abbiamo provato visitando questo luogo. 🌟 Le montagne intorno a noi - ve ne accorgerete - sprigionano una carica spirituale immensa, la stessa carica che ha travolto Gioacchino da Fiore (ma non solo lui!).

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