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Mons. Francesco CERALDI

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ABSTRACT DELL’INTERVENTO AL CONVEGNO:

“Mons. Francesco CERALDI: l’uomo, il sacerdote, lo scrittore”

Chiesa Matrice S. Maria, 6 luglio 2019

 

La commemorazione di questa sera intende comporre un mosaico sull’arciprete arbëresh Francesco Ceraldi nella sua dimensione poliedrica. Le biografie, per quanto ben curate, sono quasi sempre approssimative, dunque abbiamo cercato di tracciare il vissuto dell’uomo come pastore, insegnante, cultore di letteratura e come “riferimento” nel sociale, ove cercherò di riferire cosa intendo. Fu educatore, con un non celato spirito salesiano che richiama don Bosco, di seminario e presso le scuole statali. Da questa esperienza nascono, direi tre pregevoli volumetti: “Mater Vocationis”, “Il dono più bello” e “Sacerdoti nostri”. Pagine belle e ricche di sentimento sono riservate a tutti coloro che ha accompagnato al sacerdozio o a chi, poi, ha risposto alla vocazione nel sacramento del matrimonio, o semplicemente ai suoi fedeli luzzesi. Nelle illustrate antologie del tempo erano presenti suoi componimenti in poesia che risentono di echi pascoliani, ungarettiani oltre che accenti che rievocano Quasimodo. Tante le poesie raccolte in alcuni volumetti. Ebbe svariati interessi che vanno dal teatro all’arte, dalla musica al giornalismo, dalla teologia alla politica come dimostra una ritrovata relazione sulla “Quattro giorni sociale” a Luzzi o il suo impegno ad irrobustire l’Azione cattolica luzzese e la devozione delle giovinette verso la martire romana S. Maria Goretti. Incoraggiò la devozione al Sacro Cuore di Gesù ed alla Vergine Maria, anche con la composizione di melodiose canzoncine che ancora si cantano nei pii esercizi della cittadina luzzese. A ciò si aggiungono i reiterati lavori di ampliamento e abbellimento della Chiesa Matrice. Comprese e divulgò con grande zelo e ardore, stimolato dall’amore per la storia e la spiritualità, gli accadimenti dell’ Abbazia della Sambucina anche attraverso alcuni contributi e studi inediti che si estendono a Gioacchino da Fiore. Promuoveva, secondo suoi colleghi di scuola, uno scambio di idee di indubbia provenienza socratica e poi fichtiana. Quest’ ultimo elemento rimanda ad una testimonianza del 1979 e mi ha spinto ad approfondire: credo si facesse riferimento al fatto che la caratteristica della personalità di Fichte sia costituita dalla forza con cui sentì l’esigenza dell’azione morale e, nella seconda fase, all’esigenza dell’azione morale si sostituisce quella della fede religiosa. Riservò studi a carattere prettamente storico come testimonia il libro sul terremoto del 1854. Molto altro avrebbe fatto se un male incurabile non lo avesse sottratto alla sua comunità a soli 62 anni. Oggi a distanza di diversi lustri il ricordo ne perpetua doverosamente la memoria.

D. Cesare DE ROSIS

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Ricordare l’arciprete Francesco Ceraldi

 

Innanzitutto voglio ringraziare e anche complimentarmi con Don Cesare De Rosis, giovane prete che di recente noi Luzzesi abbiamo avuto la fortuna di avere nella nostra comunità. Don Cesare, sulla scia di quanto fatto dal suo predecessore, don Pasquale Traulo, sta portando avanti una serie di iniziative che rappresentano un ottimo biglietto da visita e una speranza per la nostra Luzzi.

In occasione della cittadinanza onoraria conferita a Don Pasquale Traulo da parte dell’Amministrazione comunale a guida Manfredo Tedesco, nel mio breve intervento avevo definito Don Pasquale ‘architetto di Dio’, perché in circa 20 anni di sacerdozio era riuscito a ridare dignità a tutti gli edifici sacri del nostro paese. Senza Don Pasquale forse, ma penso senza forse, non saremmo qui stasera, e forse non avremmo neanche avuto l’idea di ricordare l’arciprete Francesco Ceraldi, che è stato dal 1945 al 1978 parroco di S. Maria, e ha lasciato un segno indelebile nella nostra popolazione, in particolare in quella del rione Pedale.

 

Dobbiamo ringraziare, pertanto, Don Pasquale perché, oltre a riconsegnarci una chiesa, quasi più bella di quella che avevamo prima, ha restituito un’anima a questo rione, a questa gente, che si è sentita nuovamente viva, e che ha avuto la possibilità di rincontrarsi e di sentirsi parte integrante di una comunità.

 

La chiesa, al di là dell’aspetto religioso, rappresenta il fulcro, il faro, il punto di riferimento più importante per un rione, infatti il Pedale possiamo dire era completamente morto, ma da quando è stata solennemente riaperta c’è stata da parte dei fedeli una rinascita, una grande vitalità, un’attività e un movimento continuo, e questo ha portato una ventata di gioia nei cuori dei parrocchiani di S. Maria, orgogliosi della loro chiesa, della loro identità, della loro millenaria storia.

E’ cosa buona e giusta “Ricordare la figura e l’opera di un pio sacerdote e di un uomo di grande cultura, che ha educato e formato numerosi giovani e che tanti meriti ha acquisito durante la sua missione pastorale a Luzzi, in tempi tristi, assai difficili,…. quando il parroco doveva contribuire ad alleviare anche i bisogni primari dei suoi parrocchiani”.

Sono parole estrapolate dalla presentazione di Michele Gioia per il volumetto “Il terremoto del 1854” curato da Francesco Ceraldi, pubblicato nel 1954 e ristampato in copia anastatica dall’Associazione culturale “Insieme per Luzzi”.

 

Don Cesare mi ha sempre invitato alle sue numerose manifestazioni, ma questa volta non potevo esimermi dal portare un mio contributo, una mia riflessione su Don Francesco Ceraldi.

 

E’ passato tanto tempo, i miei ricordi sono un po’ sbiaditi e mi riportano alla seconda metà degli anni Sessanta e agli anni Settanta del secolo scorso. Sono gli anni della scuola elementare, dell’asilo davanti ‘u Palazzu, con le monache suor Attilia, suor Emiliana e suor Noemi. Sono gli anni del catechismo, delle recite, delle processioni. Sono gli anni del seminario, del liceo ginnasio, aperto a Luzzi nel 1971.

 

Don Francesco Ceraldi è legato in maniera indissolubile a questi importanti passaggi della mia vita. E’ stato mio prof. di religione alle scuole elementari. E’ stato l’artefice della mia significativa esperienza presso il seminario di Longobardi dove ho frequentato le scuole medie. Assieme al sottoscritto in quel periodo (fine anni Sessanta) altri giovani luzzesi furono avviati alla vita seminariale da parte di Don Ceraldi. Ricordo con piacere i suoi incontri con i seminaristi e le discussioni teologiche con don Francesco Miceli, il direttore del seminario.

E poi il mio ritorno a Luzzi a frequentare il ginnasio appena nato. E don Francesco Ceraldi era il nostro punto di riferimento, la nostra ancora di salvezza, il solo prof. luzzese presente in questa nuova scuola. Ci ha aiutato, si è impegnato e ha garantito per la sopravvivenza di questo nostro glorioso liceo. Sono stati tanti gli studenti che hanno avuto bisogno di don Ceraldi per superare alcuni ostacoli rappresentati per lo più dal latino e dal greco.

 

Dell’arciprete mi piace ricordare alcuni momenti quando, da sopra il muro di Santa Maria, che dominava la piazzetta Cisterna, dove noi ragazzi giocavamo, ci chiamava a raccolta per il catechismo e per andare in chiesa, specie la domenica. A volte era capace di venire in casa a recuperarci, e a volte anche a dare anche qualche ceffone. Allora si poteva dare uno schiaffo ai bimbi per educazione oggi, come ben sappiamo, è diventato difficile, anzi sembra quasi un reato!

Ricordo ancora dell’arciprete Ceraldi, la sua grande cultura, la sua grande oratoria, in particolare in alcune occasioni relative alle prediche della Settimana Santa.

Oggi, per scrivere queste poche memorie ho rovistato tra i miei libri e ho trovato qualche pubblicazione del nostro caro arciprete. Tra le altre ho visto che ha scritto anche poesie, anche intense e belle per quanto mi riguarda. E poi segnalo anche il Bollettino Parrocchiale “Le campane di S. Maria”. Certo oggi che si viaggia con le notizie in tempo reale attraverso i media, forse riproporre un bollettino dove uno può scrivere e meditare bene ciò che dice non sarebbe male riproporlo.

 

Tra le tante cose belle, ad onor del vero, una cosa spiacevole legata a Don Francesco Ceraldi, però, la voglio dire questa sera. Purtroppo, nonostante la sua grande cultura, complice l’Amministrazione comunale (siamo agli inizi degli anni Settanta), per avere una viabilità su ruote verso il santuario della Madonna della Cava, ha sacrificato la Via Crucis con le edicolette in maiolica componibile, datata agli inizi del Novecento che da via Nova arrivava alla madonna della cava. Un errore che si sarebbe potuto evitare. Sarebbe bastato rimettere sui lati della strada le edicole e non buttarle e distruggerle.

La figura di Don Ceraldi, a questo punto viene quasi offuscata dal ricordo di come eravamo, di come si stava bene quando si stava peggio, Mi fa pensare che da bambini eravamo tutti ricchi e non ce ne rendevamo conto. La chiesa era il fulcro della nostra esistenza.

Tutti gli spazi intorno alla chiesa di Santa Maria venivano utilizzati da noi ragazzi per il gioco e per il divertimento. La chiesa, al centro, era per noi motivo di sicurezza, rappresentava il punto di rife­rimento e di incontro; anche il ballatoio della chiesa veniva sfruttato per il gioco: si praticava, proprio davanti al portale, il gioco c.d. psi-psi. La chiesa era il nostro mondo, la nostra vita, era il centro della nostra esistenza quotidiana.

Pensando al quei tempi, mi piace stasera chiudere con una riflessione: “Si stava meglio quando si stava peggio”. Era un mondo semplice, era un paese che sapeva vivere di onestà, quando la maggior parte del paese era fatta di povera gente e la povertà non era una colpa e tanto meno una vergogna, un tempo dove ci si commuoveva ascoltando le strofe ingenue di una canzonetta, o quando si mangiava la carne solo la domenica, quando i ragazzi dicevano “ti amo” arrossendo; quando un viaggio di quaranta chilometri era un’avventura che poi si raccontava agli amici; quando si lavavano i panni a ru vaddrùni, quando con la chitarra si facevano le serenate sotto la luna. Quando ci si divertiva a fare i bagni nei ruònzi, quan­do eravamo circondati dalle zìmme dei maiali. Tutto era regolato da tempi lunghi ed era possibile fare i doveri (e i piaceri) con parenti e amici; era il tempo dove si poteva sempre trovare il modo di aiutare gli altri.

Oggi non c’è più tempo neanche di guardare un vec­chio amico in difficoltà, siamo indifferenti a tutto e a tutti, perché siamo presi dai nostri vizi e dalle nostre frenesie, che aumentano sempre di più e con ciò pen­siamo di giustificare tutto e di metterci l’animo in pace. Ma non è assolutamente così! Veniamo, purtroppo, ogni giorno di più, travolti dalla violenta accelerazione del­la vita che sta omologando tutto, sta distruggendo ogni valore umano e sta appiattendo le nostre coscienze e la nostra esistenza.

Tonino La Marca

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Luzzi, ricordata la figura dell'arciprete Ceraldi

Lunedì, 15 Luglio 2019

Scritto da  Roberto Galasso

LUZZI - Ricordato, ad oltre quarant’anni dalla morte, don Francesco Ceraldi. Nel corso di un partecipato incontro svoltosi nella Chiesa Matrice, infatti, è stata delineata la figura di sacerdote, scrittore e uomo dell’arciprete Ceraldi, originario di San Martino di Finita e parroco della Parrocchia della Natività di Maria SS.ma di Luzzi dal 7 febbraio 1945 fino alla sua morte avvenuta il 7 luglio del 1978.

A presentare l’iniziativa e porgere il saluto ai presenti il parroco don Pasquale Traulo, che ha evidenziato le qualità di don Francesco Ceraldi definendolo un prete saggio e dalle grandi virtù.

Tra i presenti anche il vicesindaco ed assessore alla cultura, Maria Leone, che ha porto i saluti dell’amministrazione comunale.

I lavori sono proseguiti con la lettura di una testimonianza di don Valerio Pingitore, sacerdote salesiano luzzese nonché allievo da don Ceraldi, da parte di Elena Piluso che ha poi coordinato l’incontro.

Il vice parroco don Cesare De Rosis, sempre sensibile ai problemi ed agli interessi della comunità parrocchiale, ha voluto ricordare la figura di don Francesco Ceraldi, arciprete illuminato, parroco animato da un forte vigore spirituale, da una grande determinazione, fu un uomo di cultura, uno   scrittore attento e un gran predicatore. Don Cesare, altresì, ha tracciato la figura dell’indimenticato arciprete anche sotto il profilo bibliografico. L'avvocato Peppino Russo, appassionato e cultore di storia calabrese, nel tracciare la personalità dell’arciprete ha tra l'altro detto che discorrere con don Ceraldi significava arricchirsi di sapere. “Era un uomo dall' evidente carisma morale - ha evidenziato l’avvocato Russo - che si è distinto nel corso del suo magistero per i profondi e rigorosi valori spirituali ed il suo ruolo è divenuto essenziale per la comunità. I suoi insegnamenti, maturati in un profondo e travagliato percorso di studi - ha proseguito ancora – era accettare la volontà del signore non come mera rassegnazione al contrario metodo per realizzare quella pace interiore che contribuisce alla serenità del giudizio”.

A ricordare la figura di don Ceraldi anche Antonio La Marca, docente dell’Unical, per il quale, fu un prete attento ai problemi dei giovani e scrupoloso studioso, come dimostrano le sue tante pubblicazioni.

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