Personaggi illustri di Luzzi
Giuseppe Firrao nacque a Luzzi, feudo della sua famiglia, il 12 luglio 1670 (o 1669). Membro di una nobile famiglia napoletana, Giuseppe era il figlio secondogenito di Pietro Firrao, principe di Sant'Agata, e di sua moglie Isabella Caracciolo dei principi di Torrenova. Suoi fratelli erano Tommaso, Teresa e Gennaro.
Egli si recò a Roma in giovane età e studiò al Seminario Romano e quindi all'Università La Sapienza di Roma ove il 22 gennaio 1695 ottenne il dottorato utroque iure.
Il 3 marzo 1695 venne ammesso nell prelatura romana come referendario dei tribunali supremi della Segnatura apostolica di grazia e giustizia. Vicelegato ad Urbino nel 1697, divenne quindi Governatore di Loreto dal 22 febbraio 1698 passando ad Ancona dal 31 maggio 1701. Governatore dei territori di Civitavecchia e Tolfa dal 17 dicembre 1702, fu anche sovrintendente di Corneto [non chiaro]. Il 22 aprile 1705 venne nominato Governatore di Viterbo e dal 12 luglio 1706 fu anche governatore di Perugia e Umbria rimanendo in carica sino al 16 giugno 1709. Nominato quindi relatore della Sacra Congregazione della Sacra Consulta, fu votante soprannumerario del tribunale della Segnatura apostolica di grazia e giustizia dal 18 aprile 1709.
Il 6 aprile 1711 ricevette gli ordini minori, il 25 agosto 1714 il diaconato e dal 1712 venne già inserito tra i votanti effettivi del tribunale della Segnatura apostolica di grazia e giustizia. Nel 1713 venne nominato visitatore apostolico delle province di Marche ed Umbria e dall'anno successivo fu nunzio straordinario in Portogallo, incaricato di portare le fasce benedette al principe del Brasile. Il 2 settembre 1714 venne infine ordinato sacerdote.
Eletto arcivescovo titolare di Nicea dal 2 settembre 1714, divenne nunzio apostolico presso la Confederazione Elvetica dal 23 ottobre 1716, dove si adoperò particolarmente per riportare la disciplina religiosa nel famoso monastero di Campidona. Nunzio apostolico in Portogallo dal 28 settembre 1720, fu dal giugno 1723 anche abate commendatario di San Samuele a Barletta e del monastero benedettino di Santa Maria di Passaca, nella diocesi di Catanzaro. L'11 dicembre 1730 venne trasferito alla sede episcopale di Aversa col titolo personale di arcivescovo. Lasciò i propri incarichi il 26 settembre 1734.
Creato cardinale presbitero nel concistoro del 24 settembre 1731, il 19 novembre di quell'anno ricevette la berretta cardinalizia ed il titolo di San Tommaso in Parione. Nel maggio del 1733 venne nominato prefetto della congregazione particolare per il porto franco di Ancona. Nominato Cardinale Segretario di Stato dal 4 ottobre 1733, occupò tale incarico sino al 6 febbraio 1740, divenendo nel contempo prefetto della Congregazione per Avignone, per Loreto e per Fermo. Protettore dell'Ordine degli Eremitani di Sant'Agostino dal 17 gennaio 1737, divenne prefetto del Supremo tribunale della Segnatura apostolica di Grazia e Giustizia dal 29 novembre di quell'anno. Nominato protettore del Collegio Maronita di Roma dal 4 dicembre 1737 divenne anche protettore del Sovrano Militare Ordine di Malta. Prefetto della Congregazione dei vescovi e regolari dal 27 agosto 1738, partecipò al conclave del 1740 che elesse a pontefice Benedetto XIV. Optò quindi per il titolo cardinalizio di Santa Croce di Gerusalemme dal 29 agosto 1740. Il 2 gennaio 1741 divenne Camerlengo del Sacro Collegio dei Cardinali rimanendo in carica sino al 22 gennaio 1742.
Morì il 24 ottobre 1744, alle ore 18, a Roma. La sua salma venne esposta nella chiesa romana di Sant'Agostino dove ebbero luogo le esequie il 26 ottobre, presiedute da papa Benedetto XIV in persona. Successivamente la salma venne traslata nel pomeriggio nella sua chiesa titolare e sepolta di fronte all'altare maggiore della chiesa, nel sepolcro che egli stesso aveva progettato, con una lapide raffigurante unicamente il suo nome e lo stemma di famiglia.
Un suo pronipote, Giuseppe Firrao il Giovane, fu anch'egli cardinale.
MICHELE LE0NE (1)
Nacque in Luzzi il 1786. Apprese i primi rudimenti nel Seminario di Bisignano: là in Cosenza correa l'intero studio d'istituzione sotto Francesco Golia e Giovanni Potestio e coverto del plauso di giusti estimatori, ispirato a grandi cose, nel 1807 trasferivasi in Napoli ove studiò Chimica Farmaceutica. Bergman gli avea dato una giusta idea del rapporto fra le principali Scienze Fisiche. Fergola aveagli ispirato il metodo dell'analisi colla nuova ampiezza che seppe imprimervi. I famosi Lancellotti e De Rosa aveanlo istrutto nella Filosofia della Chimica. Il 1811 la Farmacia generale degl' Incurabili mancava del suo Capo; per lo che si tenne pubblico con corso in Napoli, egli trionfò fra tutti anche sul celebre Vulpes famoso in tutta Europa. Onde restò proverbiale il modo: il Leone ha divorato la Volpe. Nel 1813 la Capitale decoravasi di un nuovo Collegio Medico-Cerusico, Leone dalla cattedra di Chimica Farmaceutica detta le sue lezioni, ed è felice per ispontaneità di parola, vibratezza ed amenità di stile, nitidezza e coordinamento d'idee, novità ed economia nell' istituzione dei processi. Promuove con successo la discussione, combatte l'ingiustizia letteraria e la temerità (1). I Cotugni, i Ronchi, i Sementini, gli Amantea sono suoi ammiratori ed amici. Nel 1814 riforma i fornelli nel Serraglio, per incarico del Governo coll'economia della metà della spesa e col doppio prodotto dell'utile. Ma ecco turbarsi il sereno dei giorni di Leone! Un genio malefico, per sospetto d'onore, confondendo la calunnia colla realtà gli gridò vendetta e la vendetta è giurata; sicchè Leone sentivasi costretto ad abbandonare con Napoli quei posti che gli costarono tanti sudori e tante privazioni, oltre di che il disprezzo della fortuna nella elezione dello stato coniugale gli avea generato la povertà. Intanto venne il 1820 e Leone, nel cui petto fervevano sentimenti di libertà, prese parte al moto politico di quell'epoca. Ciò fu causa che poscia soffrisse quella specie di persecuzioni che tutti sanno (non risparmiatrice nemmeno degli scritti scientifici di un grand'uomo) e che cadesse nel fondo della miseria per non risorgere più – Ritornò a Luzzi suo paese natio, il quale però non vide lungo tempo il Cavaliere dell'ordine delle Due Sicilie Michele Leone per essersi questi trasferito, dopo l'amnistia, a Cosenza, dove fondò la Farmacia detta del Leone ivi ancora da tutti ricordata. Finalmente il 1833, quasi ancor giovane, abbandonò per sempre questa misera terra compianto da tutti, lasciandoci in eredità il suo nome e la sua vita degnamente scritta e pubblicata dall'illustre Prof. Luigi Maria Greco già Segretario perpetuo dell'Accademia Cosentina.
DOMENICO COPPA
(1) Estratto dalla vita di Michele Leone per Luigi Mº Greco.
D0MENCO CORRADO
Questa, e le altre quattro biografie, che seguono, ci sono state inviate dall'egregio prof. Domenico Coppa, estratte dalla sua Monografia intorno a Luzzi: « Nacque in Luzzi il 1802 e morì l'11 agosto del 1857. Sortito dalla natura ingegno vivacissimo lo coltivò nella giovinezza con grande soddisfazione dei suoi genitori e pedagoghi. Studiò poscia in Acri, Cosenza e Napoli. In questa incantevole città dimorò 7 anni e giovanissimo ancora si laureò in Medicina e Chirurgia, nelle quali scienze fu versatissimo, sicché al ritorno molta fama di sé sparse tra i paesi della Calabria; e molto si giovarono dell' opera di lui le principali autorità civili e militari di Cosenza. degno di nota particolare come avesse imbalsamato una lupa col metodo che il signor Marini chiama dello stato coriaceo, in forza del quale il tessuto messo poche ore nell'acqua riprende la sua naturale freschezza. Il Corrado non ha potuto o forse non ha voluto questa sua scoperta, e in ciò fece male. a è fatto incontrastabile che precorse nel sistema d'imbalsamazione al chiarissimo Prof. Marini, cui ciò non ostante rimane tutt'intera la gloria delle nuove preparazioni anatomiche, per non avere esso certa mente potuto studiare ed appropriarsi il pensiero del l'ignorato Dottore Luzzese. Il Napolitano ebbe ultimamente ad imbalsamare i cadaveri del celebre pianista Thalberg e dell'antico Prefetto di Napoli signor D'Afflitto con altro muovo sistema in virtù del il tessuto rimane fresco per sempre. Ciò sia etto di passaggio a gloria dell'illustre inventore.
NICOL CORRADO
Ecco un altro illustre luzzese degno di essere ricordato ai posteri. Fratello di Domenico nacque in Luzzi il 1806 e morì dopo 62 anni di vita a Parigi. Studiò in Acri, Rossano e nel Seminario di Bisignano ove fu unto Sacerdote. Per anni 5 insegnò Belle Lettere nel suo villaggio natale, d' onde si trasferì nel Citrarese, Direttore di quel Ritiro, che godeva allora grande rinomanza. Ritornato coll' animo diretto a più sublime destinazione partì per Roma coi Gesuiti missionanti Padre Montealcielo, Padre Effeminò, Padre Pace, Padre Tocca e Padre Ripolì i quali lo presentarono al Papa Gregorio XVI e gli ottennero che venisse destinato missionante nel Perù. Ivi predicò circa 7 anni la parola di Dio e con molto profitto delle anime. Ritornato a Roma presentossi, come avea obbligo, nuovamente al Papa, il quale mentre innanzi gli era stato prodigo di larghe promesse, in allora non fe' che ringraziarlo soltanto a nome del mondo cristiano - E certo il Sommo Pontefice ebbe assai grave motivo in così fare, esortandolo a maggiori imprese pel bene della cattolicità, e facendogli sperare un avvenire migliore. Fu per questo, dicesi, che il Corrado apostatasse e divenisse uno dei più appassionati favoreggiatori della Scuola Metodista inglese. Immantinente partì Londra ove dimorò per circa anni 12. Fu quindi Ministro evangelico in Lione, Parigi, Bruxelles, Aix, Berlino, Milano, Torino, Genova e Napoli; donde fu richiamato a Londra e rinviato a Parigi perché assistesse rappresentante la chiesa unita d'Inghilterra nell'esposizione universale del 1867. Ivi finì di vivere, s'ignora se nella prisca fede degli avi suoi o pur no. Scrisse e pubblicò in italiano l'Eroe d'Italia Dramma; in inglese: Visions. Si conservano dalla famiglia due manoscritti, cioè:
1.º La forza della fantasia.
2° Introduzione all'arte del ben dire.
Altri lavori scrisse in francese e tedesco, delle quali lingue era profondo conoscitore, ma noi ne ignoriamo financo i titoli.
FRANCESCO ANTONIO COPPA (a)
Nato in Luzzi il 1810 moriva nel gennaio 1864 di cardialgia. Fanciullo ancora dava indizio di eletto ingegno e di profondo intendimento; né l'udire un detto, o il vedere una cosa era senza profitto in lui; e dalle sagaci interrogazioni ch'ei venia dirigendo ad ognuno, e dalle pronte ed esatte risposte che faceva ad altri, lasciava spesso trapelare un animo irrequieto che non è pago di fermarsi alla buccia. Fatti i primi studi in Luzzi, li proseguì con molti onori nel Seminario di Bisignano ed in Cosenza, e li compì in Napoli conseguendo la laurea di Avvocato, la quale gli valse ad occupare il posto di Notaro in Rose mediante pubblico concorso.
L' onorarono in Napoli della loro amicizia Vincenzo Cuoco autore del Platone in Italia, fautore anch'esso della Repubblica Partenopea nel 1797, ed il siciliano Nicola Palmieri autore ella Storia dell'Isola. Tenne corrispondenza epistolare con questi ed altri valenti scrittori tra cui il padovano Conte Andrea Cittadella Uzodarzese e Giuseppe Bianchetti da Treviso ambo famosi oratori dell' Italia subalpina. Amicissimo del filosofo Ferdinando Scaglione di Cosenza ebbe più volte a discutere con esso alti punti del Dritto Universale ed a sostenere valorosamente l' equivoche opinioni del Montesquieù in molti luoghi esagerati della sua grand' opera storico-critica lo spirito delle leggi, della quale era studiosissimo ed indefesso cultore. Nei casi più ardui di Giurisprudenza ei giudicava francamente, con rara prontezza ed in modo quasi esattissimo, e il suo giudizio s'incontrava sempre con quelli d'illustri avvocati, come di un Gnaccarini, un Arnoni, di un Focaracci. Conoscitore della Lingua Francese non trascurò di coltivarla , svolgendo qualche ora ogni dì i capolavori di quella Letteratura; e i brani più scelti del Racine, del Corneille, del Fenelon, del Quinault, del Voltaire ecc. raccomandando a memoria. Dell' Enriade di quest'ultimo notò più volte in francese a piè di pagina gli errori teologici e le tinte troppo cariche di stragi ed assassini odiosi (Formey). Amante del bello in qualunque forma si esplicasse coltivò con trasporto la musica, e sul violino e sul pianoforte eseguiva con grande precisione, senza apprendimento di note, e coll'unica guida del l'udito i pezzi più scelti del Trovatore, della Traviata, della Beatrice Tenda; oltre che nei momenti di commozione il suo genio inventore, accendendosi, musicava con novelle creazioni di arte le più affettuose ariette. In lui il letterato e l'artista non era altro dal cittadino: caldeggiatore di quella libertà alla licenza nemica, amò la patria moderatamente e fu per questo fatalmente involto insieme col fratello sacerdote Filippo nelle persecuzioni politiche del 1849, sebbene rimanessero calunniose la maggior parte delle accuse mosse loro contro. Negli ultimi rivolgimenti del 1860 devoto alla causa dell'unità e indipendenza italiana , senza mancamento alla fede cattolica come è formulata da Roma, si adoperò anch'esso perché lo elemento antico purgato dal suo vecchiume e nutrito dall'idea incivilitrice dei nuovi tempi ringiovanisse, come era l'aspirazione di tutti i buoni patrioti. Coprì di poi molto lodevolmente i primi posti fra la cittadinanza luzzese dopo ch'ebbe già rinunciato alla Pretura di Mandamento di Cerzeto, forse perché sentiva prossimo il momento che dovea rendere l'anima a Dio. Difatto un fierissimo morbo (la cordialgia) lo colse dal 1861 e gli ebbe in poco tempo sfiorato il nobile volto e assottigliato il robustissimo corpo. Era lo spirito di lui che eliminava a poco a poco lo estranio elemento per ricongiungersi alla limpidissima fonte ond'era partito. E già nel gennaio del 1864 spariva da questa scena del mondo compianto dalla patria e dagli amici che il conobbero e l'ammirarono in vita.
(a) Fu padre dell'autore di questo scritto e della medesima famiglia cui appartenne l'illustre e gentile poetessa novelliera e pittrice Mariannina Coppa, nata in Luzzi il 31 giugno 1669 e morta entro il 1694, dopo 25 anni di vita luminosa. In un vecchio manoscritto rinvenuto fra le carte della famiglia Coppa si narra di questa giovanetta che a 12 anni scriveva quasi compitamente la novella ed il dramma pastorale – Fra le poesie più lodate della medesima di si nominano gl' Idilli a Nice a Dafne a Fillide; nonché un Dramma pastorale intitolato Eurilla: fra le Novelle la Giovanna D'Arco, la Luce e gli Occhiali, un'ingegnosa scoperta: Fra le Pitture il ritratto di se stessa, il Monte della Sambucina, le Grotte di S. Elia, ed una Scena del tremuoto del 1693 in Sicilia –Si dice che Onofrio Rogliano dei mobili Bisignanesi ne avesse scritta una ricca biografia –non si accenna a pubblicazione di sorte. Erano amici e corrispondenti di lei il famoso pittore Balestra, la celebre miniatrice Rosalba Carriera veneziana, la illustre scienziata Eleonora Cornaro Piscapia ecc. Fu conosciuta ed ammirata dai Cosentini: Tommaso Cornelio, Pirro Schettini, Ferdinando Stocchi, Giacinto Arnone, Daniele Matera ecc. i quali l'invitarono a far parte della Accademia dei Costanti. Gian Vincenzo Gravina ebbe a proporla a membro dell'Accademia dell'Arcadia in Roma. Si legga all'uopo la citata Monografia su Luzzi del signor Domenico Coppa.
ANT0NIO PARISE (a)
Antonio Parise da Luzzi nacque il 2 settembre 1811 dai genitori Luigi ed Aurelia Russo. Subì gli esami di 1° grado in Belle Lettere e Filosofia addì 25 febbraio 1840 nel Liceo di Catanzaro (nell'età di anni 28) ove riscosse piena approvazione, e ne conseguì la dovuta Cedola. Licenziato nella medesima facoltà a 24 novembre 1842 (di anni 31) nella Regia Università di Napoli, si laureò in continuazione nel dì 3 dicembre 1842. Addì 19 ottobre 1844 con pubblico e sperimento , ottenne un Decreto dal Re Ferdinando II in questi sensi: « Accordiamo al Sacerdote Antonio Parise il permesso di tenere in Luzzi Scuola privata di Filosofia e Belle Lettere uniformandosi non solo ai Regolamenti in vigore , ma benanco al disposto del decreto 30 dicembre 1821, col quale sta ordinato ai maestri e maestre private di dare lezioni con porta aperta ». Nel 10 agosto 1850 S. M. Ferdinando II gli accordò con Real Rescritto provvisoria mente il permesso di tenere scuola privata di Letteratura e Filosofia. Si sottopose poscia all' esame del Consiglio Generale di Pubblica Istruzione, e ne ottenne con plauso la dovuta autorizzazione. L'intera sua vita fu consacrata quindi all'istruzione della gioventù, alla quale applicava continuatamente tutte le sue forze. Fu Professore nel Seminario di Bisignano dacchè n'era seminarista, e vi continuò per più anni. Tenne scuola privata in Cosenza ed il suo nome per moltissimi anni suonò rispettabile, ammaestrando quella gioventù calabrese in tutti i rami dello scibile, profondo com'era sopratutto in Filosofia, nelle Matematiche sublimi e financo nella Chimica , tanto che il celebre Marini e l'esimio Luigi Greco, Professori nel R. Liceo Cosentino , sovente lo invitarono alle conferenze accademiche di quel luogo, segno di immensa stima. In Napoli , nella ridente città delle Sirene preparò anche la studiosa gioventù per gli esami dei gradi accademici in quella Università, svolgendo analoghi programmi, e stretto amico del Preside (Giannattasio) vi si rese oltremodo benemerito. Nel 1° novembre 1845 reduce da Napoli riapriva il suo studio privato in Luzzi, il cui insegnamento era la Filosofia del Barone Galluppi, e le Belle Lettere con analogo trattato di Estetica e corso di Lingua Greca. Nel 1847 esercitò l'uffizio di Ajo in Cosenza tra i pini della fredda Sila, presso la Baronale famiglia Lupinacci. Nel 1848 venia costretto dall'illmo: e rev: Vicario Capitolare D. Domenico Decano Fasanella, a sostituire in quel Seminario di Bisignano il Prof. Leopoldo Pagano nella Cattedra di Belle Lettere. Nella riapertura del medesimo Seminario dopo i rivolgimenti del 1848 vi venia richiamato per continuare le sue lezioni di Belle Lettere dall' ecc: ed illustrissimo novello Prelato D. Livio Parladore Vescovo di S. Marco e Bisignano. Il prelodato Vescovo ebbe tanto a conoscere il suo alto merito scientifico letterario che nel 1853, 1854 e 1855 lo promosse Professore di Filosofia, Fisica e Matematica nell' altro Diocesano Seminario di S. Marco Argentano facendolo anche funzionare da Vice-Rettore. Nell' ottobre del 1856 fu eletto, a pubblico concorso, parroco-ret tore della Chiesa di S. Michele Arcangelo di Luzzi, e la sua Patria festosa di sì lieto avvenimento, ebbe a tributargli il dovuto onore. Indi fu richiamato all' amantissimo Prelato ad occupare la detta Cattedra di Filosofia e Matematica, nonché di Sacra Teologia nel Seminario di Bisignano nella qualità di Rettore (1863, 1864) in cui gli fu conferita la dignità di Esaminatore Prosinodale – E nel 31 gennaio chiudeva per sempre gli occhi alla luce, riscuotendo dalla Patria degno tributo di venerazione e di ossequio– La sua morte strappò le lagrime di quanti ebbero a conoscere la vastità della sua mente e la dolce e benefica indole del suo cuore. Lasciò inedite molte produzioni scientifico-letterarie, una brillante traduzione di Filosofia dal Latino da lui dettata ai studiosi seminaristi, e corredata di moltissime annotazioni che voleva dare alle stampe per agevolare l'intelligenza dei suoi alunni, molte Orazioni Panegiriche e Funebri degne di stampa pel serrato ragionamento, eleganza di stile, e nobiltà di concetto. Unica composizione edita in luce ad insinuazione del suo germano Giuseppe, Dottore in Legge si è l' Elogio dell'Immacolata di Luzzi l'anno 1841, Napoli Stamperia Filantropica 1845. La quale mostra in saggio la grande dialettica e la squisita nobiltà del sentimento forte, con citato ed eminentemente orladosso del suo cuore.
(a) Autore di questo scritto è il sig. Alfonso Parise nipote di Antonio.
GIUSEPPE PEPE
Nato in Luzzi nel 1819 morì di Bronchite nel 1871. Apprese dal celebre Teologo, filosofo e letterato vivente Antonio Gardi, Arciprete di Luzzi, letteratura e filosofia, e dall' esimio Antonio Parise anche di Luzzi Scienze fisiche e matematiche. Si portò quindi nel seminario di Bisignano ove studiate col Ch. Umile Libro di questo paese le discipline teologiche e la Storia Ecclesiastica si ordinò nel Sacerdozio. Con predilezione però studiò le scienze fisiche e matematiche e vi riuscì maravigliosamente. Giovane sui 21 anni cominciò a dar prova della sua valentia insegnando queste medesime materie ed altre, dapprima in Luzzi poscia a Rota-Greca, in casa del sig. Fiore Domenico distinto proprietario di quel Comune, e finalmente in Cosenza, dove fu ammirato dalla gioventù studiosa non solo, ma dagli stessi Professori del Liceo Gravina, i quali di poi tanto l' amarono e ne fecero stima grandissima. Fu perciò chiesto nelle Scuole Ginnasiali e Tecniche di Scigliano; ma già la morte aveva barbaramente recisa questa nobile vita, e la gioventù e la patria perdevano in lui il più solerte dei maestri, il più modesto dei cittadini. Era di un carattere facilmente irascibile. Scettico in Filosofia, aderiva molto profondamente alle verità matematiche, e quel che più lo distingueva era una visione larga e profonda nella soluzione dei più intrigati problemi algebrici e geometrici. Tutto inclinava a spiegare colla scienza dei numeri, e quando nol poteva , dubitava di tutto. Quel suo modo celerissimo di spiegare una verità sicchè l'alunno non ne rimanesse dapprima che pochissimo o quasi nulla soddisfatto e giustificato da una forza prodigiosa d' instruzione che gli era, come dicemmo, tutta propria. Restano di lui inediti un Trattato di Cronologia, gli Elementi di Algebra e le Nozioni di Trigonometria rettilinea e sferica. L'autore si accingeva a riordinare e ritoccare per l'ultima volta i suoi scritti, quando fu visitato dalla morte. E da lamentarsi la perdita di un altro bravo, ma diligente lavoro sulle ruine di Luzzi, della cui storia, a ritroso delle sue idee mal ferme e scettiche di Filosofia, e gli era accurato raccoglitore. Facciamo intanto voti che gli scritti menzionati riveduti e corretti, ove bisogna, da persona versata nelle Matematiche e amica del Pepe vadano presto alla luce mercé la pia opera del fratello superstite.