Madonna della Sanità o della Cava di Luzzi
Questo sito è stato realizzato da me con lo scopo di far conoscere la Madonna della Sanità o della Cava di Luzzi.
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LA MADONNA DELLA SANITA’ in Luzzi : Storia di un’apparizione Mariana
di Flaviano Garritano
Si festeggia la seconda domenica di settembre la Madonna della Sanità, la cui chiesetta si trova in un posto molto bello e singolare. Il sac. G. Pepe (1858) ci racconta che era “…situata in un luogo circondato da vicinissime colline […], per le quali si entra per una stretta via che separa due catene di colline”.
Secondo la tradizione sul finire del XVI sec. la Beata V. Maria in questo posto operò uno stupendo miracolo. Apparve alla pastorella Lucrezia Scalzo e la salvò dal precipizio dove era caduta e la guarì anche dalla sua malattia agli arti inferiori facendole promettere voto di castità.
Il sac. G. Pepe narra, ancora, che prima di avvenire questo miracolo dell’apparizione alla pastorella, in questo luogo si manifestò per circa sei mesi “in tempo di notte” un’aurora boreale.
“Il ricordo di tale evento viene sempre celebrato la seconda domenica di settembre. Mattino e sera – stormi anelanti di rondinelle – uomini e donne raggiungono, nei giorni precedenti la festa, la <<Cava>>, distante due chilometri, impervia e portentosa…” (don Francesco Ceraldi).
Dalle mie ricerche risulta che, già prima del XI sec., questa zona è stata anche frequentata da monaci di rito greco. Sul colle vi era una chiesa di sant’Elia,che diede il nome all’altura, e con l’arrivo dei monaci cistercensi fu donata, insieme ai possedimenti, alla Sambucina di Luzzi.
La presenza di questi monaci di rito greco sembra anche confermata dal fatto che nella montagna vi erano “…circa ventidue grotte in due gruppi distinti” (don Domenico Coppa).
Quest’area fin dall’antichità è stata scelta per testimoniare la parola di Nostro Signore.
Artisti Luzzesi
Ho voluto dedicare questo sito a tutti i luzzesi che attraverso la loro Arte hanno onorato e dimostrato l'affetto al nostro paese natio.
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“Nella vita non contano i passi che fai, né le scarpe che usi ma le impronte che lasci” (Anonimo).
Le navi fanno sempre ritorno. I porti attendono i loro marinai, come mogli, con le braccia incrociate sulla gonna, a picchiettar le dita.
A cancellare la monotonia dei giorni qualunque. Quando un marinaio ritorna, c’è sempre speranza. Si, a volte si sente gridare, e la luna morire, le navi affondare. Ma le navi fanno sempre ritorno. Quanto ci vuole ad abbandonarsi, a picchiarsi sul muso, a vomitare sui sogni,
a dimenticarsi di noi, a dichiarare affondata una nave, a lasciare il timone, quando il cielo è vuoto e le pupille bruciano, e anche le canzoni tacciono? Poco. Ci vuole poco, a non sentirsi più umani. Ancor di meno, a non sentirlo mai. Umani. Di carne e anima.
E vento. E stelle. E fumo. E sete. E fame. E buio. E colore. E tremore. E follia. Ma le navi fanno sempre ritorno. Anche quando sembrano affondate per sempre. Gli uomini, come navi, fanno sempre ritorno. E’ l’unico modo per sentirci dannatamente vivi.
Lo dimentichiamo. Ci dimentichiamo. Ci vuole un attimo a dimenticarsi di noi quando gli specchi si rompono, quando le pupille bruciano.
E sarà anche vero, che a volte le navi affondano. Che a volte gli uomini non sono abbastanza per sentirsi tali. Ma ogni nave, ogni uomo, lascia sempre, in qualche modo, una traccia di sé. Si sbaglia meta. Per caso, ci si trova con un fazzoletto bagnato. Con una veste stracciata. Un ginocchio sbucciato. Mille punti e si va a capo. Si sa, del perire siam maestri. Eppure, si trova sempre quel modo di abbandonarsi alla bellezza. Frantumarsi per ricomporsi. Le navi fanno sempre ritorno. Come le idee. Come l’arte, la musica, la poesia, la voce. Frantumarsi per abbracciare la terra, e morire nell’essere vivi. Dare prova di sé, della nostra eternità. “A ciascun uomo nella vita capita almeno un’ora in cui dare prova di sé; viene sempre, per tutti.” (Maria Corti).
Di Letizia Papaianni