Il mondo artistico è sempre in movimento, e ah necessità di rigenerarsi.
L'arte ha bisogno di arte per alimentarsi. E' ciò che è accaduto al festival "Il Federiciano". In Piazza dei Poeti Federiciani, caratteristica piazza con le poesie sui muri, è stato bello vedere un pubblico attento, preparato e così bisognoso di poesia, che ascoltava con religiosa attenzione le mie canzoni. C'era una bella energia; fondamentale per questi artisti che, come me, hanno l'esigenza di compiere un viaggio interiore e fornire a chi gli sta di fronte i mezzi per poterlo fare a sua volta, attraverso la traslazione di emozioni.
(tratto dalla prefazione di Mariella Nava)
Dopo qualche anno, sono tornato nel borgo calabrese dove si è realizzata l'utopia immaginata da Giuseppe Aletti - la creazione del "Paese della Poesia" - per partecipare alla decima edizione del festival "Il Federiciano".
Il festival è veramente una "Festa della Poesia". L'atmosfera che respiro a Rocca Imperiale è la stessa che si respirava a Spoleto i primi anni del "Festival dei Due Mondi", quando alla direzione c'era Giancarlo Menotti, grande artista e musicista. C'era una continua possibilità di appuntamenti, con un correre piacevolissimo da un luogo all'altro per seguire più eventi possibili: gli stessi stimoli che ho ritrovato al festival "Il Federiciano", nato da una geniale intuizione. Come Menotti era diventato il "Duca di Spoleto", allo stesso modo Giuseppe Aletti lo è diventato per Rocca Imperiale, amatissimo dalla gente del posto per il suo bellissimo e utilissimo impegno per la diffusione della poesia.
(tratto dall'introduzione di Alessandro Quasimodo)
Al di sotto
Stramazzo,
Non allontanarmi
da un gomitolo
a cui aggrapparmi.
L'altrove non è casa per me.
Mi sfilo a sfida con lui
pronta ad uccidermi.
Un gomitolo
è tutto ciò che mi resta
attorno alla carne
al mio collo che cede...
e, forse, mi capirete anche.
Lasciatemi così. Senza risposta.
“Premio Grimoaldo I” – Edizione 2018
Il Concorso di Poesia, nato nel luglio del 2015 nell’ambito dei percorsi culturali aperti al territorio che si è proposta l’Associazione, sta per vivere la sua quarta edizione. Nel 2017 ha visto la partecipazione di tantissimi poeti di tutte le età e provenienti da ogni parte d’Italia, con elaborati a tema libero, divenendo così l’evento più prestigioso realizzato dalla nostra Associazione e un atteso appuntamento annuale di importante riferimento per la Poesia. Questa ha un unico linguaggio: quello dell’anima. Il Premio persegue pertanto l’obiettivo di offrire a tutti indistintamente la possibilità di esprimere in versi le proprie sensazioni e l’occasione di fare conoscere le proprie opere, creando un momento di sviluppo e diffusione della Poesia e delle emozioni che questa riesce a suscitare. Questa edizione, come la precedente, è articolata nelle due sezioni in Lingua e in Vernacolo, con un Premio speciale della Critica dedicato alla memoria di Antonio Guerriero, insegnante e poeta grimaldese.
Il mio unico pianto che resta
Chiamerò Auschwitz
il mio unico pianto che resta.
Fermerò le stagioni,
per dirmi morta con loro.
Non fioriscano palazzi
sulle loro ossa calpestate.
Non ho piedi stabili
che possano camminare
sulle donne trucidate
e chi più non si sente uomo;
sui figli assopiti
prima nelle culle
ora nei forni.
Sono i campi
dove non si stende più nessuno.
Disperdo venti distrutti
sventrati.
Ora anche il tempo
si è legato una corda al collo.
Chiamerò Auschwitz
il suicidio di tutti.
Passeranno i mondi
ma resta un abisso:
un pianto che tace.
(Menzione Speciale)
Sii in forti stagioni in fiamme
Sii in forti stagioni in fiamme.
Ustioni, corpi al rogo ricamati
come sciarpe in rosso vestite.
Tu stai, di lato su tegole morse.
Tu. Strappi marcio vento o fiume
vomitato in terra secca e, tu,
lecchi nera pece su piatti bianchi.
Hai scarpe di fango su sogni tersi.
Squarcio di labbra e legno e
si vede il cielo, scuro del tuo sonno,
in quello spacco di fuoco o in te
piatta, stanca di fiati persi in vita.
Deliro, Dio, deliro o sogno
chè non in forti stagioni in fiamme son
quando i rami si impiccano o, via,
trema la marea, nel vuoto di me.
Tornerà
Lontano, mi pare
l'orrendo farfugliare,
ch'or non mi devasta.
Labbra su cui incisi
un incidente di nascita.
Tornerà
la babilonia di mille parole
a spremermi in cenere.
Per ora, una lieve brezza.
Sono
quella bimba ch'io cullo
all'avvenire
di un misero sogno
canticchiando
la menzogna
d'un buio che non tornerà.
Nata durante la doppia personale "Elements" di Alex Gallo e Eleonora Maria Barbaro (in arte Negr Art) presso la Biblioteca Comunale di Reggio Calabria nel novembre 2016, l'Associazione NAOS Arte & Cultura si costituisce ufficialmente il 1° marzo 2017.
Nata da un'esposizione concepita quasi per gioco, sicuramente come una sfida: attraverso un tema che richiama l'importanza di restituire al cuore dell'uomo il senso vergine delle cose, l'obiettivo è stato far DIALOGARE quattro arti (fotografia, pittura, poesia e grafica) che hanno ragion d'essere totalmente differenti e raramente vengono accostate in sede espositiva.
Il successo della mostra e la sinergia che si è creata tra gli artisti, compreso il giovanissimo studente dell'Accademia delle Belle Arti: Angelo De Masi (invitato a presentare la sua interpretazione dei quattro elementi durante uno degli incontri culturali previsti all'interno della rassegna), hanno scatenato la voglia di concretizzare questa bellissima esperienza ben oltre se stessa, dando origine all'Associazione NAOS Arte & Cultura.
Naos. Anticamente inteso come l'ambiente che ospitava l'immagine della divinità, simbolicamente inteso come la casa del dio stesso, per cui ad esso avevano accesso solo i sacerdoti, se non durante le festività.
Naos. Terminologia ripresa e reinterpretata in un'ottica di spiritualità laica: risvegliare il nostro dio interiore, quell'energia potente che risiede nelle profondità di ogni essere, attraverso l'Arte- intesa come mezzo per evadere dal mondo e strumento indispensabile per vivere in esso.
Naos pertanto si propone come fucina creativa, cardine di ricerca e significato delle sfaccettature del linguaggio umano, in tutte le sue manifestazioni artistiche, poetiche e culturali; culla dell'animo per chi l'arte....la fa, e per chi la fruisce, al fine di restituire valore cosmico all'esistenza umana, e ricondurre il cuore dell'uomo alle forze primigenie, a quel senso vergine da cui tutto è iniziato.
SEGNALAZIONE DI MERITO
Letizia Papaianni (CS)
La riflessione affannata incalza nell'accettazione intelligente della faglia tra l'immobilità petrosa della mente ed il cuore vergine e pronto all'abbandono.
Come un tumulto che non sa di guerra
Fremono semi in disordine
crescerà sempre un amore in un caos.
E dirà qualcuno: "Farfugliano i tempi"
e sfoglierà fra le dita i bisbigli dei campi.
Penseranno forse ancora
che la terra ci ingloba come nulla,
in un dove deserto del nostro passare
senza troppi passi, senza troppa vita,
senza il coraggio d'una legge perduta.
Ma non avranno gli abbandoni negli occhi
i temperamenti improvvisi e i mari sconvolti,
il fuoco che brilla e un'anima che si schiude,
i fiori nati per caso e un petalo di labbra caduto
e le scosse d'un cuore non ancora sciupato.
Autori Vari
CET SCUOLA AUTORI DI MOGOL - 5^ edizione (ω)
Sono sempre stato convinto che l'arte si possa insegnare. Dalla mia esperienza di vita sono giunto alla conclusione che tutti noi nasciamo con un talento latente, e soltanto con lo studio, la dedizione, l'insegnamento riusciamo a farlo emergere. Immaginiamo un prato incolto pieno di rovi, e che su quella stessa terra ci sia, in un angolo, un orto coltivato con tanti prodotti meravigliosi: come la terra può trasformarsi con il lavoro, così anche il talento può manifestarsi se impariamo a coltivarlo.
(Tratto dalla prefazione di Mogol)
E’ SOLO VENTO
Ascolta: cade il centro del mondo.
Il mio è un bimbo che piange,
messo lì in uno scatolone,
che nessuno aprirà.
Su di me scendono le stelle
a tentare un bacio di luce,
mentre nera s’annerisce la pelle.
In un pezzo di scatolo
invento l’Universo
per ogni giocattolo perso,
lì ai margini, fra gli occhi
di chi è nato in errore.
Nel mio scatolo di notte
non ci sono fantasmi.
Ascolta: cadono i cieli.
I miei son finiti da tempo.
Anche il mio scatolo ora
lacrima laghi dalle ciglia.
Mi confondo fra le cose
buttate.
E le stelle non più abituate
a brillare per me.
Anche il mio scatolo ora
piange senza di me;
d’altronde, in lacrime
si finisce da soli.
Non fra le braccia mi tiene.
A volte a sbirciarmi viene,
finchè si ricorda di me.
Ma è possibile ricordarsi di me?
Ascolta: cade tutto oramai.
E quante domande avrai
sui miei passati universi
inventati.
Li vedi ora accantonati
ai margini, fra le briciole
calpestate al passaggio
di qualcuno che le noterà
e le farà perire,
perché per loro
non c’è un dolce morire.
Domando io: a che costo
nessuna cura su letti di cenere?
Non un sogno in cui Venere
mi trema negli occhi
come fossi suo figlio?
Neanche uno scatolo più
che mi sia madre,
di quelle mai stanche
di vegliare per me.
Cade tutto oramai
e cado anche io.
Ascolta: tira il vento.
Non aspettarmi
ai piedi d’un palazzo
da cui mi getto.
E’ un vento che sa di me.
Un suicida
è quella vita singhiozzante
in un corpo sospeso;
un vento di uomini soli,
a cui sentirsi
fratelli.
Autori Vari
CET
SCUOLA AUTORI DI MOGOL
2018
ω
La poesia contemporanea deve essere profumo di vita, dal proprio vissuto. Non è l’insieme di belle parole eleganti o acculturate, ma la riproduzione prettamente tangibile della realtà. Se è vera, trasmette emozioni; se non suggestiona, non è poesia.
Diversamente, la poesia storica è stata nel tempo, ha parlato alle generazioni passate ma ora non è più viva e appartiene alla storia: non suscita trepidazione, poiché ha esaurito la sua forza propulsiva, ma rimane fondatamente per la conoscenza storica dell’arte poetica.
E’ mia convinzione che tutti possediamo un talento, ma abbiamo bisogno di coltivarlo, avendo consapevolezza che la crescita può essere inimmaginabile. E’ un discorso che vale per tutti, senza limite d’età: differenziare per età è una forma di razzismo.
(Tratto dalla prefazione di Mogol)
Frida
Di notte
i colori si assopiscono
li inseguo
sull'orlo di una lunga gonna
che mi copre i piedi
di una lunga gonna
che mi copre
dal mio tornare
a un corrimano
che trafigge la carne
e un letto
di una ragazza morente
e di notte
vomito un amore
di te
mio incidente perfetto
di me
morta tre volte nel grembo
mi ritraggo su una tela
per non perdermi di vista
io per sempre persa
in te
strazio
di un corpo che trema
fuoco rosso
che mi scoppia in vena
quanto può costar
amare l'oceano
e non averlo mai
e io
terra abbandonata
da te
cielo
che prima mi scopre
poi
mi lascia in tempesta.
Il Premio Internazionale di Poesia “Tropea: Onde Mediterranee” cresce di anno in anno, sia per numero di partecipanti sia per qualità artistico-strutturale delle opere, e anche per i temi trattati. Esso si impone all’attenzione nazionale e internazionale, e si prefigge il compito di essere uno strumento di diffusione e di conoscenza della poesia con la fisicità dei suoi cultori e degli autori, con l’obiettivo di far apprezzare e amare la Poesia, anche fuori dalle mura ristrette della scuola. Proprio per questo l’Associazione “Tropea: Onde Mediterranee”, anche quest’anno, pur con le note ristrettezze economiche, ha mantenuto l’impegno di pubblicare in una pregevole Antologia tutte le opere partecipanti al concorso. E di organizzare la manifestazione di premiazione qualitativamente elevata degna della città di Tropea.
E intorno i campi felici
Sei quel capo chino
sul mio fiore,
che non ce la fa.
E intorno i campi felici.
Chissà se vedi anche tu
i miei lupi col muso fiacco
pelo spezzato
e, a volte, un po’ di fame,
per brucare quello stelo,
che a stento si tiene.
Mi soffia un’abitudine.
Potrà un affetto
farmi calma di mare?